Battaglia di Morotai
parte del teatro del Pacifico della seconda guerra mondiale
LST sbarcano rifornimenti su Blue Beach, Morotai
Data15 settembre 1944 - 4 ottobre 1944 (fase iniziale)

Combattimenti sporadici continuarono fino alla fine della guerra

LuogoMorotai
EsitoVittoria alleata
Schieramenti
Comandanti
Clarence Martin (forze di terra)
Daniel E. Barbey (forze navali)
Takenobu Kawashima

(comandante iniziale) Kisou Ouchi

(dal 12 ottobre)[1]
Effettivi
57 020Circa 500 allo sbarco alleato, successivamente rinforzati
Voci di battaglie presenti su Wikipedia

Template:Campagnabox Guerra del Pacifico

La Battaglia di Morotai, parte della guerra del Pacifico, ebbe inizio il 15 settembre 1944 e continuò fino alla conclusione del conflitto mondiale nell'agosto 1945. I combattimenti ebbero inizio quando forze statunitensi ed australiane sbarcarono nel sudovest di Morotai, un'isola nelle Indie orientali olandesi, che serviva agli alleati come base di partenza per la liberazione delle Filippine. Le forze d'invasione erano di gran lunga numericamente superiori rispetto a quelle dell'Impero giapponese che difendevano l'isola e gli alleati raggiunsero i loro obbiettivi in due settimane. Rinforzi giapponesi giunsero sull'isola tra settembre e novembre ma mancavano di rifornimenti per attaccare in maniera efficace gli alleati. I combattimenti proseguirono sporadicamente fino alla fine della guerra, con le forze giapponesi che subirono grandi perdite a causa di malattie e mancanza di cibo.

Morotai si trasformò in una base alleata poco dopo l'invasione e due grandi aeroporti furono costruiti e resi funzionanti già in ottobre, essi insieme ad altre infrastrutture ebbero un importante ruolo nella liberazione delle filippine e torpediniere ed aerei di base sull'isola attaccarono le forze giapponesi presenti in tutte le Indie orientali olandesi. Nel 1945 queste basi furono ampliate e vennero usate per supportare la campagna del Borneo, rimanendo importanti centri logistici e di comando fino a quando gli olandesi non ripreso il controllo.

Preludio

modifica

Morotai è una piccola isola localizzata a nord di Halmahera nell'arcipelago delle Molucche nell'odierna Indonesia, la maggior parte dell'isola è montagnosa e coperta da giungla. Prima dello scoppio della guerra aveva una popolazione di circa 9 000 abitanti ed era governata dagli olandesi attraverso il Sultanato di Ternate, nel 1942 i giapponesi la occuparono durante la campagna delle Indie olandesi ma non la presidiarono ne vi costruirono basi.[2]

All'inizio del 1944 l'area diventò di importanza strategica per i giapponesi che iniziarono a costruire basi sulla vicina isola di Halmahera facendo diventare quest'ultima un'importante posizione per la difesa dell'approccio alle Filippine meridionali.[3] Nel maggio 1944 la 32ª Divisione giapponese arrivò su Halmahera per difendere le sue nove piste aeree[3], dopo aver subito gravi perdite nell'affondamento di numerose navi, silurate da sottomarini statunitensi, che la stavano trasportando dalla Cina.[4] Due battaglioni del 211° Reggimento fanteria furono inizialmente inviati a Morotai dove stava venendo costruito l'aeroporto nella piana di Doroeba, a causa di problemi nel drenaggio della pista la costruzione venne abbandonata ed entrambi i battaglioni fecero ritorno ad Halmahera a metà luglio.[5] Gli alleati vennero a conoscenza, grazie ad intercettazioni radiofoniche, che Halmahera era fortemente difesa mentre Morotai non lo era.[6]

