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Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 19 ottobre 1882[1] – Verona, 17 agosto 1916) è stato un pittore e scultore italiano, esponente di spicco del futurismo.
Biografia
modificaNato a Reggio Calabria, suoi genitori furono Raffaele Boccioni e Cecilia Forlani, originari di Morciano di Romagna.[2] Il padre, usciere di prefettura, fu costretto a spostarsi frequentemente per esigenze di servizio, mentre la madre lavorava come sarta e ricamatrice. Ad appena venti giorni dalla nascita di Umberto la coppia si spostò con i figli a Forlì[3]: si trattò del primo di una serie di viaggi in Italia ed in Europa che condizionarono profondamente la vita e l’attività artistica di Boccioni.
A Forlì trascorse i primi tre anni di vita, spostandosi successivamente a Novi Ligure e poi a Padova, dove visse dal dicembre 1889. Qui frequentò le scuole pubbliche per poi trasferirsi, dieci anni dopo, a Catania[3].
Gli anni catanesi (1899-1901)
modificaArrivato a Catania nel 1899, vi restò per due anni, lontano dalla madre e dalla sorella maggiore Amelia, ancora a Padova. Frequentò la Regia Scuola Tecnica “Agatino Sammartino” e, dopo essere stato rimandato in tre materie (calligrafia, computisteria e disegno), ottenne il diploma[4].
Nel contesto siciliano, animato in quegli anni da profonde tensioni sociali, si avvicinò agli ideali socialisti. Collaborò con alcune testate locali sognando la carriera di giornalista e illustratore e scrisse il romanzo (rimasto incompiuto) Pene dell’anima, datato 6 luglio 1900[5].
Gli anni romani (1901-1906)
modificaNel 1901, provato emotivamente dalla separazione dei genitori, seguì il padre a Roma: all'età di venti anni si avvicinò al mondo dell’arte, frequentando lo studio dell’illustratore Mario Mataloni e lavorando come cartellonista[5]. In questo periodo conobbe, grazie all'amico Roberto Basilici, Gino Severini: insieme si dedicarono alla pittura dal vero della campagna romana e frequentarono, a Porta Pinciana, lo studio del pittore divisionista Giacomo Balla[6]. All'inizio del 1903 Boccioni e Severini si iscrissero alla Scuola libera del Nudo: qui incontrarono Mario Sironi, anch'egli allievo di Balla, col quale strinsero un'amicizia duratura[7]. Allo stesso anno risalgono la prima opera di Boccioni datata a noi nota (Campagna romana o Meriggio)[8], e la partecipazione con uno Studio alla LXXIII Esposizione della società degli Amatori e Cultori di Belle Arti[7].
Nel febbraio 1905 espose con Severini alla mostra dei “rifiutati” al teatro Drammatico Nazionale di Roma ottenendo l’attenzione della critica: in particolare il giornalista Primo Levi notò positivamente i suoi disegni[9].
A Roma Boccioni ebbe modo di ampliare le sue conoscenze ed iniziò a frequentare lo scultore Duilio Cambellotti oltre a numerosi altri artisti, letterati, musicisti e politici[9].
Nell'inverno del 1905 fu colpito nuovamente da una bronchite cronica diagnosticatagli già nel 1902. La malattia lo provò non solo fisicamente ma anche psicologicamente: il suo stato d'animo, fattosi cupo e malinconico, lo portò ad allontanarsi dal suo gruppo di amici e colleghi ed a pensare di trasferirsi a Parigi[7].
