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Lidio Cipriani
modificaLidio Cipriani (Bagno a Ripoli, 17 marzo 1892 – Firenze, 8 ottobre 1962) è stato un antropologo, etnografo ed esploratore italiano. Ha compiuto numerosi viaggi in Africa e in Asia dando un significativo contributo all'antropologia dell'epoca. Negli anni in cui il regime fascista era impegnato nella guerra d'Etiopia fu uno dei firmatari del Manifesto della Razza e uno dei più convinti sostenitori dell'inferiorità dei popoli africani e della legittimità della conquista coloniale e dello sfruttamento italiano del territorio di quel continente.
Formazione
modificaDi famiglia piccolo-borghese, il padre Cesare era maestro elementare, si formò presso la scuola tecnica San Carlo di Firenze, prendendo la licenza nel 1907, per poi frequentare la scuola normale maschile Capponi nella stessa città, dove si diplomò come maestro elementare: insegnò quindi a Fucecchio, a Galluzzo e a Firenze[1].
Prestò servizio militare come volontario (1915-1919) nella prima guerra mondiale e nel 1920 ottenne il diploma di perfezionamento per i licenziati delle scuole normali; iscrittosi all'università, si laureò nel 1923 in Scienze naturali con una tesi in Antropologia. Nel 1924 perfezionò i suoi studi a Parigi e nel 1925 a Londra.
Dal febbraio 1923 fu assistente volontario presso il Museo nazionale di antropologia ed etnologia di Firenze e nel 1926 ottenne la docenza in antropologia.
Esploratore, antropologo, etnografo
modificaFu a partire dall'anno successivo che iniziarono le sue missioni antropologiche in Africa e in Asia: nel novembre del 1927 si recò nei territori dell'attuale Sudafrica; qui raccolse materiali etnografici, scattò 2000 fotografie e realizzò i primi modelli facciali su un campione di 76 Zulu[2]. Nel settembre del 1927 partecipò a New York al XXIII Congresso Internazionale degli americanisti, come presidente della sezione di antropologia fisica, per poi ripartire per un altro viaggio, durato fino al 1930, in cui toccò Gedda, Gibuti, Aden, la penisola di Hafun, Mogadiscio, Chisimaio, Mombasa, Dar-es-Salam, Beira, soffermandosi in particolare nella Rhodesia settentrionale, dove compì studi di antropologia fisica sulla popolazione dei Baila.
Per realizzare le maschere facciali Cipriani, nella maggior parte dei casi, modellava il gesso direttamente sul volto della persona prescelta, ottenendo così l’impronta del viso. Da questo negativo si ricavavano i calchi; il colore della pelle era poi ottenuto utilizzando le categorie della tavoletta dei colori della pelle di Von Luchan. Lo scopo dei calchi era quello di classificare le differenti "razze" umane, testimoniando differenze e affinità attraverso la comparazione e sottolineando così la superiorità dell'uomo bianco [3].
Tra il maggio del 1930 e il gennaio 1931 partecipò ad una spedizione in Congo nei territori dei Boscimani e dei Pigmei.Si recò di nuovo in Africa dal settembre al dicembre 1932, partecipando alla prima missione di ricerche scientifiche nel Fezzan, nel sud della Libia, che si proponeva di avviare indagini antropologiche ed etnografiche sui Tuareg, i Tebu, i Dauada, e di approfondire le conoscenze sula preistoria sahariana. Dopo una seconda spedizione negli stessi territori tra il febbraio ed il marzo del 1933, compì il suo primo viaggio nell'Asia sudoccidentale, tra fine 1934 e primavera del 1935 trattenendosi soprattutto nell'India meridionale e nell'isola di Ceylon. In vista dell'invasione italiana dell'Etiopia, volle partecipare alla guerra come volontario, ma fu congedato nel 1936, ricevendo nel frattempo il titolo di cavaliere dell'Ordine coloniale della Stella d'Italia per i suoi meriti scientifici. Nel gennaio del 1937 partecipò alla prima missione inviata dalla Reale Accademia d'Italia nell'Africa orientale italiana, sotto la guida di Giotto Dainelli: il suo interesse si rivolse soprattutto alle popolazioni del bacino del lago Tana (Amhara, Falascia), nonché dei Baria, dei Cunama e dei Beni-Amer. Nel corso di una seconda missione nell'Africa orientale italiana, compiuta fra il dicembre del 1938 e l'aprile del 1939, si interessò soprattutto delle popolazioni Galla e Sidarna.