Nel luglio 1944, il Generale Douglas MacArthur, comandante delle forze alleate del Pacifico Sud-occidentale, selezionò Morotai per costruirvi basi aeree e navali per supportare la successiva invasione di Mindanao, pianificata per il 15 novembre.[7] All'occupazione di Morotai fu dato il nome di Operazione Tradewind. Gli sbarchi furono pianificati per prendere luogo il 15 settembre, lo stesso giorno in cui la 1ª Divisione Marine doveva sbarcare su Peleliu, in modo tale che la Flotta statunitense del Pacifico potesse proteggere entrambe le operazioni da eventuali attacchi giapponesi.[8]

In quanto gli alleati si aspettavano poca resistenza decisero di sbarcare vicino all'aeroporto nella piana di Doreba, due spiagge sulla costa sud-occidentale dell'isola furono selezionate e denominate Red Beach e White Beach. Il piano degli alleati prevedeva che i tre reggimenti della 31ª Divisione di fanteria avanzassero per occupare la piana di Doreba, ma visto che il resto dell'isola non aveva alcun valore strategico, non era prevista un'avanzata ulteriore alla creazione di un perimetro per la difesa degli aeroporti.[9] Piani per la costruzione di altri aeroporti ed installazione navali furono preparati prima degli sbarchi e la posizione per queste basi fu decisa prima del 15 settembre.[10]

Schieramenti

modifica

Quando gli alleati sbarcarono su Morotai essa era difesa da circa 500 soldati giapponesi appartenenti per la maggior parte alla 2ª Unità provvisoria d'assalto che arrivò sull'isola tra il 12 ed il 19 luglio 1944 per rimpiazzare la 32ª Divisione. La 2ª Unità provvisoria d'assalto era formata da quattro compagnie composte da ufficiali giapponesi e soldati provenienti da Formosa. Altre piccole unità di fanteria, polizia militare ed unità di supporto erano presenti sull'isola. Il maggiore Takenobu Kawashima, comandante della 2ª Unità provvisoria d'assalto, schierò la sua unità nel settore sud-occidentale dell'isola ed inviò piccole unità a stabilire avamposti attorno alla costa di Morotai, il più grande di questi fu costruito su capo Sopi e presidiato da circa 100 soldati.[11][12] Le truppe giapponesi sarebbero state numericamente scarse in caso di attacco alleato, venne quindi deciso di costruire basi fittizie e di usare altri stratagemmi per far pensare che Morotai fosse fortemente difesa.[5]

 
Mezzi da sbarco alleati mentre si avvicinano a Morotai

Le forze alleate assegnate all'invasione erano cento volte numericamente superiori a quelle giapponesi, il 20 agosto la Task Force Tradewind fu messa al comando del Maggior generale Charles P. Hall, essa era composta da 40 105 soldati dell'esercito statunitense e 16 915 membri dell'aviazione statunitense e aviazione australiana. La Task Force Tradewind era sotto il comando della 6ª Armata statunitense ed i suoi elementi combattenti erano, al comando del XI Corpo, la 31ª Divisione fanteria ed il 126° Reggimento della 32ª Divisione fanteria, la 6ª Divisione fanteria fu lasciata in riserva in Nuova Guinea.[13] Il generale MacArthur accompagnò le forze da sbarco a bordo della USS Nashville ma non prese il comando diretto delle operazioni.[14]

Attacchi preliminari

modifica

Attacchi preliminari per eliminare l'aviazione giapponese nelle vicinanze di Morotai iniziarono nell'agosto 1944, l'intelligence alleata stimava che ci fossero 582 aerei giapponesi in un raggio di 640 km da Morotai e 400 di questi erano nell'area dell'obbiettivo. Le forze aeree alleate iniziarono quindi attacchi sugli aeroporti di Halmaheras, Celebes, Ceram, Ambon, Boeroe mentre gli aerei partiti dalle portaerei statunitensi attaccarono le basi giapponesi su Mindanao ed eseguirono altri attacchi su Halmahera e Celebes. Questi attacchi ebbero successo e venne stimato che il 14 settembre erano rimasti solo 60 aerei nell'area di Morotai.[15]