I viaggi in Europa
modificaBoccioni si recò a Parigi il 30 marzo 1906[7]. Raggiunto da Sironi e Severini, rimase nella città francese fino ad agosto: qui trovò un clima culturale e artistico a lui congeniale e profondamente diverso da quello italiano, in cui poter studiare, fra le altre, l’arte postimpressionista e quella di Cézanne[10]. A maggio conobbe Augusta Petrovna Popoff, una nobildonna russa sposata con la quale ebbe una relazione: il 27 agosto la seguì in Russia, affrontando un lungo viaggio in treno passando per Liegi, Berna, Varsavia, Smolensk e infine Mosca[9] e rischiando più volte la vita nelle sommosse di quegli anni. Da Augusta, nell'aprile 1907, ebbe un figlio (Pietro Bernicoff)[11], del quale però non si curò mai: già a ottobre del 1906 infatti aveva iniziato il viaggio di ritorno, che lo portò prima a Padova e poi, nell'aprile del 1907, a Venezia. Qui ebbe modo di visitare la Biennale ed ammirarvi le opere di Galileo Chini, Gaetano Previati, Plinio Nomellini, Maurice Denis e Franz von Stuck, oltre che di avvicinarsi all'incisione grazie al suo maestro Alessandro Zezzos[12]. Il soggiorno nella città lagunare, sebbene Boccioni si fosse iscritto al Regio Istituto di Belle Arti, fu breve: in estate, dopo aver conosciuto la russa Maria Semenovna Kastromina, intraprese un nuovo viaggio prima verso Monaco di Baviera (dove visitò l’Alte Pinakothek)[13] e poi a San Pietroburgo. Alternando altre tappe in Russia, a Parigi, a Roma e in Germania, alla fine del 1907 l'artista si stabilì a Milano.
Gli anni milanesi (1907-1909)
modificaMilano era allora una città in crescita, che ben si legava alle aspirazioni dinamiche di Boccioni: qui ebbe modo di conoscere Romolo Romani e le sue teorie su un’arte spirituale[14], Giuseppe Pellizza da Volpedo, l’espressionismo tedesco e il simbolismo di Gaetano Previati[15]. Si dedicò all'illustrazione editoriale ed alla pubblicità, divenne socio della Permanente e visitò molti musei e gallerie d’arte, rimanendo impressionato dalle opere dei molti artisti lì presenti [16][17]. Rimase colpito soprattutto dall'arte degli antichi e da Michelangelo, futuri bersagli della polemica futurista contro il passatismo[18]. A Milano ebbe contatti anche con Carlo Carrà, col circolo del caffè Cova e con la Famiglia artistica[19].
Il futurismo
modificaNel 1910 Boccioni si avvicinò al futurismo: il 21 febbraio conobbe Marinetti e, di lì a poco, divenne a pieno titolo uno dei maggiori esponenti e teorici del movimento. L’11 aprile uscì la versione definitiva del Manifesto dei pittori futuristi (firmato insieme a Carrà, Russolo, Balla e Severini), e il 16 luglio fu inaugurata la prima personale di Boccioni, allestita alla galleria Ca’ Pesaro di Venezia. Le opere presentate in quest'occasione non riflettevano però ancora le teorie che l'artista stava elaborando: queste risultarono più evidenti l'anno successivo, nei dipinti mostrati in occasione della Prima Esposizione d’Arte Libera[20], allestita nella Casa del lavoro a Milano ed organizzata a scopo benefico fra la fine di aprile e il maggio 1911.
Nell'autunno di quello stesso anno tornò a Parigi, dove incontrò Picasso e Braque e dove espose, alla galleria Bernheim-Jeune, alcune delle sue opere. La mostra, che ospitava anche tele di Carrà, Russolo e Severini, rimase aperta fino al 24 febbraio del 1912, e qui Boccioni conobbe Apollinaire[21]. In marzo l'esposizione si spostò a Londra (dove La città che sale fu venduta alla cifra allora esorbitante di 4000 lire) e fu poi replicata a Berlino, Rotterdam e Bruxelles.
Il 1912 fu anche l’anno in cui Boccioni si avvicinò alla scultura, teorizzando idee già sperimentate in pittura e riunendo gli spunti ricavati dalle osservazioni parigine delle opere di Brancusi, Archipenko e Duchamp-Villon nel Manifesto tecnico del movimento futurista[22].
Inaugurò inoltre un periodo di intensi studi: consultò molti volumi di argomento storico-artistico e filosofico ed approfondì in particolare la conoscenza del pensiero di Henri Bergson, tramite la lettura di Materia e memoria (1896).