Razzismo biologico ed eugenetica
modificaA partire dai vari viaggi che affrontò, Cipriani elaborò la sua teoria razziale, fondata sulla convinzione dell'inferiorità dei “negri”[4] a causa di elementi biologici e genetici immodificabili, valutati attraverso la corrispondenza tra dati somatici e sviluppo intellettivo e psichico. Lo studio comparativo delle fotografie e dei calchi poneva come modello l'uomo bianco europeo i cui caratteri erano usati come parametri per misurare la maggiore o minore distanza da quel paradigma di evoluzione positiva[5]. Nel 1932 Cipriani riassunse le sue teorie razziali nelle Considerazioni sopra il passato e l’avvenire delle popolazioni africane[6], in cui l'antropologo voleva dimostrare l'inferiorità e le caratteristiche delle popolazioni dei “negri” dell’Africa Centrale, che definiva incorreggibili, spensierati e sempre pronti a perdere tempo e ad abbandonarsi a giochi e divertimenti. Sosteneva inoltre che il “negro” aveva atteggiamenti ingenui e infantili quasi come un bambino e agiva spesso per imitazione. Secondo lui i “negri” erano privi di qualsiasi capacità logico-critica e non concepivano l’idea del lavoro[7].
Se secondo questo schema interpretativo per Cipriani i "negri" erano psichicamente inferiori e per questo nessun progresso avrebbe potuto interessare le "razze nere", invece era errato considerare la popolazione etiope completamente assimilabile agli altri africani, ritenendo bisognasse piuttosto intenderla come un gruppo separato, anche se progressivamente corrotto dagli incroci razziali con le altre popolazioni. Questa posizione sarebbe poi stata progressivamente abbandonata, non essendo in linea con la linea politico-razziale del fascismo, a seguito della guerra d'Etiopia e della proclamazione nel maggio del 1936, da parte di Benito Mussolini, dell'Africa Orientale Italiana. Alla fine di questo percorso, Cipriani si limitò a ritenere la popolazione etiope più adeguata a combattere di altre e quindi utilizzabile dagli italiani per le loro conquiste[8].
Questa concezione presupponeva, inoltre, che l'unione e la mescolanza con le razze considerate inferiori divenisse una minaccia anche per le civiltà e le razze superiori, mentre la "scientifica" dimostrazione di superiorità razziale implicava che il colonialismo non doveva consistere nel portare la civiltà a delle popolazioni arretrate, ma era la legittima aspirazione di chi è superiore a sfruttare le risorse naturali presenti nel territorio africano, in quanto le razze del posto non erano in grado di utilizzarle proprio per la loro inferiorità. In sostanza, il razzismo biologico di Cipriani si prestava a legittimare il colonialismo italiano e quindi anche la conquista dell’Etiopia[9]. Riguardo poi al problema dell'identità razziale degli italiani, Cipriani riteneneva che essa fosse il frutto di una mescolanza fra diversi ceppi umani, e questa idea mal si accordava con l'ideologia fascista che non voleva sentire parlare della presenza di più razze in Italia. Se il nucleo più puro degli italiani era identificato dall'antropologo toscano nel ceppo ariano, compito del regime era da un lato favorire politiche di riproduzione e controlli degli spostamenti interni che evitassero gli incroci e “l'imbrunimento dei proprii tipi razziali”[10], dall'altro prendere in considerazione politiche eugenetiche che prevedessero anche massicce campagne di sterilizzazione. Tali idee rendevano Cipriani un ammiratore delle teorie razziste naziste e dell’eugenetica praticata in Germania[11].
