Descrizione

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Incisione del 1843

L'Amadeo adottò una soluzione architettonica che trova un accordo formale con la basilica, a cui si affianca, nel tamburo ottagonale e nella cuspide della lanterna. La scelta della copertura e la policromia dei marmi riprendono il protiro di Giovanni da Campione, esaltano le caratteristiche da mausoleo ma rendono allo stesso tempo l'edificio adatto alle celebrazioni liturgiche. È il capolavoro di Giovanni Antonio Amadeo, radicata nel Medioevo ma proiettata nel Rinascimento lombardo, completato da addizioni successive che rinviano al manierismo barocco[1]. Il movimento dei volumi e la loro tensione verso l'alto alleggeriscono la costruzione mentre l'insieme delle sculture, che ne fanno parlare la facciata con i loro significati simbolici, la rendono un'allegoria del cursus honorum del condottiero che l'aveva voluta[1].

Facciata

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La facciata, composta da tarsie e decorazioni in marmi policromi a losanghe bianche, rosse e nere, ha un rosone sopra il portale, sulla cui sommità è posta una statua, forse originariamente in metallo, ma priva degli attributi e rappresenta il condottiero come figura ideale di capitano, ma anche imperatore romano e vicino al patrono di Bergamo sant'Alessandro di Bergamo. Ai lati del quale sono due medaglioni che raffigurano Cesare e Traiano. La sua geometria si sviluppa in senso verticale, seguendo tre fasce parallele, racchiusa da due lesene istoriate culminanti in due pinnacoli uniti da una elegante loggia alleggerita da dieci bifore.

La copertura è formata da un tamburo ottagonale, che poggia sulla loggetta, e dalla cupola a spicchi che termina con la lanterna che ospita la statua della Madonna col Bambino. Nel tamburo c'è un piccolo rosone, in asse con quello maggiore sottostante, che contiene il serpente di bronzo di Mosè quasi a sottolineare una linea di continuità tra il personaggio biblico e il Colleoni.

La parte alta del basamento della facciata contiene nove formelle con bassorilievi, cinque raffiguranti dieci storie bibliche accoppiate: la Creazione di Adamo e la Creazione di Eva; la Tentazione e la Cacciata dall'Eden; il Lavoro di Adamo ed Eva e il Sacrificio di Isacco; le Offerte a Dio di Caino e Abele e l'Uccisione di Abele; il Cacciatore Lamech e la Morte di Caino; e quattro bassorilievi con la vita di Ercole: Ercole ed Anteo, Ercole e l'Idra di Lerna, Ercole e il Toro di Creta, Ercole contro il Leone Nemeo.

Sopra le lesene delle finestre ai lati del portale, lavorate con motivi floreali e medaglioni con piccoli busti, vi sono le quattro statue delle Virtù.

La cancellata in ferro battuto e bronzo, su cui si trova lo stemma del Colleoni, è invece del 1912, ed è stata realizzata da Virginio Muzio su disegno di Gaetano Moretti.

Interno

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L'interno è costituito da un ambiente a pianta quadrata e da un altro, in posizione laterale, più piccolo con il presbiterio.

Il monumento funebre del Colleoni

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Fu edificato ad Amadeo secondo la tradizionale struttura ad arcosolio, posto sulla parete di fronte all'ingresso. I pilastri, che hanno alla base delle teste di leoni, sostengono un primo sarcofago con bassorilievi con scene della crocefissione di Cristo; sopra vi è un secondo sarcofago, di cui è ignota la destinazione[2], sostenuto da tre statue, anch'esso con bassorilievi che raffigurano le scene dellAnnunciazione, della natività di Cristo e delladorazione dei Re Magi[3].