Nel 1913, raggiunto ormai il successo, Boccioni si trovò ad esporre in più occasioni le sue opere, sia pittoriche che scultoree, a Roma, Napoli, Firenze e Berlino. Nello stesso anno si legò, insieme agli altri membri del futurismo, alla rivista «Lacerba» (per la quale realizzò articoli e disegni)[23] e dichiarò la sua fede interventista sottoscrivendo il Manifesto del movimento politico futurista. In occasione della mostra di scultura tenutasi alla galleria futurista permanente Sprovieri di Roma lesse parte di Pittura scultura futuriste (dinamismo plastico), un saggio pubblicato nelle Edizioni Futuriste di “Poesia” che riferiva sul problema delle arti e su luoghi comuni ad esso connessi, attirando le critiche di Severini e Carrà[24].
Dopo l’entrata in guerra dell’Italia il 24 maggio 1915, Boccioni si arruolò volontario insieme ad amici e colleghi nel Corpo nazionale volontari ciclisti automobilisti, dislocato prima a Peschiera del Garda e poi ad Assenza. Accompagnato dal grande entusiasmo futurista per la guerra, le sue riflessioni saranno annotate in un diario di guerra (agosto-novembre 1915), che non mancò di ricordare l’angoscia per la morte che a tratti lo pervadeva. Un momento particolarmente difficile lo visse insieme agli altri volontari a Dosso Casina, in ottobre, quando dovettero affrontare freddo, fame e sete.
Boccioni a novembre fu congedato e rientrò a Milano, ma già il primo dicembre aspettava con impazienza di essere richiamato alla guerra seppur provato, nel fisico già debole, dalle difficoltà vissute nei mesi precedenti. Testimonianza dell’entusiasmo futurista per la guerra e per una partecipazione attiva ai combattimenti più violenti è L’orgoglio italiano, un manifesto edito su «Vela Latina» nel gennaio dell’anno successivo ma sottoscritto già l’11 dicembre.
Il 16 gennaio, sulla stessa rivista, fu pubblicato il Manifesto futurista ai pittori meridionali, che riportava le parole espresse da Boccioni in occasione di una conferenza organizzata al Reale Istituto di belle arti di Napoli, nella quale ribadì l’autonomia dell’artista dalle convenzioni del passato.
Dopo aver rifiutato la partecipazione alla nuova rivista «L’italia futurista», che sarebbe andata a sostituire «Lacerba», in giugno Boccioni venne contattato dal collezionista ed acquirente de La città che sale, il musicista Ferruccio Busoni, per farsi fare un ritratto. Il musicista, insieme alla moglie, era ospite nella tenuta di Pallanza, in Villa San Remigio, dai Marchesi della Valle di Casanova: è qui che Umberto conobbe la trentaseienne Vittoria Colonna, principessa di Teano, rimasta sola col figlio dopo la partenza del marito Leone Caetani per il fronte[25][26][27]. Con lei ebbe una relazione, la prima che, come attestano le lettere inviate alla madre, lo rese felice.
Richiamato per il fronte il 24 luglio, Boccioni morì a metà agosto all'età di 33 anni, a seguito di una caduta da cavallo a Sorte di Verona, dove era con il 29° reggimento di artiglieria da campagna. A soccorrerlo arrivarono due contadine della zona, ma invano: sul luogo oggi si trova la sua lapide commemorativa[28]. La data della morte, come riporta Floreani [29], è da alcuni attribuita al 16 agosto, da altri al 17: il 16 è il giorno che viene riferito da Sironi e dai Futuristi, oltre che dalla sorella Agnese, mentre il 17 fu probabilmente il giorno in cui l’Ospedale Militare registrò l’avvenimento. I funerali si tennero con sicurezza il 18 agosto, presso la cappella dell’Ospedale di Verona. Presenti furono solo i militari di ordinanza, insieme a Giorgio Ferrante e Plinio Codonato: la sorella col marito erano fuori città, e l’imprevedibilità del fatto non permise loro di rientrare. La morte dell’artista segnò profondamente i suoi colleghi, da Marinetti a Sironi, e sconvolse la madre, che non si riprese mai del tutto. Boccioni, dopo che la salma fu tumulata nel campo comune, fu trasferito nel cimitero monumentale di Verona: a fianco della sua tomba fu poi posta quella dell’amata madre. Sulla lapide si possono osservare le testimonianze scritte lasciate da altri artisti e conoscenti in visita.
