Utente:Pilo60/Sandbox
Leonardo Margiacchi pittore
modificaPresentazione:
Avrei potuto farmi presentare da qualcuno. come è avvenuto altre volte,così avrei letto molte lodi per tanti meriti (non può il presentatore, infatti, tradire il suo compito); invece, presupposti i meriti, questa volta faccio come a teatro, prima dello spettacolo.
Mi presento davanti al sipario e annuncio: "Signore i signori, vedrete case che non sono case, spaventapasseri che non sono spaventapasseri, processioni che non sono processioni, ed altri soggetti ancora. Qualcuno troverà serio, molto serio, il linguaggio, e non si divertirà, qualora si fosse aspettato bucolici riposi. Vedrete insomma l'antica storia dell'uomo ed anche la nostra (siamo tutti rassomiglianti, in fondo) con quel che percepiamo quando si diventa saggi".
E subito dopo mi ritiro dietro al sipario e lo spettacolo inizia. Intanto vado a sedermi tra il pubblico, nell'ultima fila.
Leonardo Margiacchi
Biografia:
Leonardo Margiacchi è nato a Figline Valdarno in provincia di Firenze il 30 ottobre 1929. Figlio di contadini, dopo le scuole medie entrò in seminario a Fiesole. Si laureò in diritto ecclesiastico a Roma. Divenuto prete, dal 1957 fino alla fine dei suoi giorni fu parroco di Santa Margherita a Saletta, una piccola chiesa di antichissima origine immersa nella verde campagna fiesolana sopra alle Caldine.
L'anno dopo cominciò ad insegnare al Seminario a Fiesole, fino al 1970 quando diventò giudice presso il Tribunale Ecclesiastico Toscano con sede a Firenze.
Sin dai tempi in cui frequentava il seminario, Leonardo Margiacchi aveva iniziato a dipingere e a disegnare esercitandosi con passione da autodidatta. i primi soggetti furono le figure umane, poi i volti, spesso di amici e conoscenti e i paesaggi dove è soggetto ricorrente la natura circostante a Saletta.
Nel 1964 mostrò per la prima volta al pubblico le sue opere presso la sede dell'ACLI di Fiesole. Fu questo il timido inizio di una fortunata serie di appuntamenti pubblici, la maggior parte in alcune delle più rinomate gallerie del centro di Firenze. A Saletta Margiacchi ospitava di frequente gli amici con i quali confrontava vivacemente le sue idee e le sue impressioni, mostrando le sue ultime opere o parlando dei suoi ultimi viaggi.
Nella chiesina di Santa Margherita, così semplice ed essenziale come la sua pittura, Leonardo Margiacchi dipinse nella contro facciata e lungo le pareti laterali alcune scene bibliche e allegoriche, oggi andate irrimediabilmente distrutte, rappresentanti la Storia dell' Umanità e dense di significato teologico e morale: a sinistra della porta di uscita la parte positiva della storia, con "Abramo che lascia gli idoli", "Mosè che prega al roveto ardente", "Il profeta che sceglie il piccolo David", "Il profeta che da speranza la popolo in prigionia", a destra la parte negativa, con "Caino e Abele", "L'uomo che adora il denaro", "Utopicum Regnum"; sopra la porta al centro un "Volto Umano" che si affaccia impaurito e titubante osservando le scene dipinte, è l'umanità che si interroga.
Dal 1978 tenne, sul sagrato della chiesa, una mostra ogni anno.
Esercitandosi nella pittura e nella grafica da autodidatta, Leonardo Margiacchi coltivò le sue conoscenze dell'arte moderna e contemporanea in maniera tutt'altro che accademica, mostrando presto con chiarezza le sue predilezioni suggerite dalla sua poetica: studi di Goya, Constable, Renoir, Bonnard, Soutine, Roualt, ricorrono nei suoi taccuini, riflessioni su De Chirico e "Valori Plastici" e su Munch e il primo espressionismo, sulle conseguenze del post impressionismo secondo le direttrici di Van Gogh, da una parte, e di Cezanne, dall'altra, le perplessità verso il surrealismo (di cui ammirava però la forza evocatrice) e l'ultimo espressionismo (alla Otto Dix o alla Carl Grossberg). Gioiello della sua casa era una "Natura morta" di Pregno.