La statua equestre del condottiero in legno dorato, realizzata da Sisto e Siry da Norimberga nel 1501 al prezzo di 1.600 ducati d'oro, sostituì quella in pietra che creava problemi di instabilità a causa del suo peso con delibera del 17 gennaio 1493, ed è posta a conclusione della struttura piramidale del monumento.[4] Si tratta di un'opera particolarmente elegante e allo stesso tempo imponente che esalta il condottiero nel massimo del suo potere. La tranquilla e composta espressione del viso è lontana anni luce dallo spavaldo furore che emana dal monumento del Verrocchio a Venezia, diversi i momenti e diverse le tensioni: a Venezia il Colleoni combatte e costruisce la propria fortuna, nella Cappella espone consapevole il potere raggiunto[1]. La postura eretta del corpo, la testa con la berretta capitanesca che fissa davanti, il bastone del comando alzato bloccano il tempo, contraddetti solo dal cavallo che si gira verso gli osservatori, anch'esso partecipe di una scena che il blu dello sfondo magnifica[1]. Il sarcofago superiore e la statua equestre affiancata dalle statue di Dalila e Giuditta, che vi poggiano, sono racchiusi da un arco sorretto da due coppie di leggere colonne portate da basi di marmo rosso scolpito, il tutto su uno sfondo turchino [1].

Il sarcofago inferiore, il maggiore, contiene le spoglie del Colleoni che vi sono state ritrovate solo il 21 novembre 1969 dopo secoli di mistero. L'ornatura contrasta, per la drammaticità delle scene, con quella del sarcofago superiore. Vi sono rappresentate, infatti, la Salita al Calvario, la Crocefissione e la Deposizione.

I due sarcofaghi sono raccordati da tre guerrieri seduti che osservano il Colleoni con ai lati le statue di Sansone e David, in quella mescolanza di sacro e pagano che caratterizza tutta la cappella.

Completano la scenografia, quasi teatrale, delle leggere colonne su basi di marmo rosso che con il sovrastante arco racchiudono la statua equestre su uno sfondo blu creando un insieme policromo al tempo stesso di particolare finezza e grande spettacolarità[5].

Sul bordo inferiore del sarcofago quasi una processione o una giostra giocosa di puttini nudi evidenziano le armi del Colleoni, sempre opera dell'Amadeo fu realizzata in precedenza ai rilievi del sargofago. Questo rilievo presenta assonanze con le sculture del piccolo chiostro della certosa di Pavia. I putti reggono due stemmi raffiguranti lo stemma virile del Colleoni e quello con i gigli dei d'Angiò.

Lo stemma del Colleoni che campeggia sul basamento del sarcofago maggiore raffigura con turgido naturalismo i testicoli colleoneschi che derivavano dal suo nome e ne costituivano il grido di guerra Coglia, coglia, coglia[6].

Il monumento funebre di Medea

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Il sepolcro della figlia prediletta del Colleoni, morta il 6 marzo 1470, anch'esso opera dell'Amadeo, si trova sulla parete di sinistra. Sul sarcofago giace una gentile statua di Medea, supina con un'espressione serena quasi dormiente, protetta da una delicata Maternità inserita fra santa Chiara e santa Caterina in un complesso visivo di grande dolcezza. Sul fronte ritornano, quasi a contrasto con la leggiadria della scena, le armi del Colleoni: i testicoli colleoneschi e i gigli di Andegavia[7] che con le fasce borgognone racchiudono una Pietà, a memoria costante della forza e del potere raggiunti. Il sarcofago ha avuto la collocazione attuale solo nel 1842, quando è stato trasferito dal santuario Madonna della Basella di Urgnano dove si trovava fino a quella data.

Altre opere d'arte

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Arricchiscono il presbiterio due banchi in legno scolpiti e intarsiati. Gli intarsi opera di Giovan Battista Caniana, 1750-1790, raffigurano scene bibliche, mentre le sculture sono di Giovanni Antonio Sanz 1750-1803[5]. Sopra il banco di sinistra si trova una tela di Angelica Kauffman, 1741-1807[5].

Il presbiterio, a cui è annessa una piccola sagrestia, ha un altare dall'inconfondibile stile barocco, opera di Bartolomeo Manni, del 1676, con le statue dei Santi Giovanni Battista, Bartolomeo apostolo e Marco evangelista, opere di Pietro, Tullio e Antonio Lombardo, è racchiuso da due eleganti colonne tortili[5].