Per mantenere l'effetto sorpresa gli alleati non bombardarono Morotai prima dell'invasione e condussero solo qualche ricognizione fotografica.[16] Una pattuglia dell'Allied Intelligence Bureau fu sbarcata sull'isola in giugno ma le informazioni che raccolse non furono trasmesse alla 6ª Armata che, anche se non aveva alcuna informazione sulle spiagge dello sbarco o sulle forze giapponesi, non lanciò essa stessa alcuna pattuglia di ricognizione per timore di allertare i giapponesi.[17]

Il convoglio alleato partì da diverse basi nel nord-ovest della Nuova Guinea e, ad inizio settembre, condusse delle prove di sbarco ad Aitape e sull'isola di Wakde, l'11 settembre le navi alleate si raggrupparono nella baia di Maffin e fecero rotta per Morotai il giorno successivo raggiungendola la mattina del 15 senza essere individuata dai giapponesi.[18]

Sbarchi alleati

modifica
 
Gli sbarchi alleati del 15 settembre 1944

La battaglia di Morotai iniziò alle 6:30 la mattina del 15 settembre con le navi alleate che condussero un bombardamento di due ore nella zona dello sbarco per eliminare le forze giapponesi presenti, questo bombardamento fece andare in fiamme numerosi villaggi ma causò poche perdite ad i giapponesi che non avevano molte truppe schierate nella zona.[19]

La prima ondata di truppe statunitensi sbarcò alle 8:30 e non incontrò alcuna resistenza, il 155° ed 167° Reggimento sbarcarono su Red Beach ed il 124° su White Beach. Una volta a terra le forze statunitensi avanzarono rapidamente nell'entroterra ed alla fine della giornata la 31ª Divisione raggiunse tutti i suoi obbiettivi e stabilì un perimetro 1800 metri nell'interno dopo aver subito pochissime perdite, la 2ª Unità provvisoria d'assalto giapponese fu incapace di opporre alcuna resistenza e si ritirò nell'interno.[20]

La 7ª Divisione aerea giapponese, basata su Ceram e Celebes, iniziò una serie di attacchi con scarso successo su Morotai.[21]

La mancanza di resistenza fu una fortuna per gli alleati in quanto le spiagge scelte non erano adatte ad uno sbarco, entrambe erano fangose ed i mezzi da sbarco avevano difficoltà ad approcciarle per colpa di rocce sommerse e della barriera corallina, per questa ragione soldati ed equipaggiamento dovettero essere sbarcati più a largo, causando un ritardo nelle operazioni ed il danneggiamento di una gran parte dell'equipaggiamento.[22] Come i suoi soldati, il generale MacArthur fu costretto a sbarcare con l'acqua che gli arrivava al petto[23], ma la mattina dello sbarco una perlustrazione trovò che la spiaggia della costa sud di Morotai era più adatta ad i LST, venne quindi deciso che questa spiaggia, denominata Blue Beach, diventasse, a partire dal 16 settembre, quella principale per lo sbarco.[24]

 
Soldati sbarcano nell'acqua alta il 15 settembre.

La 31ª Divisione continuò la sua avanzata nell'interno durante la giornata del 16 settembre incontrando pochissima resistenza e stabilì un perimetro intorno all'aeroporto quel pomeriggio.[25] Dal 17 settembre il 126° Reggimento eseguì numerosi sbarchi su spiagge di Morotai e delle isole limitrofe per costruire stazioni radar e stabilire postazioni di osservazione, questi sbarchi furono per la maggior parte incontrastati fatta eccezione per quelli nel nord di Morotai.[25] La 2ª Unità provvisoria d'assalto giapponese tentò, senza successo, di infiltrarsi nel perimetro statunitense durante la notte del 18 settembre.[21]

Un distaccamento del NICA (Nederlandsch-Indische Civiele Administratie, in italiano: Amministrazione Civile delle Indie olandesi), responsabile per gli affari civili dell'isola, sbarcò il 15 settembre per ristabilire la sovranità olandese su Morotai. Molti nativi iniziarono a fornire informazioni sulle posizioni giapponesi su Morotai e Halmahera mentre altri fecero da guida alle pattugli statunitensi.[26]

 
I movimenti delle forze alleate e giapponesi durante le prime settimana della battaglia di Morotai.

