Utente:And.martire/Giacomo Pisano

Giacomo Pisano, detto Francatrippa (Pedace, ... – Tiriolo, settembre 1808[1]), è stato un brigante italiano.

Biografia

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I primi documenti relativi a Giacomo Pisano sono relativi a combattimenti contro i francesi, noto per il suo forte astio verso gli invasori. Si afferma che i suoi eccessi mostrano come sia nata "la leggenda della ferocia pedacise"[2] Pedace, paese di origine di Francatrippa, fu teatro di durissimi scontri fra realisti e francesi. In particolare, il paese fu vittima di attacchi distruttivi da parte dei francesi, come ritorsioni contro i briganti del posto. Il famoso "Sacco di Pedace" rappresenta il culmine della lotta fra le due fazioni nel quale l'odio verso i francesi si sovrappose a dinamiche locali di avversione nei confronti della famiglia dei Leonetti che commetteva usurpazioni e abusi di ogni tipo sul resto della popolazione.

  Lo stesso argomento in dettaglio: Pedace.

Il paese desolato e impoverito a causa delle tribolazioni di quegli anni manteneva la sua forte avversione nei confronti dei francesi. Dopo un primo insuccesso a Rovito, Pisano fu sempre più convinto a lottare contro i francesi. Si accampò con 200 uomini nel bosco della noce, nei pressi di Acri, per poi assediarla e conquistarla, liberando gli incarcerati. Si nominò presidente del tribunale del popolo e commettendo ogni nefandezza, il 21 agosto 1806 assalì Bisignano.[3] Il 3 Ottobre 1806 attaccò San Pietro in Guarano alla testa di 600 uomini insieme a Lorenzo Martire, e ai realisti di Rovito guidati di Serafino Clemente. Piombarono sui francesi guidati da Deguisanges mettendoli in fuga e facendo 23 prigionieri. Questi vennero poi arsi vivi nella piazza del paese. Tentarono un successivo attacco ad Aprigliano ma furono respinti. Francatrippa si trasferì nel crotonese attaccando Crotone, Scandale, San Mauro e il 16 gennaio anche San Giovanni in Fiore. Nonostante fosse alla guida di 2000 uomini, i 400 soldati del presidio riuscirono a respingerlo. Si rifugiò sulle alture di Rogliano.[4]

La trappola di Parenti

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Il brigante conosceva perfettamente i dintorni di Rogliano e riusciva a sottrarsi a tutti i tentativi fatti per arrestarlo. Si appiattava sulle alture e fermava tutti i corrieri, impossessandosi dei dispacci per inviarli in Sicilia. Nel settembre del 1807 con un'imboscata distrusse un'intera compagnia di volteggiatori. Il capobanda a nome Francatrippa, infestava i dintorni di Rogliano, sebbene questo paese di circa duemila abitanti, fosse occupato dai Francesi. Appiattato con i suoi sulle alture che sovrastavano le strade fermava tutti i corrieri, toglieva loro i dispacci e li inviava in Sicilia. Verso il settembre 1807, una compagnia di Volteggiatori francesi attraversava la sila per andare da Catanzaro a Cosenza. I francesi erano inconsapevoli di esser tenuti d'occhio dalla banda di Francatrippa. Sfortunatamente i soldati smarrirono la strada in prossimità di Parenti. Il brigante raggiunse il villaggio prima di loro e gli tenne un'insidia. Si presentò loro come comandante della guardia nazionale, dicendo che veniva da parte del comune per offrire ristoro ed ospitalità. Gli ufficiali caddero nel tranello e si fecero convincere a riporre le armi dinnanzi le case. Un colpo di fucile fu il segnale per scatenare l'inferno. Solo 7 militari francesi scamparono al massacro, mentre il resto della compagnia fu trucidato. Quando la notizia si diffuse fuori Cosenza, venne dato l'ordine di radere al suolo il villaggio e di passare gli abitanti a fil di spada. Il paese fu trovato deserto perchè gli abitanti e i briganti si erano dileguati in tempo. Venne distrutto ugualmente. Poche settimane dopo, alcuni esploratori dei briganti, tradirono la presenza in prossimità delle rovine. Nel mese di dicembre, vennero inviati 120 uomini per cercare di sorprenderlo. Parenti era però irrangiungibile dalla valle perchè il torrente che l'attraversa è inguadabile nei mesi invernali. Per non passare nei pressi del villaggio decisero di fare un giro dalla foresta, chiudendo una delle possibili vie di fuga. Un altro battaglione invece venne posizionato nei pressi di Parenti. L'assalto venne effettuato all'alba. Si udirono delle fucilate che fecero accorrere i soldati nella convinzione di avere i briganti in pugno. Francatrippa e i suoi però si erano allontanati per tempo. Gli spari erano stati effettuati da alcuni contadini. Uno di questi fu catturato perchè venne ferito ad una gamba. Si giustificò dicendo che avevano sparato credendo che i soldati fossero briganti non convincendo i soldati. Nella paura che lo fucilassero si offrì, se fosse stato graziato, di svelare un magazzino di viveri nelle vicinanze. I soldati accettarono e scoprirono una caverna, adibita a magazzino, piena di vivande e vini eccellenti.[5] Successivamente si imbarcò per la Sicilia. La sua ferocia venne notata anche lì. Si passò dai proclami di condanna del generale Stuart e dell'ammiraglio Martin alle taglie. A Messina, il 13 giugno, il Mackenzie prometteva un premio di 200 "pezze"[6] per la cattura di Francatrippa e di Francesco Moscato alias il Bizzarro.[7]

Nel settembre del 1808 durante un assalto a Tiriolo, nella provincia di Catanzaro, mentre dava alle fiamme la casa di un prete, venne colpito in pieno volto da quest'ultimo con una fucilata.[8] In fin di vita chiese ai suoi di vendicarlo e pregò di esser incenerito. Questi, presero atto della sua richiesta, e lo gettarono ancora semivivo tra le fiamme che lui stesso aveva attizzato.[9][10]

  1. ^ Centrosocialesaliano.it [1]
  2. ^ Declinazione dialettale per dire: Pedacese
  3. ^ Bisignano, in Brutium, a. XLX (1940), n. 3, p. 32
  4. ^ I luoghi, la storia, le opere, i giorni di un paese presilano: pedace, pag. 88-89
  5. ^ Centrosocialesaliano.it [2]
  6. ^ Pezzi di terreno
  7. ^ Archivio Storico della Calabria - Nuova Serie - Anno I (2012) Numero 3 - Giovanni Pittitto. Pellegrini Editore, Cosenza
  8. ^ La capitanessa dei piani della corona, Brigantaggio e patriottismo della calabria napoleonica. Attilio Foti. Luigi Pellegrini Editore pag. 207
  9. ^ I luoghi, la storia, le opere, i giorni di un paese presilano: pedace, pag. 88-89
  10. ^ L. M. GRECO, op. cit., II, p. 287

Voci Correlate

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