Utente:Gnothidichselbst/Sandbox/3
Nella grammatica georgiana, il termine screeve (AFI: /skɹiːv/, in italiano anche scrivi o fila)[1] indica un insieme di forme verbali, ottenute coniugando un verbo secondo la persona (1ª, 2ª e 3ª) e secondo il numero (singolare e plurale) dei suoi argomenti. È la trascrizione del georgiano მწკრივი [mts'k'rivi] "fila", termine introdotto nel suo significato grammaticale dal linguista georgiano Ak'ak'i Shanidze.[2] Corrisponde grossomodo al TAM (una combinazione di tempo, aspetto e modo) che caratterizza la tradizione grammaticale occidentale.
Se il verbo è monovalente, le forme sono 6 come nei tempi italiani; se il verbo è bivalente o trivalente sono 28 (=6×6-8, ossia 6 entrate del soggetto per 6 entrate dell'oggetto diretto/indiretto, meno 8 entrate realizzate in maniera perifrastica).
Screeve
modificaIl presente viene usato per esprimere un evento che si svolge nel momento in cui si sta parlando o che avviene abitualmente. Corrisponde sia al presente italiano, sia alla costruzione stare + gerundio. Ad esempio, ts'ers "scrive", "sta scrivendo".
Il futuro esprime un'azione che avverrà nel futuro e corrisponde grossomodo al futuro semplice italiano. Ad esempio, dats'ers "scriverà".
L'imperfetto viene utilizzato per esprimere un'azione incompleta o continua nel passato. Può anche indicare un'azione passata abituale, con il significato di essere solito. Ad esempio, ts'erda "scriveva" oppure "era solito scrivere".
Il condizionale viene impiegato principalmente nelle apodosi dei periodi ipotetici,[3] esattamente come in italiano. Insieme all'avverbio kholme può anche indicare un'azione al passato che avveniva "di regola", "di solito, ma non sempre".[4]
Il congiuntivo presente e il congiuntivo futuro vengono usati nelle protasi dei periodi ipotetici per esprimere condizioni improbabili o irrealizzabili rispettivamente nel presente e nel futuro.
L'aoristo viene usato per indicare un'azione che ha avuto luogo nel passato, con l'attenzione solitamente rivolta all'azione in sé e non alla sua durata. In ciò si contrappone all'imperfetto, che indica invece un'azione continuata nel passato. Ad esempio, dats'era "scrisse". Le seconde persone dell'aoristo sono usate anche come imperativi. Ad esempio, dats'ere! "scrivi!" (ma anche "scrivesti").
L'ottativo adempie a svariate funzioni. Si può trovare:[5]
- dopo verbi al presente o futuro indicanti desiderio, intenzione, necessità o possibilità (ad esempio, unda dats'eros "deve scrivere");
- dopo la congiunzione rom, con significato di proposizione finale;
- nelle esortazioni (rivolte alle prime e terze persone) e negli imperativi negativi.
Il perfetto è lo screeve in cui interviene la categoria dell'evidenzialità dell'azione. Generalmente infatti indica un'azione passata a cui il parlante non ha assistito, ma che deduce da indizi indiretti;[6] in questo senso è spesso accompagnato dall'avverbio turme "apparentemente", "sembrerebbe che".[7] Può anche indicare che un'azione nel passato non è stata eseguita (in ciò è accompagnato dall'avverbio negativo ar "non").[8]
Il piuccheperfetto viene spesso usato dopo verbi indicanti desiderio, intenzione, necessità o possibilità, quando questi siano al passato, cioè all'imperfetto, condizionale o aoristo. Più in generale, sostituisce l'ottativo in tutte le subordinate che dipendono da una principale con un tempo passato (una specie di consecutio temporum). Al contrario di quello che suggerisce il nome, di solito non viene usato per indicare un'azione accaduta prima di un altro evento.[9] Per l'anteriorità nel passato il georgiano usa solitamente l'aoristo o il perfetto, spesso accompagnati dall'avverbio uk've "già".[10]
Il congiuntivo perfetto è ormai obsoleto. È usato soprattutto per esprimere auguri o nei brindisi.[11] Ad esempio, mravali brts'q'invale leksi dagets'eros "possa tu aver scritto molte brillanti poesie".
- ^ Mantovani, p.124.
- ^ Aronson, p.41.
- ^ Aronson, p. 45.
- ^ Hewitt, p. 236.
- ^ Aronson, pp. 143-144.
- ^ Aronson e Kiziria, p. 391.
- ^ È importante sottolineare che questo avverbio non indica un dubbio sulla veracità di quanto viene riportato, bensì esprime la sfumatura che il parlante non ne è stato testimone diretto.
- ^ La sfumatura è neutra. Lo stesso avverbio ar insieme all'aoristo indica invece che l'azione non è stata eseguita intenzionalmente. Ad esempio, ar dauts'eria "non ha scritto" contro ar dats'era "non ha voluto scrivere".
- ^ Come invece, ad esempio, il piuccheperfetto latino.
- ^ Aronson, p. 277.
- ^ Aronson e Kiziria, pp. 396-397.