Il 20 settembre, la 31ª Divisione continuò l'avanzata nell'entroterra in quanto era necessario espandere il perimetro per poter accomodare le basi ed installazioni necessarie per l'ingrandimento dell'aeroporto deciso dal quartier generale di MacArthur's.[25] Il 22 settembre i giapponesi attaccarono il 1° Battaglione del 167° Reggimento fanteria ma furono facilmente respinti, il giorno successivo una compagnia del 126° Reggimento attaccò senza successo un'unità giapponese in una posizione fortificata nei pressi di Wajaboeta sulla costa occidentale di Morotai. Il 24 settembre un nuovo attacco del 126° Reggimento riuscì a conquistare la posizione. Le forze statunitensi continuarono a pattugliare in modo intensivo l'isola che venne dichiarata sicura il 4 ottobre.[27] Le perdite durante questa prima fase dell'occupazione di Morotai ammontaronoa 30 morti, 85 feriti ed 1 disperso per gli statunitensi e più di 300 morti e 13 prigionieri per i giapponesi.[28]

La marina statunitense il 16 settembre stabilì sull'isola una base per motosiluranti quando le navi d'appoggio USS Oyster Bay (AGP-6) e USS Mobjack (AGP-7) arrivarono con il 9°, 10°, 18° e 33° squadrone e le loro 41 motosiluranti, la cui missione principale era impedire il movimento di truppe giapponesi da l'isola di Halmahera e Morotai stabilendo un blocco dello stretto tra le due.[29]

Elementi della 31ª Divisione lasciarono Morotai nel novembre 1944 per catturare diverse isole vicino alla Nuova Guinea dalle quali i giapponesi potevano osservare i movimenti alleati, il 15 novembre 1 200 uomini del 2° Battaglione del 167° Reggimento sbarcarono sull'isola di Pegun ed il giorno successivo su quella di Bras. Le isole vennero dichiarate sicure il 18 novembre dopo che 172 soldati giapponesi della 36ª Divisione Fanteria furono eliminati. Il 19 novembre una forza di 400 uomini, costruita attorno alla compagnia F del 124° Reggimento fanteria, occuparono le isole Asia.[30] Queste furono le prime operazioni supervisionate dalla 8ª Armata statunitense, su le isole occupate furono costruite postazioni radar e per navigazione a lungo raggio.[31]

Costruzione delle basi

modifica
 
Wama Drome nel aprile 1945

La rapida trasformazione di Morotai in una base militare era l'obbiettivo principale dell'operazione ed i piani pre-invasione prevedevano la costruzione di 3 piste aeree in un periodo di quarantacinque giorni seguenti il 15 settembre, con la prima funzionante subito dopo lo sbarco. Il piano prevedeva anche la costruzione di infrastrutture per alloggiare e sostenere 60 000 appartenenti all'aviazione ed all'esercito, un ospedale con 1 900 posti letto, depositi di carburante e strutture portuali.[32] Per costruire tutto ciò furono impiegati 7 000 genieri, dei quali l'84% era statunitense ed il rimanente 16% australiano.[10]