Dopo la morte
modificaAll'indomani dalla morte di Boccioni, Marinetti volle dedicargli un’esposizione postuma, tenutasi alla Galleria Centrale d’Arte del Cova di Milano. L'arte di Umberto, in occasione dell’inaugurazione del 28 dicembre 1916, fu ricordata dall'amico con queste parole:
«Il Dinamismo plastico di Boccioni è la sintesi della nuova Italia forte, coerente, improvvisatrice, veloce sportiva, energica, intuitiva, muscolare, volitiva e aggressiva tutta ad angoli prepotenti, a spirali volanti, a colori bellicosi, assolutamente opposta alla vecchia Italia pedante, sedentaria, nostalgico culturale, sciaba [...] e spudoratamente passatista»[30].
L’amicizia che aveva legato Boccioni e Marinetti si manifestò anche quando si trattò di concretizzare il desiderio espresso dall'artista: quello di essere presente nella sua natia Calabria con una sua scultura. Marinetti infatti promosse la realizzazione di una fusione in bronzo del capolavoro boccioniano in gesso "Forme uniche della continuità nello spazio", del 1913[31]. Il progetto Boccioni-Marinetti si concretizzò dopo ottant'anni, con la donazione del bronzo della collezione Bilotti alla Galleria Nazionale di Cosenza: l'esemplare donato è dichiarato d'interesse particolarmente importante con Decreto n° 77/2013 del Ministero dei Beni Culturali[32].
Nel 1959 tre opere (Donna a tavola, Paesaggio e Forme uniche della continuità nello spazio) furono esposte alla mostra 50 anni d'arte a Milano. Dal divisionismo ad oggi, organizzata da quella Permanente[33] di cui Boccioni fu socio.
Fra le mostre più recenti si ricorda quella tenutasi al Palazzo Reale di Milano, dal 23 al 10 luglio 2015, dal titolo Umberto Boccioni (1882-1916). Genio e memoria, che ha visto la presentazione di una serie di documenti inediti rinvenuti nella Biblioteca civica di Verona[34].
La pittura
modificaL’attività del Boccioni pittore nacque nel segno degli studi avviati presso Giacomo Balla, con cui alternò la pittura dal vero all'applicazione della tecnica divisionista. L’influenza del maestro continuò a manifestarsi nelle opere del primo periodo milanese, che risentirono però anche delle esperienze fatte a Parigi e dalla visione dell’arte impressionista e postimpressionista[15].
Col futurismo Boccioni cambiò impostazione ed abbracciò le teorizzazioni del Manifesto del futurismo (1909), secondo cui l'artista moderno doveva liberarsi dai modelli e dalle tradizioni figurative del passato, per volgersi risolutamente al mondo contemporaneo, dinamico, vivace, in continua evoluzione. Quali soggetti della rappresentazione si proponevano dunque la città, le macchine, la caotica realtà quotidiana, espressione di una “sensazione dinamica eterna”[35].
Nelle sue opere Boccioni seppe esprimere il movimento delle forme e la concretezza della materia: conosciuto a Parigi il cubismo ed approfonditi i principi compositivi di scomposizione formale e volumetrica[15], si allontanò da quella che percepiva come un’eccessiva staticità. Fondamentali per lui erano i concetti di dinamismo, simultaneità e linee forza, definiti in Pittura Scultura futurista (dinamismo plastico), oltre all’espressione diretta di una sensazione o di un’emozione, come accade nel ciclo di tre dipinti degli Stati d’animo[15].
L’attenzione al dinamismo si ritrova in quadri come Dinamismo di un ciclista (1913), o Dinamismo di un giocatore di calcio (1911), in cui la raffigurazione di uno stesso soggetto in stadi successivi nel tempo dà l'idea dello spostamento nello spazio.
Le teorie di Bergson sulla memoria spontanea, intesa come intuizione dell'unità fondamentale della materia, suggerirono a Boccioni l'idea della compenetrazione dei piani come «simultaneità dell'interno con l'esterno + ricordo + sensazione»[36], consentendogli di unire nel corso del processo creativo ricordi personali (familiari, per esempio) a suggestioni derivanti dall'arte antica o primitiva, alla scomposizione delle forme di derivazione cubista[37]. Nell'olio su tela Materia, ad esempio, eseguì un ritratto di sua madre Cecilia Forlani, divinizzata come Grande Madre, integrando la scomposizione cubista e l'uso dei colori complementari di derivazione impressionista con la ieratica frontalità della statuaria greca di epoca arcaica[38].