Manifesto della razza e antisemitismo
modificaLe posizioni del razzismo biologico di Cipriani furono di fatto una delle basi ideologiche della dichiarazione Il Fascismo e i problemi della razza (pubblicata il 14 luglio 1938 sul Giornale d’Italia, più nota come Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza, e ripubblicato sul numero uno della rivista La difesa della razza il 5 agosto 1938): nella dichiarazione si sosteneva l’esistenza di una pura razza italiana di origine ariana e la non assimilabilità ad essa degli ebrei, dei mulatti e dei “negri”, in quanto appartenenti a una razza non europea. Cipriani fu uno dei dieci firmatari del manifesto, nonché rappresentante di spicco del nucleo originario dei suoi estensori - insieme a Guido Landra, Leone Franzì, Lino Businco e e Marcello Ricci - che ebbe la piena approvazione di Benito Mussolini. Dopo la pubblicazione del manifesto, Cipriani divenne membro del comitato di redazione della rivista La difesa della razza, diretta da Telesio Interlandi, e del Comitato consultivo della "Biblioteca razziale Italia", una collana editoriale legata alla stessa rivista. Fece anche parte del cosiddetto Ufficio Razza del ministero della Cultura Popolare, affidato alla direzione di Guido Landra fino a febbraio 1939[12].
Giunto ai vertici del razzismo politico-culturale del regime fascista, cadde però in disgrazia nel giugno del 1940, con l’accusa ufficiale di avere venduto, per scopi personali, maschere e altri oggetti raccolti durante le sue missioni. Fu così rimosso dalla carica di direttore dell’Istituto di Antropologia della Regia Università di Firenze e gli fu tolto l’incarico dell’insegnamento di antropologia presso la stessa università. Secondo la ricostruzione fornita da Francesco Cassata[13], la vera causa della sua rimozione, come degli altri primi ispiratori del Manifesto della razza, fu la lotta interna fra le varie correnti del razzismo italiano, con il netto prevalere della corrente nazional-razzista[14] - orientata a una riscoperta della romanità e del concetto di stirpe - a discapito del razzismo biologico. In questa polemica fu anche ripresa strumentalmente la posizione assunta da Cipriani nel 1936 nei confronti degli ebrei, quando egli aveva affermato che gli israeliti fossero assimilabili positivamente ai mediterranei e giudicò incompatibile l’antisemitismo con il “Pensiero Latino”[15].
La guerra e gli ultimi anni
modificaDopo questa messa ai margini e le nozze nell'ottobre 1940 con la contessa Ada Maria Marezzi, nel maggio 1942 fu richiamato in servizio nell'esercito col grado di maggiore e inviato sull'isola di Creta presso il comando della divisione Siena: qui riuscì a svolgere numerose ricerche antropologiche e a raccogliere migliaia di dati antropometrici in tutte le zone dell'isola. L’8 settembre 1943 fu fatto prigioniero dai tedeschi che lo utilizzarono, sempre a Creta, come interprete fino all’ottobre del 1944, quando fu condotto a Verona.
Nel giugno 1945 fu di nuovo arrestato a Firenze per avere firmato nel 1938 il Manifesto degli scienziati razzisti e avere favorito negli anni la politica razziale e antiebraica del regime fascista. Condotto a Milano nel carcere di San Vittore, fu liberato dopo 7 mesi. Nel 1949 ricevette, da parte del governo indiano, un invito a partecipare a una spedizione di esplorazione delle isole Andamane presso cui restò sino al 1954, ritornando di tanto in tanto in Europa per partecipare a congressi scientifici internazionali: in qualità di scienziato autorevole si recò in Inghilterra, in Polonia, in Svizzera, in Francia e in Cecoslovacchia, dove gli venne assegnata un'onorificenza per i suoi meriti scientifici. Morì a Firenze l'8 Ottobre 1962.
Note
modifica- ^ Le informazioni biografiche sono tratte soprattutto dalla voce Cipriani Lidio dell'edizione on-line del Dizionario biografico degli Italiani, a cura dell'Istituto dell'Enciclopedia italiana. Si veda http://www.treccani.it/enciclopedia/lidio-cipriani_%28Dizionario-Biografico%29/
- ^ Jacopo Moggi Cecchi, La vita e l'opera scientifica di Lidio Cipriani, su AFT Rivista di Storia e Fotografia, vol. 11, p. 12.