Il lavoro iniziò prima che Morotai fosse dichiarata sicura, il 16 settembre,ispezioni dei siti previsti per la costruzione degli aeroporti stabilirono che la direzione prevista per la costruzione delle piste era impossibile da mantenere ed i piani per completare l'aeroporto giapponese furono cancellati in quanto avrebbe interferito con la costruzione dei nuovi.[10] Esso fu invece ripulito ed usato come pista d'emergenza. I lavori sulla prima nuova pista (chiamata Wama Drome) iniziarono il 23 settembre, ed il 4 ottobre la prima pista di 1 500 metri fu resa operabile all'uso dei bombardieri pesanti per attacchi su Balikpapan nel Borneo. La costruzione dell'ancor più grande Pitu Drome, che doveva avere due piste parallele a quelle del Wama Drome, iniziarono a fine settembre ed il 17 ottobre aveva pronta una pista lunga 2 100 metri.[33] I lavori furono accelerati a partire dal 18 ottobre quando la 3ª Flotta statunitense lasciò l'area per dare supporto diretto all'invasione di Leyte.[34] Quando anche la seconda pista fu completata, l'isola diventò la base per 253 aerei di cui 174 erano bombardieri.[35] Anche se la costtruzione degli aeroporti richiese la distruzione di numerosi villaggi, circa 350 abitanti di Morotai aiutarono nella costruzione dopo essere stati reclutati dall'amministrazione olandese.[26]

Other base facilities were erected concurrently with the construction of the airstrips. Work on fuel storage facilities began shortly after the landing, and the first was ready on 20 September. A jetty for oil tankers and a larger tank farm were completed in early October, and storage facilities continued to be expanded until November, when capacity for 129 000 barili (20 500 m³) of fuel was available. Several docks capable of accommodating liberty ships were constructed on Morotai's west coast, and the first was completed on 8 October. In addition, twenty LST landings were constructed on Blue Beach to facilitate the loading and unloading of these ships. Other major construction projects included an extensive road network, a naval installation, 28 000 piedi quadri (2 600 m²) of warehousing, and clearing land for supply dumps and bivouacs. A 1,000-bed hospital was also built after the original plans for a 1,900-bed facility were revised. The main difficulties encountered were overcoming the mud caused by unusually heavy rains and finding sufficient water supplies.[36]

Una revisione dei piani alleati fecero assumere a Morotai un ruolo molto più importante nella liberazione delle filippine, l'invasione di Mindanao fu posposta nel settembre 1944 in favore di quella di Leyte a fine ottobre. Le basi aeree di Morotai erano quelle più vicine a Leyte quindi caccia e bombardieri partiti dall'isola furono impegnati in attacchi nelle Filippine meridionali e nelle Indie olandesi.[37] Dopo la costruzione di aeroporti su Leyte, Morotai fu utilizzata come base intermedia per gli aerei diretti nell'isola filippina.[38]

Successive schermaglie

modifica

Risposta giapponese

modifica

I giapponesi realizzarono che, se gli alleati avessero completato la costruzione degli aeroporti su Morotai, le loro posizioni nelle Filippine sarebbero state in pericolo. Per tentare di bloccare i piani alleati, i comandanti dell'esercito giapponese, inviarono, tra la fine di settembre ed il novembre 1944, truppe dall'isola di Halmahera in rinforzo a quelle su Morotai. Questi rinforzi includevano la maggior parte del 211° Reggimento fanteria, il 3° Battaglione del 210° Reggimento fanteria ed altri tre distaccamenti d'assalto.[21] Il comandante del 211° Reggimento, il colonnello Kisou Ouchi, assunse il comando di tutte le forze giapponesi su Morotai il 12 ottobre.[39] Gli alleati, grazie ad intercettazioni radio, riuscirono spesso ad anticipare i movimenti di truppe giapponesi[6] e le motosiluranti distrussero un grande numero di trasporti giapponesi. Ciononostante gli alleati furono incapaci di permettere ad i giapponesi di rinforzarsi.[40]

 
Gli sbarchi ed i movimenti delle truppe giapponesi

Le controffensive giapponesi furono comunque inefficaci, le truppe di rinforzo furono piagate da diverse malattie e risultò impossibile trasportare i rifornimenti necessari attraverso il blocco aero-navale alleato. Come risultato, mentre la 2ª Unità provvisoria d'assalto giapponese condusse diversi attacchi al perimetro alleato, i nuovi rinforzi furono incapaci di condurre attacchi efficaci ad impedire la costruzione delle basi alleate. Le forze giapponesi si ritirarono quindi nella parte centrale dell'isola, dove molti soldati morirono di fame e malattie.[41] Gli ultimi rifornimenti giapponesi partiti da Halmahera raggiunsero Morotai il 12 maggio 1945.[42]