Negli anni Settanta fece numerosi viaggi, di cui compare costante riflesso nelle sue opere mature. Andò in Inghilterra, in Germania, in Tunisia, e in Turchia ai primi del 1973, in Terra Santa, in Brasile, dove fu presso un amico missionario. In questi viaggi era di solito solo, libero di andare e tornare nei luoghi che maggiormante avevano attratto la sua attenzione, schizzando sui taccuini: volti, personaggi esotici, paesaggi, opere d'arte.
Le tecniche adottate da Margiacchi furono l'olio, la tempera, il guazzo, la tecnica mista, la china, la seppia, l'acquaforte.
Morì a saletta il 13 gennaio 1983.
Le sue opere furono presentate alle seguenti mostre:
5 novembre 1970. Galleria Gai, via Tornabuoni, Firenze
2 marzo 1972. Galleria 14, via de' Servi, Firenze
Marzo 1973. Galleria 14, via de' Servi, Firenze
15 novembre 1973. Galleria Simonetta, Bergamo
4 marzo 1974. Galleria Guelfa, via Guelfa, Firenze
23 aprile 1975. Galleria La Pigna, Roma
Maggio 1976. Amburgo
9-22 ottobre 1978. Galleria Teorema, Firenze
Sin dall'inizio accompagnò le sue esposizioni con i suoi scritti, stralci di pensieri, poesie, introduzioni. Le sue riflessioni sull'arte sono confluite nel libro "Un credo su l'arte" che Leonardo Margiacchi pubblicò nel 1973.
Le opere:
"Creatura strana
ripiena di paglia,
quasi ombra vivente e solitaria
parli col vento, col sole e con le stelle,
di tra le piante
che ti fissan mute.
Intorno a te
si ergon le case
testimoni
sui giorni andati
e da venire.
Lontane le montagne
solenni
contemplano
il tuo destino arcano."
Con questi versi Leonardo Margiacchi apre il piccolo catalogo della mostra di acqueforti e disegni del 1976 in cui fecero da protagonisti gli "Spaventapasseri", quella sorta di manichini in semplici abiti contadini, con un cappellaccio su un volto che non c'è, che popolarono le immagini del Margiacchi a partire dal 1974. Si datano infatti dagli anni Settanta le migliori opere del pittore di Saletta, dipinti, acqueforti, acquetinte.
Lo "Spaventapasseri" è l'uomo senza faccia, di ieri di oggi di sempre, l'uomo che cerca se stesso, che si interroga nella notte, mentre percorre lande desolate, attraverso picchi senza alberi e case senza tempo. "Ho inteso mostrare la figura umana (l'amo e la temo nello stesso tempo, caverna meravigliosa dal fondo sconosciuto e perciò enigmatico), e la casa, le mie case "animate", "umanizzate", consociate al destino dell'essere vivente che hanno dentro. (1974)
Si sente il rumore del silenzio osservando quelle scene dall'atmosfera quasi surreale. Ma non si tratta del silenzio della morte, bensì di quello della vita, della vita interiore dell'anima e della mente che in un anelito insaziabile supera il contingente e si volge alla ricerca di ciò che c'è al di là delle montagne, al di là degli oceani. Quel manichino di paglia cerca incessantemente, come l'assetato l'acqua, le risposte a quelle domande che da sempre danno un senso all'esistenza.
Lo "Spaventapasseri" era una sorta di amico, un interlocutore fedele, per Leonardo Margiacchi che sembra non stancarsi mai del suo dialogo con l'uomo e con la vita: " "Se la conversazione si fa più intima, allora arriviamo spesso a notte fonda, e il suggerimento di un certo Socrate 'conosci te stesso' ci porta sempre a concludere. 'ancora non ci siamo' e si rimanda il proseguo al giorno dopo. Chissà quanto ci vorrà ancora per non avere più nulla da raccontarci".