Tra le opere pittoriche più rilevanti di Boccioni si ricordano Il Lavoro (La città che sale) (1910), Rissa in galleria (1910), Stati d'animo n. 1. Gli addii (1911) – in cui i moti dell'animo sono espressi attraverso lampi di luce, spirali e linee ondulate disposte diagonalmente – e Forze di una strada (1911), dove la città, quasi organismo vivo, ha peso preponderante rispetto alle presenze umane.
L'illustrazione e la grafica
modificaIl contatto di Boccioni con il mondo del giornalismo e dell’illustrazione avvenne nella giovinezza, nei due anni passati a Catania. Qui l’artista lavorò per «La Gazzetta della Sera» e per il «Giornale di Sicilia», ed iniziò a sognare un futuro legato al mondo del giornale[24]. Sue illustrazioni si trovano, negli anni trascorsi a Milano (1908-1909), sulla «Rivista Mensile Touring Club Italiano» e sull’«Illustrazione Italiana», ma notevole rilevanza è stata attribuita negli anni anche ai disegni dell’artista, preparatori sia delle immagini per le riviste che per dipinti e sculture. Anche lo stesso Boccioni dava grande importanza alla sua produzione grafica, e l’affiancò alle sue opere scultoree in occasione della mostra alla galleria Boetie a Parigi (giugno 1913), alla Galleria Futurista a Roma (marzo 1914) e alla Galleria Gonnelli a Firenze (marzo 1914): i disegni erano infatti associati non solo alle sculture stesse, ma anche ai principi delineati tanto nel manifesto della scultura quanto in Pittura Scultura Futuriste (dinamismo plastico)[39].
Negli anni romani, prima di avvicinarsi al futurismo, Boccioni ebbe modo di osservare, studiare e disegnare avendo come riferimenti Dürer, Michelangelo, Leonardo, Giovanni Bellini, Pontormo, oltre alla scultura classica e donatelliana. Alternando la matita e la penna ai pastelli, dopo essere stato a Parigi e in Russia, tornò a Milano ricco di nuove suggestioni di stampo simbolista, legate alla figura di Aubrey Beardsley, o espressionista, legate alla grafica di Edvard Munch. Fra il 1908 e il 1909 approdò ad un nuovo stile, fatto di ”modulazioni nuove, sintetistiche, espressionistiche”[40] e di una “drammatizzazione e frammentazione del segno”[40].
Molte opere grafiche affiancarono quelle pittoriche nella mostra del 1917 a Palazzo Cova a Milano, organizzata da Marinetti per commemorare l’amico, e confluirono nella collezione di Fedele Azari, per poi passare a Ausonio Cavanese ed infine, nel 1934, alla città di Milano[39]. Della collezione fanno parte, fra gli altri, gli studi per gli Stati d’animo e per Le forze di una strada.
Come la grafica del 1908-09, anche le illustrazioni risentirono delle influenze del decorativismo di Beardsley e dell’universo simbolista e, come nota Alberti[41], non furono particolarmente originali ma piuttosto vincolate al testo a cui si legano e all'incertezza esecutiva che ancora accompagnava l'artista. Il lavoro di Boccioni illustratore si rivolse anche al mondo dell’infanzia: a lui sono state infatti recentemente attribuite, pur in assenza di firma o monogramma, le vignette a corredo dei racconti La fiaba delle stagioni di Francesco Pissarri e Come volli bene alla luna di Angiolo Silvio Novaro, pubblicati sul «Corriere dei Piccoli» del 1909. In queste illustrazioni si trova “un fare […] sintetico e, per certi aspetti, espressivo”[42], oltre a “una tendenza alla stilizzazione lineare, affidata ad un tratto sinuoso ed elegante”[42] che lo lega all'attività che per la stessa rivista svolse in quegli anni Umberto Brunelleschi. Diverso è lo stile di Boccioni nelle illustrazioni per il Touring Club italiano, caratterizzato da “virtuosismo”[42] e da un “saldo controllo disegnativo”[42]. Per «L'illustrazione Italiana» si ricordano invece i disegni della collezione di Adriana Bisi Fabbri, cugina di secondo grado di Boccioni: realizzati su carta lucida, a matita, rappresentano la Natività e degli studi di figure, e sono stati ascritti a Boccioni dalla stessa Alberti in virtù di una serie di consonanze con altre sue opere, sia grafiche che pittoriche[43].