Nel tardo dicembre 1944, il 136° Reggimento della 33ª Divisione di fanteria statunitense fu portato su Morotai dalla Nuova Guinea per attaccare il 211° Reggimento giapponese nell'ovest dell'isola. Dopo essere sbarcati sulla costa ovest, gli statunitensi avanzarono nel territorio occupato dai giapponesi durante la giornata del 26 dicembre, il 136° Reggimento fu supportato da un battaglione del 130° Reggimento che avanzò via terra dalla piana di Doreba, da artiglieria posizionata sull'isola di Ngelengele da un centinaio di nativi.[43][44] Anche il 3° Battaglione del 167° Reggimento della 31ª Divisione partecipò all'azione ed esegu' una difficile marcia dal sud nel interno di Morotai per impedire che i giapponesi disperdessero nelle montagne.[45]

Ad inizio gennaio 1945, le forze statunitensi determinarono che due battaglioni del 211° reggimento giapponese si trovavano a circa 6 km a nord del perimetro alleato. Il 3 gennaio 1945 iniziò un attacco alle posizioni giapponesi, con il 1° e 2° Battaglione del 136° Reggimento che avanzarono da su-ovest incontrando forte resistenza. Il giorno successivo gli statunitensi ripresero l'attacco e, con il supporto di un massiccio bombardamento d'artiglieria, e raggiunsero gli obbiettivi nel pomeriggio. Nel frattempo il 3° Battaglione de 136° Reggimento fanteria statunitense, avanzando da nord, distrusse il 3° Battaglione del 211° Reggimento giapponese che era posizionato sulla costa in attesa di ricevere rifornimenti da Halmahera ed aveva lanciato diversi attacchi contrò la testa da sbarco del battaglione statunitense.[46]

Il 5 gennaio, con il 1° e 2° Battaglione avanzanti da ovest e sud-ovest ed il 3° Battaglione da nord, il 136° Reggimento portò a termine l'attacco alle posizioni giapponesi. Il 1° e 2° Battaglione continuarono ad inseguire le forze giapponesi che stavano ritirandosi verso nord fino al 14 gennaio, quando il 136° Reggimento dichiarò di aver ucciso 870 e catturato 10 giapponesi subendo da parte sua la perdita di 46 morti e 127 feriti.[47] Il 3° Battaglione del 167° Reggimento fanteria si incontrò con il 136° il 7 gennaio, dopo che aveva distrutto la principale stazione radio giapponese dell'isola il 4 gennaio..[48] A metà gennaio il 136° Reggimento si ricongiunse al resto della 33ª Divisione che stava per prendere parte agli sbarchi alleati su Luzon.[49]

Air attacks and Allied mopping up

modifica

The Japanese 7th Air Division continued to raid Morotai for months after the Allied landing. The air division conducted 82 raids on Morotai involving 179 sorties between 15 September 1944 and 1 February 1945. The aircraft used in these raids flew from Ceram and the Celebes and landed at airfields on Halmahera before proceeding to their targets. While 54 of the raids caused no damage, the others resulted in the destruction of forty-two Allied aircraft and damage to another thirty-three. Allied casualties from air attack were 19 killed and 99 wounded. The most successful raid was conducted on the night of 22 November when 15 Allied planes were destroyed and eight damaged. The regular Japanese air raids ceased at the end of January 1945, though a final attack took place on 22 March. USAAF night fighters had only limited success as raiders were normally detected only shortly before they entered anti-aircraft gun defended zones; these guns shot down most of the 26 Japanese aircraft lost over Morotai.[50] The official history of the USAAF's night fighter force states that Morotai "was probably the most difficult task undertaken by American night fighters during World War II" due to the difficulty of detecting incoming raiders.[51]

