Utente:Scipione3/Via Poerio e Riviera XX Settembre
Mestre, antichissima città (3000 e forse più anni) che fu addirittura nominata "una piccola Versailles" (Francesco Zorzi Muazzo [1] e Carlo Goldoni [2] ),
Mestre città di piazze di terra e d'acqua, città di Ville, di fiumi, di rii e riviere, città di grandi viali, villette, giardini e corti,
Mestre "piccola Versailles" rimasta tale fino al primo dopoguerra quando, amministrata (malamente ed in modo indegno) dal vicino predatore Comune di Venezia (al quale fu assoggettata tramite "doppio inganno e tradimento" nel 1917 e 1926 ),
città di Mestre con un'Amministrazione veneziana che permise (se non favorì) lo scempio storico, architettonico, urbanistico, culturale, identitario perpetrato alla città di Mestre, fenomeno purtroppo (e tristemente) conosciuto come il "Sacco di Mestre" che portò alla distruzione della maggior parte della Mestre Storica, sostituita da "casermoni delle periferie" (ed altre nefandezze connesse) ancor peggio di come mostrato nel famosissimo film di Rosi, "Le mani sulla città".
In questo paragrafo, parliamo di un'area che fu persino teatro dei moti risorgimentali (la Strada e tutto l'intorno poi dedicato agli eroi di tale periodo, per il quale la città di Mestre ricevette nel 1898 la XI^ Medaglia d'oro al Valor Risorgimentale), fino ai giorni nostri.
La via Alessandro Poerio ed i moti risorgimentali
modificaDa wikipedia, L'Ottocento e i moti patriottici:
" Nel 1798 il borgo passò assieme al resto degli ex-territori veneziani all'Impero d'Austria, salvo subire una nuova occupazione francese nel 1805 a seguito del trattato di Presburgo, venendo inglobata nel neonato Regno d'Italia. Mestre, secondo il modello francese, nel 1806 divenne una "Comune" nell'ambito del Dipartimento del Tagliamento (l'attuale provincia di Treviso), dotata di un consiglio di 40 membri e di un Podestà nominato dal governo centrale. Nel 1808 passò al Dipartimento dell'Adriatico (l'attuale provincia di Venezia) e nel 1810 assorbì i comuni di Carpenedo, Trevignan e Favero.
Alla caduta di Napoleone, nel 1814 Mestre tornò sotto il dominio austriaco del Regno Lombardo-Veneto.
Nel 1842 venne aperta la Ferrovia Milano-Venezia che, passando a sud dell'abitato, ne spostò il baricentro, con lo sviluppo delle vie Cappuccina e Piave.
Il 22 marzo 1848, sulla scia dei moti patriottici risorgimentali, mentre a Venezia gli insorti guidati da Daniele Manin cacciavano gli Austriaci e proclamavano la Repubblica di San Marco, a Mestre la Guardia Civica, costituita fin dal giorno 18, prendeva il controllo della città. Rinforzata da soldati, finanzieri e volontari, otteneva la resa di Forte Marghera e lo difendeva contro gli austriaci che tentavano di rioccuparlo.
Mentre gli Austriaci, incalzati in tutto il Lombardo-Veneto si rinchiudevano tra le fortezze del Quadrilatero, Mestre divenne crocevia di passaggio per i molti volontari che affluivano da ogni parte d'Italia. Vittoriose però contro le truppe piemontesi e volte alla riconquista dell'intero Lombardo-Veneto, il 18 giugno le truppe austriache fecero nuovamente ingresso a Mestre, rioccupandola ed usandola come testa di ponte per l'assedio di Venezia. Nonostante l'ardita Sortita di Forte Marghera del 27 ottobre che liberò di Mestre solo per poche ore, il 26 maggio 1849 il Forte fu riconquistato dagli Austriaci, ed alla capitolazione del forte seguì il 22 agosto la resa della stessa Venezia.
Nel 1866 Mestre vide l'assedio di Forte Marghera da parte delle truppe italiane (giunte in città il 15 luglio) e fu annessa assieme al resto del Veneto al Regno d'Italia. Il 6 marzo 1867 giunse a Mestre anche Giuseppe Garibaldi, arringando la folla da un balcone di Piazza Maggiore, evento poi commemorato da una lapide.
Nel 1876 venne demolita dai privati che la possedevano la vecchia Torre Belfredo, una delle ultime vestigia dell'antico castello. Attualmente, resta traccia della pianta della torre, nella pavimentazione dell'omonima via, attigua ai "Giardini delle Mura" ove son visibili i resti (oltre che di un lungo tratto murario) di uno dei torricini minori del castello.
A ricordo degli avvenimenti del 1848, il 4 aprile 1886 venne inaugurata in Piazza Barche una colonna commemorativa dei caduti nella resistenza del 1848-1849, mentre il 13 novembre 1898 veniva concessa alla città la medaglia d'oro al valor militare.
Tale motivo di orgoglio cittadino è sopravvissuto nel tempo, e negli anni 2000 la "sortita di Mestre" è stata più volte rievocata in varie occasioni celebrative. "
Ecco la motivazione della XI^ Medaglia d'oro al Valor Risorgimentale ricevuta dalla città di Mestre: nel 1898, la medaglia d'oro fu istituita dal Re Umberto I° come distintivo d'onore alle città "... in ricompensa del valore dimostrato dalla cittadinanza alla presa del forte di Marghera la notte del 22 marzo 1848 e nella sortita di Marghera del 27 ottobre successivo ..." .
