Tsintaosaurus spinorhinus

genere di animali della famiglia Hadrosauridae
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Tsintaosaurus (il cui nome significa "lucertola di Qingdao", per via della vecchia traslitterazione "Tsingtao")[2] è un genere estinto di dinosauro ornitopode hadrosauride vissuto nel Cretaceo superiore, circa 70 milioni di anni fa (Campaniano), in quella che oggi è l'odierna Cina. Il genere contiene una singola specie, ossia T. spinorhinus, descritta dal paleontologo cinese C. C. Young (1958). L'animale poteva raggiungere gli 8,3 metri (27 piedi) di lunghezza per un peso di 2,5 tonnellate.[3]

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Tsintaosaurus
Cranio di Tsintaosaurus ricostruito secondo gli studi di Prieto-Marquez & Wagner (2013), con le parti conosciute in grigio
Stato di conservazione
Fossile
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
SuperordineDinosauria
Ordine† Ornithischia
Sottordine† Ornithopoda
Famiglia† Hadrosauridae
Tribù† Tsintaosaurini
GenereTsintaosaurus
Young, 1958[1]
Nomenclatura binomiale
† Tsintaosaurus spinorhinus
Young, 1958

Come la maggior parte degli hadrosauri, Tsintaosaurus possedeva un caratteristico 'becco ad anatra' e una batteria di potenti denti che usava per masticare la vegetazione. L'animale si muoveva normalmente sulle quattro zampe, ma poteva sollevarsi sulle zampe posteriori per correre più velocemente sfuggendo ai predatori. Come molti altri hadrosauri, Tsintaosaurus vivevano probabilmente in branchi.

Descrizione

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Dimensioni di T. spinorhinus

Lo Tsintaosaurus venne originariamente ricostruito con una cresta simile al corno di unicorno sul cranio. La cresta, come conservata nel suo stato fossile, consiste in un processo lungo circa 40 centimetri, che sporge quasi verticalmente dalla sommità della parte posteriore del cranio. La struttura è vuota all'interno e sembra avere una parte superiore biforcata. Strutture comparabili con specie affini sono sconosciute: possiedono creste più simili a lobi. Nel 1990, David Weishampel e Jack Horner misero in dubbio la presenza della cresta, suggerendo che potesse trattarsi in realtà di un osso nasale rotto dalla punta del muso e distorto verso l'alto da uno schiacciamento del fossile. Il loro studio suggeriva inoltre che, senza la cresta distintiva, lo Tsintaosaurus era identico e pertanto sinonimo del genere Tanius. Tuttavia, nel 1993, Eric Buffetaut e.a., dopo una nuova indagine sulle stesse ossa, concluse che la cresta non era né distorta né un artefatto del restauro; inoltre, dal loro studio era stato ritrovato un secondo esemplare con una parte di cresta eretta, indicando che la cresta era effettivamente reale e che lo Tsintaosaurus è probabilmente un genere distinto.[4]

 
Scheletro di Tsintaosaurus, mostrante una cresta obsoleta, al Paleozoological Museum della Cina

Una nuova ricostruzione venne proposta da Albert Prieto-Márquez e Jonathan Wagner (2013). Questa nuova ricostruzione si basava sull'identificazione dell'esemplare IVPP V829, una premascella, come un elemento di Tsintaosaurus, giungendo alla conclusione che la cresta ad unicorno altro non era che la parte posteriore di una struttura ben più grande, una cresta cranica che partiva dalla punta del muso. La parte anteriore della cresta sarebbe stata formata dai processi ascendenti della premascella. Questi avevano sfaccettature espanse romboidali di contatto con le parti superiori espanse dei processi di cresta delle ossa nasali, formando la parte posteriore della cresta. La base posteriore della cresta era coperta da escrescenze prefrontali. Le ossa nasali fuse avrebbero formato una struttura tubolare cava. L'altezza della cresta avrebbe superato quella della parte posteriore del cranio, misurata lungo le ossa quadrate. Sebbene in gran parte verticale, la cresta era probabilmente orientata leggermente verso il retro del cranio; l'inclinazione in avanti della cresta dell'olotipo sarebbe stato il risultato di una distorsione del fossile.[5]