- ^ Cinzia Scaggion e Nicola Carrara, La collezione dei calchi facciali "Lidio Cipriani" del Museo di Antropologia di Padoova: dal restauro alla valorizzazione (PDF), su Museologia scientifica, vol. 9, pp. 77-82.
- ^ Il termine viene usato in modo ricorrente da Cipriani per identificare gli individui di colore.
- ^ Riccardo Bonavita, Gianluca Gabrielli e Rossella Ropa (a cura di), L'offesa della razza. Razzismo e antisemitismo dell'Italia fascista, Bologna, Patron Editore, 2005, pp. 94-97.
- ^ Lidio Cipriani, Considerazioni sopra il passato e l’avvenire delle popolazioni africane, Firenze, Bemporad, 1932.
- ^ A questo proposito scrive Lidio Cipriani (si veda L. Cipriani, op. cit., pp. 139-140): Generalmente il Negro impressiona per il suo contegno da fanciullone incorreggibile, per la sua disposizione ad una allegria infantile e ai passatempi ingenui a cui nessun Bianco normale si darebbe. Sfugge quanto più può dall’applicare, alla maniera nostra, le sue facoltà mentali ed il suo agire è assai poco per ragionamento e molto per imitazione, specialmente quando trasportato a vivere nel seno della civiltà [...] Il Negro [preferisce] abbandonarsi ogni giorno, senza preoccupazioni di sorta, ai suoi piaceri prediletti, quali il cicaleggiare per ore e ore su argomenti insulsi ripetuti all’infinito, il saltare, il far rumore e talora il litigare o il sollazzarsi con le sue donne. Tutto il resto, per qualsiasi di loro, vale assai meno.
- ^ Per una ricostruzione completa del razzismo di Cipriani nei confronti della popolazioni africane, si veda Francesco Cassata, «La Difesa della razza». Politica, ideologia e immagine del razzismo fascista, Torino, Einaudi, 2008. In particolare il capitolo Il razzismo antinero: l'egemonia di Lidio Cipriani, pp.226-245.
- ^ A questo proposito, si veda L’antropologia promotrice della coscienza razziale nell’Italia degli anni Trenta, in Museo virtuale delle intolleranze e degli stermini e Riccardo Bonavita, Gianluca Gabrielli e Rossella Ropa (a cura di), op. cit. pp. 94-97.
- ^ Scrive Cipriani in Memorandum di L. Cipriani al ministero della Cultura Popolare, 15 luglio 1938, citato in F. Cassata, op. cit., p. 206: Non si può mettere in dubbio l’esistenza di vari tipi etnici in Italia. Alcuni di essi sono da considerarsi dotati bene, altri meno bene, dal punto di vista delle attitudini mentali. Interesse nazionale sarebbe naturalmente quello di favorire la diffusione dei tipi meglio dotati in tal senso. Frattanto è certo che l’Italia, al pari di altre regioni europee – la Grecia ad esempio – ha soggiaciuto attraverso i tempi ad un processo, si può dire, di imbrunimento dei propri tipi razziali. In altri termini è da ammettersi che i biondi siano stati più numerosi nel passato. A meno di provvidenze, in ogni caso però molto difficili a prendersi, il numero dei biondi sembra destinato a diminuire ancora nelle generazioni future. Motivi antropologici inducono a ritenere chela Grecia non potrà più assurgere all’antico splendore appunto per l’imbrunimento eccessivamente protrattosi della popolazione. Nei limiti del possibilesarebbe da ostacolare, o meglio ancora da allontanare, una tale sorte all’Italia.
- ^ Per una ricostruzione completa delle posizioni eugenetiche di Cipriani, si veda Francesco Cassata, op. cit.. In particolare il capitolo Nature o Nurture?: «La Difesa della razza» e l’eugenica, pp.205-207.