The PT boat force at Morotai was reduced to a single squadron by February 1945 but remained active until the end of the war. As well as patrolling around Morotai, the boats operated in the eastern NEI to raid Japanese positions and support Australian and Dutch scouting parties. In May 1945 PT boats and the Australian Z Special Unit rescued the Sultan of Ternate along with his court and harem during an operation codenamed Project Opossum after he was mistreated by the Japanese.[52][53] By the end of the war the PT boats had conducted nearly 1,300 patrols and destroyed 50 barges and 150 small craft off Morotai and Halmahera.[54]

The 31st Division remained at Morotai until 12 April 1945 when it departed to participate in the liberation of Mindanao, and was replaced by the 93rd Infantry Division.[55] The 93rd Division was a segregated African American unit, and was mainly used for security and labor tasks during the war.[56] Once established on Morotai the division conducted intensive patrols with the aim of destroying the remaining Japanese force on the island. At this time most of the Japanese on Morotai were located along the island's west coast, and generally stayed close to native gardens. The 93rd Division landed patrols along Morotai's west and north coasts from April onwards, and these fought scattered skirmishes with small Japanese forces. One of the division's main goals was to capture Colonel Ouchi, and this was achieved by a patrol from the 25th Infantry Regiment on 2 August. Ouchi was one of the highest-ranked Japanese officers to be captured before the end of the war. The American force also used propaganda broadcasts and leaflets to encourage Japanese soldiers on Morotai to surrender, with some success.[57]

Conseguenze

modifica
 
Il comandante giapponese Halmahera sbarca a Morotai per arrendersi alla 93ª Divisione statunitense

Morotai rimase un'importante base alleata anche dopo la liberazione di Leyte, aerei della Thirteenth Air Force statunitense e della Australian First Tactical Air Force con base sull'isola continuarono ad attaccare le Indie orientali olandese e le Filippine meridionali fino alla fine della guerra. Da aprile 1945 fu anche usata dal 1° corpo australiano per attaccare il Borneo.[38] Genieri dell'esercito australiano ampliarono le basi per supportare questa nuova operazione e, visto il gran numero di truppe, gli australiani costruirono un nuovo campo al di fuori del perimetro di quello statunitense.[58]

Morotai was the scene of a number of surrender ceremonies following the surrender of Japan. About 660 Japanese troops on Morotai capitulated to Allied forces after 15 August.[59] The 93rd Division also accepted the surrender of the 40,000 Japanese troops at Halmahera on 26 August after the Japanese commander there was brought to Morotai on a US Navy PT boat.[42] On 9 September 1945, Australian General Thomas Blamey accepted the surrender of the Japanese Second Army at a ceremony held on the I Corps' sports ground at Morotai.[60] Private Teruo Nakamura, the last confirmed Japanese holdout on Morotai or elsewhere, was captured by Indonesian Air Force personnel on 18 December 1974.[61][62]

The facilities on Morotai continued to be heavily used by the Allies in the months after the war. The Australian force responsible for the occupation and military administration of the eastern NEI was headquartered at Morotai until April 1946, when the Dutch colonial government was reestablished.[63][64] The island was also one of the sites where the Australian and NEI militaries conducted war crimes trials of Japanese personnel.[65]

