Strage di Corrubbio

strage della 2° guerra mondiale avvenuta in provincia di Verona, Italia

La strage di Corrubbio fu un evento accaduto poco prima della resa di Caserta verso la fine della seconda guerra mondiale, quando le truppe tedesche della Wehrmacht fecero saltare, il 25 aprile 1945, una polveriera sita nella collina di Sausto a Corrubbio, frazione di San Pietro in Cariano, al fine di coprirsi la fuga al sopraggiungere degli eserciti alleati.[1]

Strage di Corrubbio
La frazione di Corrubbio poco dopo l'esplosione
TipoEsplosione
Data25 aprile 1945
22.30 circa
LuogoCorrubbio di San Pietro in Cariano
StatoItalia (bandiera) Italia
ObiettivoPolveriera della collina Sausto
ResponsabiliWehrmacht
MotivazioneDistruzione della polveriera per evitare che cadesse in mano alleata
Conseguenze
Morti29

Il bilancio dell'esplosione fu di 29 morti, 33 case distrutte, 91 lesionate. Anche la storica chiesa di San Martino riportò ingenti danni.[2]

Onorificenze

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«La frazione di Corrubio, dopo l'armistizio, divenne sede di un deposito di esplosivi, munizioni e materiale bellico, mettendo in continuo pericolo gli abitanti, che per la maggior parte sfollarono nei paesi vicini. Le truppe tedesche, durante la ritirata, fecero saltare il deposito e, nonostante alcuni concittadini, a rischio della propria incolumità, avessero avvisato la persone rimaste, ventotto civili persero tragicamente la vita e il patrimonio abitativo subì ingenti danni. La popolazione offrì un'ammirevole prova di generosa solidarietà, prodigandosi nel recupero delle salme e nel soccorso dei feriti, dando un nobile esempio di spirito di sacrificio e di amor patrio. 25 aprile 1945 - San Pietro in Cariano (VR)[3]»
— San Pietro in Cariano, 26 giugno 2008
  1. ^ Gianfranco Riolfi, Georg, l'eroe della tragica notte di Sausto, in L'Arena.it, 30 gennaio 2010. URL consultato il 30 giugno 2010 (archiviato dall'url originale il 4 agosto 2012).
  2. ^ aavr.net, Il Forte di Corrubbio, su aavr.net. URL consultato il 22 marzo 2015 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2015).
  3. ^ Collegamento al sito del Quirinale, su quirinale.it. URL consultato l'8 dicembre 2010.

Voci correlate

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