La pittura di Margiacchi comunica lungo i canali interiori dei sentimenti, dei pensieri, là dove l'uomo è più ricco, là dove tocca l'eternità e si riscatta dal male e dalle sue debolezze. E' un'arte calda, sentita, immediata, alla quale ci si può avvicinare con l'anima ma soprattutto con la mente. E' un'arte meditata minuto per minuto, nelle letture, nei viaggi, nelle osservazioni casuali dei volti della gente, dei paesaggi e dei luoghi esotici, nelle conversazioni con gli amici.
E' infine una arte forte, talvolta quasi provocatoria, nella sua ricerca di essenzialità che è l'essenzialità dello spirito.
L'uomo che vediamo avviarsi faticosamente per il viale alberato con un sacco sulle spalle, i fantocci che si aggirano sperduti fra le gigantesche case deformate- forse dal pianto o dal tempo o dal ricordo-, i due che si abbracciano come se ritrovassero una antica amicizia che credevano perduta o un aiuto che credevano chiesto invano, lo spaventapasseri caduto sotto la canicola estiva "senza alcun rumore" perché di paglia, quello solitario davanti a un imperscrutabile tribunale, e infine gli spaventapasseri che a gruppi di tre si riuniscono all'imbrunire malinconicamente ripiegati su se stessi, sono le tappe del percorso della vita, difficile ma intensa, in cui riaffiora sempre una luce di speranza: "Credevo di essere solo / lungo la strada / delle mie speranze: / mi vengon dietro / invece / a folle intere". Non è solo Leonardo Margiacchi nella sua ansiosa ricerca di verità è come quello spaventapasseri a capo di una lunga fila, composta da altri suoi simili che silenziosamente si muovono fra le montagne di un paesaggio desertico.
E' il cammino della stirpe umana che nell'ansia di verità si dibatte tra il bene e il male, tra il sogno e la realtà, fra l'esteriore e l'interiore, come negli affreschi della Chiesa di Saletta. Quel cammino è segnato dal desiderio di cogliere e di conoscere l'universale, un desiderio intenso che diventa passione e al tempo stesso sforzo intellettuale ("l'arte è essenzialmente oggetto dell'intelligenza"), quali si leggono negli sguardi profondi degli autoritratti dell'artista.
Ecco in quest'ottica si comprendono gli interessi artistici di Leonardo Margiacchi, prima fra tutti "Valori Plastici" e De Chirico, i cui manichini vivono "in uno scenario che non è reale, ma magico, carico di emozioni sconcertanti". Si comprende anche la sua predilezione per Van Gogh a discapito di Cezanne, le due fondamentali alternative dopo l'impressionismo: il primo che apriva le porte all'emozione, "al ruggito interno dell'artista", il secondo, aprendo la strada al cubismo e a Picasso, proponeva, pur nell'eccezionale abilità tecnica, semplicistici schemi raziocinanti in cui rinchiudere "l'ansia di sublimazione" dell'uomo. Così se Matisse è un poeta armonioso e 'ornamentalista', Roualt (quanto del suo spiritualismo c'è in Margiacchi) è un inquieto scopritore della vita esistenziale. E in Munch, al quale rimandano quei volti contadini, deformati e resi come caricature, con gli occhi stralunati e quasi spaventati, Margiacchi ammirò il suo fare "profetico", la sua capacità di scendere nelle pieghe più riposte dell'animo umano rappresentando le sue angosce e le sue lacerazioni interiori.
Leonardo Margiacchi si propone, oggi più che mai, con la sua cocente attualità di forme, di colori e di poetica e soprattutto con la positività della sua arte: "L'arte paragonala pure a un seme che il seminatore tira fuori dal sacco, e lo si scopre uguale al seme che l'umanità conserva ne' suoi granai misteriosi in attesa che una mano esperta lo faccia germogliare e crescere".
a cura di Elena Capretti maggio 1993
L'OPERA
Ripercorriamo oggi insieme a Leonardo Margiacchi, che vive attraverso le sue opere, il drammatico cammino dell'uomo contemporaneo.
immagini antropomorfiche nate da un pennello pieno di colore-dolore, senza retorica, scabre e vuote di essenza umana, ci inducono a meditare su valori più veri e su speranze future.