La scrittura
modificaFra le ambizioni del giovane Boccioni c’era anche quella di diventare scrittore. La sua adolescenza fu ricca di letture e di confronti con letterati e giornalisti a lui vicini: ebbe modo di leggere Bergson, Nietzsche, Ibsen, ma anche Carducci, Verga, Luigi Capuana…e poté confrontarsi con intellettuali come Giovanni Palizzi Campagna, Francesco Marletta, Nino Martoglio e Turiddu Russo[44]. Collaborò come cronista alla «Gazzetta della Sera», e la sua predisposizione per la scrittura si mostrò da subito anche nella stesura di alcune poesie, che lo legano all’attività di Giovan Battista de Seta. Si cimentò inoltre in un poema in terzine, La Carcereide, Poema epi-eroico-erotico-tragi-comico, e nella stesura di un romanzo, Le pene dell’anima. Lasciato incompiuto all'amico Mario Nicotra prima di partire per Roma, il manoscritto definito “romanzo fisiologico-sociale-filosofico”[45] fu in parte pubblicato sul «Lavoro fascista» il 18 marzo 1933: come si notò, si trattava di “pagine assai curate […] che rivelano una sua spiccata attenzione per i concetti, per la speculazione, piuttosto che per la narrazione”[46].
I pensieri e le riflessioni dell’artista, sia personali che artistiche, vennero annotate in una serie di taccuini: uno riguarda il periodo fra gennaio e settembre 1907, il secondo quello fra settembre e dicembre 1907, ed un terzo si rifà al 1908. Ai taccuini si aggiunse poi un diario di guerra, del 1915, oltre a numerose lettere. Questi scritti, frutto di notazioni estemporanee e non organizzate[47], mostrano l’umanità dell’artista con le sue ambizioni, la sua voglia di superare costantemente se stesso ed i suoi pressanti tormenti. La sua scrittura si connota come una “riflessione calda, animata da problematiche che riguardano il proprio e l’altrui modus operandi”[48] ed è ricca di citazioni da personalità come Wagner, Nietzche e Madame de Staël[44].
Definito da Apollinaire “théoricien de l’école”[49], col futurismo Boccioni iniziò la sua attività di scrittore-teorico tramite la stesura di numerosi manifesti programmatici e la redazione di cataloghi in occasione delle varie esposizioni futuriste. La firma di Boccioni si trova in:
- Manifesto dei pittori futuristi (11 febbraio 1910)
- La pittura futurista. Manifesto tecnico (11 aprile 1910)
- Contro Venezia Passatista (27 aprile 1910)
- Prefazione al Catalogo delle Esposizioni di Parigi, Londra, Berlino, Bruxelles, Monaco, Amburgo, Vienna, ecc. (Febbraio 1912)
- Manifesto tecnico della Scultura futurista (11 aprile 1912)
- Contro la vigliaccheria artistica italiana (su “Lacerba” 1 settembre 1913)
- Prefazione al Catalogo della 1° Esposizione di scultura futurista a Parigi (giugno-luglio 1913)
- Programma politico futurista (11 ottobre 1913)
- Sintesi futurista della guerra (20 settembre 1914)
- Manifesto futurista ai pittori meridionali (16 gennaio 1916, su “Vela Latina”)
- L’orgoglio italiano (su “Vela Latina” 11 gennaio 1916)
Nel marzo 1914 pubblicò, con le Edizioni Futuriste di "Poesia", il saggio Pittura scultura futuriste (dinamismo plastico) dedicato al genio e ai muscoli dei miei fratelli Marinetti Carrà Russolo, contenente le riflessioni sui fondamenti teorici del movimento[50]. Alcune considerazioni di Boccioni si rintracciano anche su «Gli Avvenimenti» oltre che sul «Settimanale illustrato di vita italiana»[50].