 
Cranio olotipo di Tsintaosaurus, con la cresta rotta

La nuova ricostruzione di Prieto-Márquez e Wagner ha portato anche a una nuova ipotesi sui passaggi interni dell'aria nella cresta. Yang aveva ipotizzato che la cresta tubulare nella parte conservata dell'olotipo avrebbe funzionato come principale presa d'aria. Questo idea è stata respinta da Prieto-Márquez e Wagner che hanno sottolineato che il tubo era chiuso alla sua estremità inferiore e che nei lambeosaurini in generale i passaggi d'aria si trovano in una posizione più avanzata, le narici ossee sono completamente racchiuse dalla premascella. Prieto-Márquez e Wagner presumevano che lo Tsintaosaurus avrebbe avuto una disposizione standard da lambeosaurino nel muso, l'aria, quando inspirata, entrava nel cranio attraverso le pseudonarie appaiate, le "narici finte" delle premascelle dietro il becco superiore. Da lì l'aria sarebbe stata trasportata attraverso passaggi accoppiati sotto i processi mediani delle premascelle fino alla sommità della cresta, inserendo successivamente una camera mediana comune all'interno del lobo. La parte posteriore della camera era formata dalle ossa nasali e probabilmente omologa alla cavità nasale. La camera era divisa in due cavità più piccole, una nella parte anteriore, l'altra nella parte posteriore, da processi mediani curvi delle premascelle, che formavano ganci attorno ad un passaggio tra le cavità. Dalla cavità posteriore l'aria veniva trasportata verso il basso, verso la cavità cranica interna. Sebbene di solito si presuma che un singolo passaggio servisse a questo scopo, Prieto-Márquez e Wagner videro indicazioni nella forma del nasale che c'erano dei passaggi verso il basso accoppiati, all'interno dei processi laterali delle premascelle. Da questo hanno concluso che l'intero flusso d'aria era probabilmente separato, la camera media comune probabilmente si divideva in una sezione sinistra e destra da un setto cartilagineo.[5]

La conclusione che la struttura tubolare delle ossa nasali posteriori non fossero un passaggio d'aria, costrinsero Prieto-Márquez e Wagner a trovare una spiegazione alternativa della sua funzione. Suggerirono, quindi, che sarebbero servite a ridurre il peso della cresta, un tubo simile che combina forza relativa con una bassa massa ossea. Lo Tsintaosaurus si sarebbe differenziato in questo dagli altri lambeosaurini derivati, che hanno un'estensione anteriore dell'osso frontale, sotto forma di un foglio osseo, che sostiene la cresta.[5]

Altri tratti distintivi

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Oltre alla nuova forma della cresta, Prieto-Márquez e Wagner hanno identificato diversi altri tratti distintivi (autapomorfie) di Tsintaosaurus. Il bordo del becco superiore è arrotondato e spesso, più largo della larghezza trasversale della depressioni anteriori attorno alle narici. Per quanto questa depressione sia situata sulle premascelle, è su ciascun lato diviso longitudinalmente da due creste che continuano obliquamente in basso e lateralmente. Internamente, le ossa nasali fuse formano un blocco osseo davanti alla scatola cranica. La parte posteriore dell'osso nasale è tagliata dalle estensioni frontali dell'osso frontale, la più alta delle quali è elevata rispetto al tetto del cranio. I rami ascendenti delle premascelle hanno processi interni che puntano posteriormente, sotto e leggermente all'interno, dividendo una camera condivisa sulla linea mediana. Il prefrontale possiede una flangia, che continua dalla parte inferiore dell'osso lacrimale verso la parte inferiore del processo ascendente del prefrontale e si connette ad un processo sul lato della premascella per formare un'elevazione sul lato della base della cresta. Il lato e la parte inferiore del prefrontale mostrano profonde scanalature verticali. La finestra sovratemporale è, trasversalmente, più larga di quanto sia lunga.[5]

Classificazione

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Osso prefontale sinistro

Lo Tsintaosaurus forma un clade all'interno di Lambeosaurinae, con i generi europei Pararhabdodon e Koutalisaurus (probabile sinonimo di Pararhabdodon).[6]

Il seguente cladogramma mostra la posizione tassonomica di Tsintaosaurus nell'albero evolutivo secondo lo studio di Prieto-Márquez e.a. (2013):[7]