Con tecnica espressionistica, lontana da ambigue compiacenze del segno, Leonardo ci propone con insistente simbolismo l'uomo e il suo nulla, ovvero quell'essere "nessuno"; l'errare di vuoti involucri, l'apparire di case e paesi fatiscenti dove il vuoto delle ambizioni è chiaramente espresso e dove con la magia del colore è indicata una speranza.
Non certo da critico(i critici hanno già scritto di lui) ma da pittore amico, ricordo i giorni dei nostri, per la verità non frequenti, incontri quando a me esitante davanti al suo coraggio di testimoniare e denunciare, con un cromatismo che mi ricordava la forte e inattesa pennellata si Soutine, la triste condizione dell'uomo, egli rispondeva con appena un segno di ironia che aleggiava a volte nel suo sguardo, che l'essere pittore ed esserlo senza ambiguità era per lui un atto di testimonianza e di fede verso l'uomo che svuotato delle sue ambizioni è pur sempre destinato a raggiungere la verità.
L'insistere soprattutto su due soggetti e nel variare dei mezzi (pittura, pastelli, incisione) era per lui non un'esigenza formale ma un'istanza dello spirito a superare in chiave poetica la realtà del vivere quotidiano.
La gioia del colore forte e vibrato è altresì evidente nelle sue nature morte e nei suoi ritratti segnati a volte da crudezze espressive.
Leonardo, con il suo segno e colore ci indica comunque la sua speranza per il riscatto dell'uomo.
Antonio Porto
I suoi paesaggi o, meglio le vedute raggruppate di casolari (veri e propri volti di un mondo senza confini di segno e di oggetti) raggiungono toni di buona emozione e di suadente pagina pittorica
Umberto Baldini
La pittura di Leonardo Margiacchi non è fatta per saziare l'occhio, ma per scendere dentro l'anima e agitarla con forti emozioni. Infatti la sua pittura non si preoccupa dell'aspetto formale della cosa sensibile, ma vuol essere la prioezione ci ciò che l'uomo avverte, soprattutto nella società moderna, in cui l'individuo perde il suo "io" personale. Ecco allora il conflitto drammatico tra la relegazione nell'anonimato e il bisogno struggente di sublimazione intravista e inseguiota al di fuori e al di sopra di lui. Nasce così il problema della ricerca di un qualcosa che soddisfi quest'uomo, che lo faccia sentire veramente uomo: essere che nasce , cresce e muore, con la voglia di non morire; individuo che pensa, ragiona e conosce, con la voglia di conoscere oltre i confini delle stelle.
Ugualmente il soggetto "paesaggio", e quasi sempre consiste in agglomerati di case, è trattato con lo stesso linguaggio espressionistico, che più si confà per svolgere la sua tematica. La sorte cui sottostà l'uomo, tocca pure a chi ospita l'uomo, la casa, che si amima, si dibatte, si contorce tra le braccia stritolanti del tempo, come essere vivente, nello sforzo di sopravvivere agli elementi mortificanti, a somiglianza di quel che avviene nel'uomo stesso.
Questa è la tematica di fondo, se non erro, svolta da Margiacchi, e sinceramente non sfigura nella sua persona di sacerdote pittore.
Anche nella serie di auto ritratti che presenta nella mostra, e ne ho visti altri nella sua abitazione, mi pare di coglierci non l'ambizione di somatici estetismi, ma lo studio dell'animo, comune a ogni essere umano, preso tra l'attimi fuggente, elemento conturbante, e l'ansia di una insopprimibile sublimazione, mai raggiunta appieno.
Nella rassegna di quadri presentati al pubblico c'è da veder, inoltre l'esperienza di un suo viaggio fatto in Inghilterra. Anche in questi dipinti il colore ruba i contorni formali e il soggetto diventa espressione del solito linguaggio.
Le cattedrali, da soffermarsi su quella di Salisbury, sono mani più o meno tese di una implorazione e di una esplorazione e i "pubs" (spero che ne presenti più di uno) si fanno simbolo della comunità e della solitudine in cui si trova l'uomo.