La mensa, disegnata da Leopoldo Pollack, è sorretta da due angeli di Grazioso Rusca, XIX secolo[8]. I banchi intagliati sono opera di Giovanni Antonio Sanz e le tarsie bibliche sono sempre del Caniana, (1773); alla parete è la tela La Sacra Famiglia con San Giovanni Battista, di Angelika Maria Kauffmann, 1789[9].

Gli affreschi dei pennacchi, delle lunette e della cupola riproducenti Episodi della vita di San Giovanni Battista, di San Marco e di San Bartolomeo sono di Giambattista Tiepolo, che li realizzò tra il 1732 e il 1733 su incarico dei Reggenti del Luogo Pio della Pietà Bartolomeo Colleoni e con l'aiuto di Francesco Capella[10].

Le lunette sono state restaurate nel 1996.

Opere d'arte

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La Cappella Colleoni, capolavoro di Giovanni Antonio Amadeo, è il gioiello artistico lasciato dal condottiero, pro patrie munificenzia et imperii maiestate, a Bergamo, la città di cui si sentiva patronus[11].

«La cappella si colloca sotto molti aspetti al limite tra Medioevo e Rinascimento, non solo per quel che riguarda la sua decorazione e la sua struttura, ma anche, per quel che concerne la sua posizione nel contesto urbano

Bartolomeo Colleoni
Sarcofago superiore





Sarcofago inferiore partic.


Eroe

La statua di Sansone, o forse Ercole, fa parte di quel gruppo di eroi che raccorda il sarcofago inferiore a quello superiore contribuendo a creare l'architettura piramidale caratteristica dell'intero monumento. Dalla parte opposta una statua di Davide chiude la scena.

Particolare

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Sepolcro di Medea

Il sepolcro di Medea, anch'esso opera di Giovanni Antonio Amadeo, esprime una delicatezza e una leggiadria che contrastano con l'allegoria colleonesca dell'insieme architettonico, quasi un elemento spurio. In effetti era stata collocata nel santuario Madonna della Basella di Urgnano e trasferita nella cappella solo nel 1842[5].




Particolari


I bassorilievi sulla facciata del sarcofago di Medea si distinguono per il contrasto tra gli stemmi, simboli di potere, e Cristo risorto tra due angeli, simbolo religioso.

Sono rappresentati le armi del Colleoni con in mezzo Cristo risorto tra due angeli. Il primo stemma raffigura i tipici testicoli colleoneschi con i gigli angioini, il secondo lo stemma personale del Colleoni, con bande e teste di leone.

Cupola, Tiepolo

Tiepolo affrescò la base della cupola con scene del martirio di Giovanni Battista e le vele con allegorie della Giustizia, della Carità, della Fede e della Sapienza[5].

L'artista affrescò anche le lunette dell'altare.


Altare




Banchi


Il simbolismo

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La cappella è formalmente un luogo cristiano ma sostanzialmente un mausoleo, apoteosi della forza e del trionfo di un imperator, il Colleoni, discendente da Ercole come amava definirsi[1].

Il complesso è

«[...] un insieme monumentale pieno di allusioni nascoste e palesi, di analogie strutturali e semantiche, nel quale il committente stesso si eresse un monumento che trascende la sua personalità in una sfera ideale.»

La facciata, con i suoi ornamenti e con il gioco dei volumi ascendenti, quasi piega il sacro al pagano nell'esaltazione di un condottiero che equipara a Cesare e a Traiano[1].

 
Il rosone, particolare

Al centro della facciata campeggia uno splendido rosone, fonte primaria di luce per l'interno della cappella, luce che, tuttavia, si proietta non sull'altare ma sul monumento equestre del Colleoni che domina prepotente sui simboli religiosi presenti quasi timidamente. Il presbiterio e l'altare risultano così in una posizione che può apparire secondaria, mentre lo scenario è monopolizzato dal condottiero che con il suo monumento dorato si impone al visitatore[1].

Il rosone contiene una ruota, comunemente simbolo di rinascita ma qui allegoria del sole, quel sole che diede la vittoria a Giosuè di cui Bartolomeo si sentiva erede[13]. Un simbolo che

«[..] serviva alla rappresentazione di coloro che si volevano inserire nella tradizione imperiale: la figura di Giosuè è essenziale nella concezione della Cappella Colleoni»

Le trabeazioni delle finestre laterali si inseriscono nel rosone quasi a fermare il movimento della ruota, in questo caso della Fortuna, a sottolineare il momento in cui il condottiero raggiunse l'acme della virtus e della potenza[14].