  1. ^ 33rd Infantry Division Historical Committee (1948), p. 73.
  2. ^ Smith, (1953), pp. 456–457.
  3. ^ a b Smith (1953), p. 460.
  4. ^ Willoughby (1966), p. 273.
  5. ^ a b Willoughby (1966), pp. 348–349.
  6. ^ a b Drea (1992), p. 153.
  7. ^ Smith (1953), pp. 450–451.
  8. ^ Taafe (1998), p. 218.
  9. ^ Smith (1953), pp. 475–477.
  10. ^ a b c Office of the Chief Engineer, General Headquarters, Army Forces Pacific (1951), p. 272.
  11. ^ Smith (1953), p. 460 and Willoughby (1966), pp. 349–350.
  12. ^ Rottman (2002), p. 253.
  13. ^ Krueger (1979), p. 126 and Smith (1953), p. 463.
  14. ^ Manchester (1978), p. 337.
  15. ^ Royal Navy Historical Section (1957), p. 175 and Taaffe (1998), p. 219.
  16. ^ Smith (1953), pp. 482–483.
  17. ^ Krueger (1979), p. 125.
  18. ^ Smith (1953), pp. 481–482.
  19. ^ Taafe (1998), p. 219.
  20. ^ Smith (1953), pp. 483 and 487.
  21. ^ a b c Willoughby (1966), p. 350.
  22. ^ Smith (1953), pp. 483–485.
  23. ^ Manchester (1978), p. 388.
  24. ^ Smith (1953), p. 487.
  25. ^ a b c Smith (1953), p. 488.
  26. ^ a b Smith (1953), pp. 490–491.
  27. ^ Krueger (1979), p. 130.
  28. ^ Smith (1953), p. 489.
  29. ^ Bulkley (2003), p. 368.
  30. ^ Royal Navy Historical Section (1957), p. 176 and 31st Infantry Division (1993), pp. 23 and 101.
  31. ^ Smith (1953), p. 451.
  32. ^ Office of the Chief Engineer, General Headquarters, Army Forces Pacific (1951), p. 270.
  33. ^ Office of the Chief Engineer, General Headquarters, Army Forces Pacific (1951), pp. 276–277.
  34. ^ Craven and Cate (1953), p. 313.
  35. ^ Office of the Chief Engineer, General Headquarters, Army Forces Pacific (1951), p. 277.
  36. ^ Office of the Chief Engineer, General Headquarters, Army Forces Pacific (1951), pp. 277–280
  37. ^ Smith (1953), pp. 491–493.
  38. ^ a b Morison (2002), p. 25.
  39. ^ Lee (1966), p. 525 and 33rd Infantry Division Historical Committee (1948), p. 73.
  40. ^ 33rd Infantry Division Historical Committee (1948), p. 68.
  41. ^ Hayashi (1959), pp. 120–121 and Willoughby (1966), pp. 350–352.
  42. ^ a b Bulkley (2003), p. 442.
  43. ^ Morotai Jungle War, su www.33rdinfantrydivision.org. URL consultato il 5 agosto 2016.
  44. ^ 33rd Infantry Division Historical Committee (1948), pp. 68–77.
  45. ^ 31st Infantry Division (1993), p. 101.
  46. ^ 33rd Infantry Division Historical Committee (1948), pp. 74–81
  47. ^ 33rd Infantry Division Historical Committee (1948), pp. 80–83.
  48. ^ 31st Infantry Division (1993), p. 102.
  49. ^ 33rd Infantry Division Historical Committee (1948), pp. 85–87.
  50. ^ Craven and Cate (1953), pp. 315–316.
  51. ^ McFarland (1998), p. 37
  52. ^ Morison (2002), pp. 28–29.
  53. ^ Tom Allard e Murdoch, Lindsay, Diggers snatch sultan to safety, in The Age, 24 aprile 2010. URL consultato il 30 dicembre 2010.
  54. ^ Bulkley (2003), p. 373.
  55. ^ Stanton (1984), p. 111.
  56. ^ Bielakowski (2007), p. 19.
  57. ^ Lee (1966), pp. 525–527.
  58. ^ Stanley (1997), p. 48.
  59. ^ Lee (1966), p. 528.
  60. ^ Long (1963), p. 553.
  61. ^ The Last Last Soldier?, in Time, 13 gennaio 1975. URL consultato il 1º settembre 2008.
  62. ^ Post et al. (2010), pp. 429–430
  63. ^ Hasluck (1970), pp. 602–607
  64. ^ Post et al. (2010), p. 29
  65. ^ Post et al. (2010), pp. 408–409

Bibliografia

modifica

Altri progetti

modifica