Per la prima volta Margiacchi presenta chine e pastelli acquerellati: paiono bozzetti preparatori de' suoi oli. C'è lo stesso piglio violento di tratto, anche se il colore, ovviamente, è più riposante.
Mi auguro che l'artista prosegua con tenacia su suo cammino, sicuro che non gli mancheranno ancora lusinghieri riconoscimenti.
Prof. Lucio Donati
Recensioni sulla stampa
"...Leonardo Margiacchi...ci dà testimonianza di letture calorose ed estremamente drammatiche della realtà..."
Umberto Baldini (La Nazione, 5-11-1970)
" Margiacchi ha una tematica interessante; "umanizza" le case de' suoi paesaggi muovendone le strutture sì che ciascuna costruzione diventa personaggio o comunque rivela l'umanità dei personaggi che ospita..."
Aurelio Ragionieri (La Nazione 4-03-1974)
"...Qualcosa che senti dentro, che capisci cos'è ma che difficilmente riesci ad esprimere con le parole, ma che lui - Leonardo Margiacchi, fiorentino - sa rendere con poche pennellate intrise di colori ferrigni. Opere stimolanti, che fanno pensare e invitano al discorso, alla provocazione, persino".
Mario Pandolfo (Il Messaggero, 26-04-1975)
"Ciò che si apprezza in questo "ciclo" pittorico è, infine, l'assenza di qualsiasi scopo illustrativo, giacché si tratta, invece, del risultato d'un autentico colloquio del pittore con se stesso.
Valerio Mariani (RAI 9-5-1975 per la rubrica "Sette Arti")
"Ci sentiamo quindi solidali con questa umanità fatta di stracci e ci uniamo volentieri alla processione che il pittore ci fa compiere ad essa lungo la strada".
Bruno Morini (Il Giornale d'Italia, 8-5-1975)
..."Leonardo Margiacchi che tenta d'incarnare la sua ansia religiosa sul destino dell'uomo mercé figurazioni di spauracchi e processioni in linguaggio espressionistico di vibrante drammaticità".
Marcello Camillucci (Studi Romani, Roma, Aprile-Giugno 1975)
"Sulla simbologia di Margiacchi si potrebbe scrivere un volume..."
Bruno Calzolari (La Gazzetta di Ferrara e di Modena, 3-5-1975)
"Considerato il recente tributo di Malraux a Michelangelo, creatore dell'uomo "eroe", un concetto purtroppo fuori moda ai nostri tempi, questo artista riassume la nostra degradazione dall'ideale eroico, rappresentandola sotto le forme dell'odierno "uomo spaventapasseri" (scarecrow man)... Anche là dove usa materiali e tecniche semplici, gli effetti ottenuti sono particolarmente efficaci, ricordano i mezzi usati da Daumier per esprimere miseria e degradazione".
John Hart (traduzione dal Daily American, Roma, 11-5-1975)
"Ogni quadro, ogni tecnica di questo ispirato artista della seconda metà del nostro convulso XX se colo è una indubbia conferma di uno stile radicato nella parte più intima dell'uomo, nella sua essenza più profonda.
Maria Elena Katafodis (traduzione da Ta Nea, Atene 25-5-1975)
"Egli cerca di penetrare nell'intimo dell'animo umano e le sue figure emblematiche fanno riflettere e pensare alle aspirazioni dell'anima così come le sue fantastiche processioni ci fanno ricordare che l'uomo viaggia sempre dietro i suoi desideri"
Rita Cocco (Arte Cristiana, Milano, Giugno-Luglio 1975)
"...case-mostri, uomini-manichini e deve ai freddi toni da visione tragica e desolata la sua parte più bella insieme ai piccoli disegni (inchiostri acquerellati)"
G.P. (Paese Sera, 25-11-1975)
"L'interesse principale del pittore Margiacchi è diretto sempre verso l'uomo, anche quando tratta il soggetto "spaventapasseri" (Die Vogelscheuchen).
Alexander Kluges Lernprozess (traduzione da Deutsche Tagespost, 12-5-1976)