Opere
modificaCitazioni e omaggi
modifica- Film Tv I colori della gioventù di Gianluigi Calderone (2005)
Note
modifica- ^ Umberto Boccioni: ecco il certificato di nascita, Giornalisti Calabria
- ^ Fiorenzo Mancini, «Umberto Boccioni era un purosangue romagnolo», La Voce di Romagna, 16 febbraio 2009.
- ^ a b Roberto Floreani, Umberto Boccioni. Arte-Vita, Mondadori Electa S.p.a, 2017.
- ^ Gino Agnese, Umberto Boccioni. L'artista che sfidò il futuro, Monza, Johan & Levi editore, 2016, p. 14.
- ^ a b Boccioni, Umberto. Dizionario Biografico degli italiani, su treccani.it.
- ^ Davide Mauro, Elapsus - Gino Severini, frammenti di vita parigina, su www.elapsus.it. URL consultato il 10 gennaio 2017.
- ^ a b c d Roberto Floriani, Umberto Boccioni. Arte-Vita, Mondadori Electa S.p.a, 2017.
- ^ Boccioni, Umberto. Dizionario Biografico degli italiani, su treccani.it.
- ^ a b c Roberto Floreani, Umberto Boccioni. Arte-vita, Mondadori Electa S.P.A, 2017, p. 41.
- ^ Boccioni, il futurista che guardò al passato, su treccani.it.
- ^ Boccioni: un figlio segreto, su rodoni.ch. URL consultato il 5 settembre 2018.
- ^ Boccioni, il futurista che guardò al passato, su treccani.it.
- ^ Boccioni, il futurista che guardò al passato, su treccani.it.
- ^ Roberto Floriani, Umberto Boccioni. Arte-Vita, Mondadori Electa, 2017.
- ^ a b c d Giorgio Cricco e Francesco Paolo Di Teodoro, Itinerario nell'arte (versione gialla). Dall'art nouveau ai giorni nostri, vol. 5, p. 1330.
- ^ Danih Meo, Della memoria di Umberto Boccioni, Mimesis, Milano 2007, pp. 41-70.
- ^ I diari di Boccioni riportano diverse testimonianze della sua ammirazione per artisti come Giovanni Bellini, Lorenzo Ghiberti, Leonardo e altri. Della Pietà di Bellini, che vede nella pinacoteca di Brera a Milano, ad esempio, scrive il 22 agosto 1907: «È la perfezione stessa. Il sogno di un artista non può andare più in là. C'è tutto. È terribile!!» In Umberto Boccioni, Gli scritti editi e inediti, a cura di Zeno Birolli, Feltrinelli, Milano 1971, p. 254.
- ^ Danih Meo, Della memoria di Umberto Boccioni..., cit., pp. 17-19. Il rifiuto dell'arte antica è molto sofferto e pieno di ambivalenze. È esemplare il caso di Michelangelo cui Boccioni, ne La pittura futurista del 1911, si riferisce in termini di amore-odio, scrivendo: «solo potrà negare Michelangelo il sublime ignorante futuro o colui che si ribella per averlo troppo adorato! È infatti doloroso distaccarsi e negare questo genio che fu nel passato il più grande astratto che si esprimesse per mezzo del concreto!» In Umberto Boccioni, Altri inediti e apparati critici, a cura di Zeno Birolli, Feltrinelli, Milano 1972, pp. 27-28.
- ^ Boccioni, il futurista che guardò al futuro, su treccani.it.
- ^ Francesco Oppi, Boccioni e Alessandrina, la Milano che sale. La prima Esposizione d'Arte Libera in Italia. In Alessandrina Ravizza. La signora dei disperati a cura di Claudio A. Colombo e Giuliana Nuvoli, Umanitaria-Raccolto Ed., Milano 2015, pp. 71-89.
- ^ Boccioni, il futurista che guardò al passato, su treccani.it.
- ^ Roberto Floriani, Umberto Boccioni. Arte-Vita, Mondadori Electa, 2017.
- ^ Boccioni, Umberto. Dizionario Biografico degli italiani, su treccani.it.
- ^ a b c d Roberto Floreani, Umberto Boccioni. Arte-Vita, Mondadori Electa S.p.a, 2017.
- ^ Gino Agnese, Boccioni da vicino, Napoli, Liguori Editore, 2008, pp. 199-222.