- ^ Si veda Francesco Cassata, op. cit.. In particolare il paragrafo Il cammino del razzismo biologico, pp.21-55.
- ^ Si veda Francesco Cassata, op. cit.. In particolare il paragrafo L’offensiva nazional-razzista, pp.60-65.
- ^ Si veda Riccardo Bonavita, Gianluca Gabrielli e Rossella Ropa (a cura di), op. cit., pp. 102-103
- ^ Così scriveva Cipriani recensendo il manuale di eugenetica noto come Baur-Fischer-Lenz e parlando degli ebrei (citato in F. Cassata, op. cit., p. 64): Noi li giudichiamo quali Mediterranei in mezzo agli altri, con una religione dello stesso ceppo della cristiana e muniti di innegabili doti di astrazione che completano la tempra latina, eminentemente d’azione, onde non si pensa a sopraffazioni, bensì a proficua e sincera solidarietà. Esula quindi dal pensiero latino ogni desiderio di aprire una questione semitica o suscitare quella diffidenza reciproca, caratteristica di altre latitudini.
Bibliografia
modifica- Alciati G., Capitanio M. e Tommaseo Ponzetta M., Il Museo di Antropologia ed Etnografia, in Gregolin Dosson C. (a cura di), Università di Padova - i musei, le collezioni scientifiche e le sezioni antiche delle biblioteche, Treviso, Grafiche Zoppelli, 1996, pp. 89-99.
- Bonavita R., Gabrielli G. e Ropa R. (a cura di), L'offesa della razza. Razzismo e antisemitismo dell'Italia fascista, Bologna, Patron Editore, 2005, pp. 94-107
- Cassata F., "La difesa della razza". Politica, ideologia e immagine del razzismo fascista, Torino, Einaudi, 2008.
- Chiarelli B., Chiarelli C. e Chiozzi P., Etnie. La scuola antropologica fiorentina e la fotografia fra Otto e Novecento, Firenze, Alinari, 1996.
- Chiozzi P., Autoritratto del razzismo: le fotografie antropologiche di Lidio Cipriani, in Centro Furio Jesi (a cura di), La menzogna della razza. Documenti e immagini del razzismo e dell'antisemitismo fascista, Bologna, Grafis, 1994, pp. 91-94.
- Labanca N., L'Africa in vetrina. Storie di musei e di esposizioni coloniali in Italia, Paese (TV), Pagus edizioni, 1992.
- Maiocchi R., Scienza italiana e razzismo fascista, Firenze, La Nuova Italia, 1999.
- Moggi-Cecchi J., Il Museo di Storia Naturale dell'Università degli studi di Firenze, Firenze, University Press, 2014.
- Puccini S., Elio Modigliani. Esplorare, osservare, raccogliere nell'esperienza di un etnografo dell'Ottocento, collana La Ricerca Folklorica, vol. 18, 1988, pp. 25-40.
- Tacchetto E., Lidio Cipriani: l'antropologo al servizio del Fascismo, in Luca Bezzi, Nicola Carrara e Marcello Nebl (a cura di), Imago Animi, volti dal passato, Cles, Comune di Cles, 2018, pp. 25-27, ISBN 978-88-9776055-9.
- Volpone A. e Destro Bisol G., Se vi son donne di genio. Appunti di viaggio nell'Antropologia dall'Unità d'Italia a oggi., Roma, Casa Editrice Università La Sapienza, 2011.
Voci correlate
modificaCollegamenti esterni
modifica- Dizionario Biografico Treccani
- Moggi-Cecchi J., La vita e l'opera scientifica di Lidio Cipriani, collana AFT. Rivista di Storia e Fotografia, vol. 11, 1990, pp. 11-18.
- Scaggion C. e Carrara N., La collezione dei calchi facciali "Lidio Cipriani" del Museo di Antropologia dell'Università di Padova: dal restauro alla valorizzazione (PDF), collana Museologia scientifica, vol. 9, 2015, pp. 77-82.
- L’antropologia promotrice della coscienza razziale nell’Italia degli anni Trenta, in Museo virtuale delle intolleranze e degli stermini