Avvalorano questa lettura la presenza sul rosone di una statua di un soldato romano in postura di compiaciuta attesa e i busti di Cesare e Traiano che si protendono in uno sforzo evidenziato dalla tensione dei muscoli del collo[15]. Tuttavia si deve rilevare che la statua è stata lì collocata per rimediare a un errore nella connessione delle formelle di marmo policromo.

L'opera, tutta, dà

«[...] il senso globale della personalità di Bartolomeo Colleoni, quale egli sicuramente non era ma quale egli voleva apparire alla civitas di cui si sentiva patronus

Il cristiano si confonde col pagano, chiesa che testimonia il cammino verso Dio o tempio che divinizza l'imperator come richiamano le iscrizioni sotto i due busti romani, Divus Iulius Caesar e Divus Traianus Augustus[17].

Le finestre che affiancano l'ingresso contengono delle colonne che richiamano dei fusti di cannone, proprio quei fusti che il Colleoni liberò dall'affusto fisso rendendoli facilmente spostabili, creando così l'artiglieria mobile[18].

Tutto nella cappella esalta il miles (soldato) in uno strano miscuglio di religiosità e laicismo di cui è difficile individuare i confini e le prevalenze[18].

  1. ^ a b c d e f g h Arnaldo Gualandris, Cappella-mausoleo nella simbologia, i riferimenti della storia, in Bartolomeo Colleoni. I luoghi del condottiero.
  2. ^ Ragionieri e Martinelli 1990, p. 74.
  3. ^ Sulla destinazione del secondo sarcofago non si ha alcuna certezza storica anche se alcuni studiosi hanno ipotizzato dovesse custodire le spoglie della moglie Tisbe Martinengo.
  4. ^ Luigi Chiodi, Note brevi di cose Bergamasche ignote o quasi, Comune di Verdello, 1988, p. 31.
  5. ^ a b c d e f Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore guida
  6. ^ Cornazzano 1990.
  7. ^ Ragionieri e Martinelli 1990, p. 76.
  8. ^ Errore nelle note: Errore nell'uso del marcatore <ref>: non è stato indicato alcun testo per il marcatore Vanni Zanella329
  9. ^ Vanni Zanella, in Bartolomeo Colleoni. I luoghi del condottiero, p. 327.
  10. ^ Vanni Zanella, in Bartolomeo Colleoni. I luoghi del condottiero, p. 326.
  11. ^ a b Arnaldo Gualandris, Cappella-mausoleo nella simbologia, i riferimenti della storia, in Bartolomeo Colleoni. I luoghi del condottiero, p. 289.
  12. ^ Arnaldo Gualandris, Cappella-mausoleo nella simbologia, i riferimenti della storia, in Bartolomeo Colleoni. I luoghi del condottiero, p. 291.
  13. ^ Arnaldo Gualandris, Cappella-mausoleo nella simbologia, i riferimenti della storia, in Bartolomeo Colleoni. I luoghi del condottiero, p. 296.
  14. ^ Arnaldo Gualandris, Cappella-mausoleo nella simbologia, i riferimenti della storia, in Bartolomeo Colleoni. I luoghi del condottiero, p. 298.
  15. ^ Arnaldo Gualandris, Cappella-mausoleo nella simbologia, i riferimenti della storia, in Bartolomeo Colleoni. I luoghi del condottiero, p. 301.
  16. ^ Arnaldo Gualandris, Cappella-mausoleo nella simbologia, i riferimenti della storia, in Bartolomeo Colleoni. I luoghi del condottiero, p. 309.
  17. ^ Arnaldo Gualandris, Cappella-mausoleo nella simbologia, i riferimenti della storia, in Bartolomeo Colleoni. I luoghi del condottiero, p. 302.
  18. ^ a b Arnaldo Gualandris, Cappella-mausoleo nella simbologia, i riferimenti della storia, in Bartolomeo Colleoni. I luoghi del condottiero, p. 307.