- ^ "L'amore breve fra Umberto Boccioni e Vittoria Colonna", su http://www.ilridotto.info/
- ^ Marella Caracciolo Chia, Una parentesi luminosa - L'amore segreto fra Umberto Boccioni e Vittoria Colonna, Milano, Adelphi, 2008.
- ^ Esattamente la lapide si trova in località Sorte di Chievo, Via Boscomantico (traversa di Via Angelo Berardi - coordinate: 45.463613, 10.938779).
- ^ Roberto Floriani, Umberto Boccioni. Arte-vita, Mondadori Electa S.P.A, 2017, pp. 21-22.
- ^ Roberto Floreani, Umberto Boccioni Arte-Vita, Milano, Mondadori Electa S.p.A., 2017, p. 9.
- ^ L'iniziativa di Marinetti è documentata da una sua lettera del 23 nov. 1933 al Potestà di Milano Visconti al quale prospettava la fusione da destinare alla Calabria (Archivio Civico Milano Segr. Gen.prot.3715 del 2/12/33).
- ^ Importante donazione della famiglia Bilotti alla Galleria Nazionale di Cosenza, si realizza il desiderio di Umberto Boccioni, il grande futurista calabrese, su lavocecosentina.it, 19 Marzo 2018.
- ^ Remo Taccani (a cura di), 50 anni d'arte a Milano. Dal divisionismo ad oggi, Vallardi, 1959, p. 14.
- ^ Boccioni, il futurista che guardò al passato, su treccani.it.
- ^ Manifesto dei pittori futuristi, su it.wiki.x.io.
- ^ Umberto Boccioni, Pittura e scultura futuriste, SE, Milano 1997, p. 126.
- ^ Danih Meo, Della memoria di Umberto Boccioni..., cit., pp. 25-26, 35-40, 89-94.
- ^ Il confronto in Danih Meo, Della memoria di Umberto Boccioni..., cit., p. 98. In appendice alle pp. 141-143 è riportato il testo della pagina del volume di Chipiez e Perrot letta e annotata da Boccioni.
- ^ a b Marco Rosci, Boccioni grafico. tema, variazioni, messa a fuoco, in On: Ottonovecento, n. 1, 1998, pp. 45-48.
- ^ a b Marco Rosci, Boccioni grafico. Tema, variazione, messa a fuoco, in ON: Ottonovecento, n. 1, 1998, pp. 47-48.
- ^ Alessia Alberti, Alcune opere "dimenticate" di Boccioni illustratore, in Grafica d'arte. Rivista di storia dell'incisione antica e moderna e storia del disegno, n. 49, gennaio-marzo 2002, pp. 18-23.
- ^ a b c d Niccolò D'Agati, Boccioni: disegni inediti per il "Corriere dei Piccoli", in Grafica d'arte. rivista di storia dell'incisione antica e moderna e storia del disegno, n. 109, gennaio-marzo 2017, p. 16.
- ^ Alessia Alberti, Contributi per Boccioni illustratore, in Grafica d'arte. Rivista di storia dell'incisione antica e moderna e storia del disegno, n. 67, luglio-settembre 2006, pp. 10-14.
- ^ a b Antonello Tolve, Boccioni critico d'arte, in Futurismo/Futurismos, Aracne editrice, 2019.
- ^ Gino Agnese, Umberto Boccioni. L'artista che sfidò il futuro, Monza, Johns & Levi Editore, 2016, p. 342.
- ^ Gino Agnese, Umberto Boccioni. L'artista che sfidò il futuro, Johan & Levi Editore, Monza, 2016, p. 342.
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Bibliografia
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- Umberto Boccioni Atlas. Documenti dal fondo Callegari-Boccioni della Biblioteca Civica di Verona, a cura di Agostino Contò e Francesca Rossi, Biblioteca Civica di Verona - Castello Sforzesco di Milano - Scalpendi Editore, 2016 ISBN 978-88-99473-27-3
- Silvia Vacca, Dinamismo di un corpo umano. Una litografia di Boccioni, Roma, Quodlibet, 2019. ISBN 978-88-229-0337-2
Voci correlate
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Collegamenti esterni
modifica- L'isolino della passione, su archiviodelverbanocusioossola.com. URL consultato il 27 luglio 2016.