 Lambeosaurinae 
Aralosaurini

Aralosaurus

Canardia

Jaxartosaurus

Tsintaosaurini

Tsintaosaurus

Pararhabdodon

Parasaurolophini

Charonosaurus

Parasaurolophus

Parasaurolophus cyrtocristatus

Parasaurolophus tubicen

Parasaurolophus walkeri

Lambeosaurini
Lambeosaurus

Lambeosaurus lambei

Lambeosaurus magnicristatus

Corythosaurus

Corythosaurus casuarius

Corythosaurus intermedius

"Hypacrosaurus" stebingeri

Hypacrosaurus

Olorotitan

Arenysaurus

Blasisaurus

Magnapaulia

Velafrons

Amurosaurus

Sahaliyania

Storia della scoperta

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Premascella sinistra

Nel 1950, a Hsikou, vicino a Chingkangkou, a Laiyang, nello Shandong, nella parte orientale della Cina, furono scoperti vari resti di alcuni grandi hadrosauridi. Nel 1958, questi resti furono descritti dal paleontologo cinese Yang Zhongjian ("C.C. Young") come la specie tipo Tsintaosaurus spinorhinus. Il nome generico, Tsintaosaurus, deriva dalla città di Qingdao, in precedenza spesso traslitterata come "Tsintao". Il nome specifico, spinorhinus, significa "dal naso spinato", dal latino spina, e dal greco ῥίς, rhis, ossia "naso", in riferimento a quella che un tempo si credeva essere la sua cresta originale sul muso.[1]

L'olotipo, IVPP AS V725, venne scoperto in uno strato della Formazione Jingangkou, risalente al Cretaceo superiore, circa 70 milioni di anni fa (Campaniano). L'olotipo consiste in uno scheletro parziale con un teschio. Il paratipo è l'esemplare IVPP V818, un tetto cranico. Nella stessa area sono stati ritrovati alcuni scheletri parziali aggiuntivi e un gran numero di elementi scheletrici disarticolati. Alcuni di questi vennero riferiti a Tsintaosaurus da Yang, altri furono nominati Tanius chingkankouensis sempre dallo stesso Yang, insieme ad un'altra specie: Tanius laiyangensis descritta però da Zhen (1976). Queste ultime due specie sono oggi considerate sinonimi junior o nomina dubia. Successive ricerche attribuirono una buona parte degli elementi di queste due specie a Tsintaosaurus.[1]

Paleoecologia

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Uno studio sulle uova di dinosauro ritrovate negli strati successivi della serie Wangshi della provincia di Shandong, di cui la Formazione Jingangkou è lo strato più recente, mostra che la regione possedeva una delle più alte biodiversità di dinosauri e che il clima era diventato ben più secco della precedente Formazione Jiangjunding.[8]

  1. ^ a b c C.-C. Young, The dinosaurian remains of Laiyang, Shantung, in Palaeontologia Sinica, New Series C, vol. 42, n. 16, Whole Number, 1958, pp. 1-138.
  2. ^ B. Creisler, Dinosauria Translation and Pronunciation Guide T, in DOL Dinosaur Omnipedia, 2002. URL consultato il 24 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 31 dicembre 2005).
  3. ^ Gregory S. Paul, The Prince Field Guide to Dinosaurs, United States, Princeton University Press, 2010, p. 308, ISBN 978-0-691-13720-9.
  4. ^ E. Buffetaut e H. Tong, Tsintaosaurus spinorhinus Young and Tanius sinensis Wiman: a preliminary comparative study of two hadrosaurs (Dinosauria) from the Upper Cretaceous of China, 2, vol. 317, C.R. Academy of Science Paris, 1993, pp. 1255-1261.
  5. ^ a b c d A. Prieto-Márquez e J. R. Wagner, The ‘Unicorn’ Dinosaur That Wasn’t: A New Reconstruction of the Crest of Tsintaosaurus and the Early Evolution of the Lambeosaurine Crest and Rostrum, in PLOS ONE, vol. 8, n. 11, 2013, p. e82268, DOI:10.1371/journal.pone.0082268.
  6. ^ A. Prieto-Márquez e J. R. Wagner, Pararhabdodon isonensis and Tsintaosaurus spinorhinus: a new clade of lambeosaurine hadrosaurids from Eurasia, in Cretaceous Research, online preprint, 2009, pp. 1238-1246, DOI:10.1016/j.cretres.2009.06.005.
  7. ^ A. Prieto-Marquez, F. M. D. Vecchia, R. Gaete e A. Galobart, Diversity, relationships, and biogeography of the Lambeosaurine dinosaurs from the European archipelago, with description of the new aralosaurin Canardia garonnensis, in PLOS ONE, vol. 8, n. 7, 2013, p. e69835, DOI:10.1371/journal.pone.0069835, PMC 3724916, PMID 23922815.
  8. ^ ZiKui Zhao, ShuKang Zhang, Qiang Wang e XiaoLin Wang, Dinosaur diversity during the transition between the middle and late parts of the Late Cretaceous in eastern Shandong Province, China: Evidence from dinosaur eggshells, in Chinese Science Bulletin, vol. 58, n. 36, 2013, pp. 4663-4669, DOI:10.1007/s11434-013-6059-9.

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