Ma, nella "piccola Versailles", nessuno sapeva cosa fossero "le mani sulla città", e nessuno era in grado di immaginare o contrastare quel che sarebbe successo dal dopoguerra ai giorni nostri (il "sacco e devastazione di Mestre").
La prima "avvisaglia" avvenne nel 1935, proprio quando "il più recente e sentito simbolo dell'onore" della città, fu beatamente donato dal Podestà di Venezia "alla Patria" (città di Venezia che tale onore, comunque, non aveva ...).
Infatti il "signor" Mario Alverà, ai fini di donare "oro alla Patria" per la famosissima campagna Mussoliniana, decise di donare alcune medaglie appartenenti all'ex Comune di Mestre, considerato e rappresentato nemmeno come "frazione amministrativa", al suo veder "insignificante" (rispetto al blasone ed autoblasone della Repubblica Veneziana del Comune di Venezia che questi amministrava), tenendo però ben strette tutte le medaglie e valori veneziani.
Della medaglia mestrina fu fatto un calco e poi una "cattiva copia", forse in ottone, che (dopo lunghe "battaglie di alcuni") tornò ad essere appesa al gonfalone della città. Gonfalone della città che a sua volta era scomparso per un lunghissimo periodo (dal dopoguerra agli anni '80) e fu poi rifatto e donato da alcuni cittadini, all'amministrazione.
Nel 2011-12 tale medaglia fu inviata al "restauro" (aveva "l'appiccicagnolo" fessurato), onde poi poter essere riappesa al Gonfalone della città.
Il lunedi 22 aprile 2013 alle 18,00 prima della seduta del Consiglio Comunale, nel Municipio di Mestre,
tramite cerimonia informale (partecipazione della sola "legione d'onore" della Polizia Municipale)
il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni riappendeva al Gonfalone di Mestre la medaglia restaurata.
Gianni Ferruzzi (del Centro Studi Storici di Mestre) e Stefano Zabeo (dell'associazione Valdemare) ricordavano con i loro discorsi i presentazione, il risorgimento mestrino ed i motivi della medaglia.
E, tornando al 1935 ...
Già il poter mettere tranquillamente mano sui simboli, dell'onore (altrui), per i valori monetari immediati, è particolarmente significativo di "un modo di fare e sentire" verso la città di Mestre. E nessuna delle altre 26 città premiate con tale medaglia, la donò alla Patria.
Quella di Mestre, fu donata da altri (amministratori veneziani), in nome di Mestre, e senza nemmeno "chiederlo a nessuno".
Era "scontato" (nella mente degli autori) che ciò si potesse fare (come pure quello che avvenne poi a Mestre).
I moti risorgimentali nel dettaglio
modifica1848-49: la Repubblica di Daniele Manin e la Sortita, dal Forte Marghera.
Dal 1814 Mestre e la Repubblica Veneziana erano caduti sotto il dominio austriaco.
Al 1848 erano stati 34 anni di dominio repressivo ed esoso, che aveva ancor più indebolito e depresso l'economia. Praticamente tutte le classi sociali aspettavano un pretesto per manifestare il loro malcontento.
Il 12 gennaio del 1848 a Palermo scoccò la scintilla della rivolta contro tutti i governi della Restaurazione. La rivolta "I portenti" di Palermo si diffuse poi a Napoli, Parigi, Vienna, Milano, e poi Venezia dove Daniele Manin il 22 marzo proclamò la Repubblica di San Marco dopo aver cacciato gli austriaci.
Molti patrioti mestrini, tra i quali si distinse il farmacista Luigi Reali, ebbero la meglio (disarmandola) sulla poco consistente Guardia Reale Austriaca, anche perchè molti di loro erano italiani che ben presto solidarizzarono con gli insorti.
Fu quindi istituita una guardia civica, e gli insorti marciarono contro il Forte Marghera onde conquistralo. L'operazione fu facilitata dalla preziosa informazione ricevuta dai contrabbandieri, dell'esistenza di un passaggio segreto. Infatti i rivoltosi riuscirono ad entrare ed impadronirsi del Forte.
Nel regno Lombardo-Veneto Mestre divenne così un crocevia per tutti i patrioti che accorrevano da ogni parte d'Italia, nel tentativo di liberazione dagli austriaci, che erano asseragliati nel "quadrilatero".
Moltissimi furono i giovani accorsi a Mestre da ogni parte, la maggioranza erano idealisti, purtroppo talvolta tra loro anche qualche avventuriero.
Tra i molti si distinse una Brigata napoletana, capeggiata dal generale Guglielmo Pepe, alla quale si unirono i più valorosi tra i volontari.
La toponomastica di Mestre ricorda i loro nomi nelle strade del centro cittadino: (Riviera) Guglielmo Pepe, vie Alessandro Poerio, Antonio Olivi, Cesare Rossarol, Enrico Cosenz, Girolamo Ulloa, nonchè le piazze XXVII ottobre (già Piazza Barche) e XXII Marzo. Agli eroi risorgimentali, negli anni '30 del '900 furono dedicati anche alcuni dei nuovi forti costruiti attorno a Mestre: Cosenz e Rossarol.
Anche a Daniele Manin è dedicata la storica via (dalla chiesa della Salute alla Piazzetta delle Erbe) dove nella casa d'angolo nel 1831 questi soggiornò e svolse la propria attività di avvocato, in Mestre. Una lapide commemorativa sulla casa di residenza, ricorda le gesta di Daniele ed il forzoso esilio a cui fu costretto poi, dagli austriaci.
Mestre fu il crocevia d'arrivo dei patrioti dai luoghi più lontani, dalla Polonia dopo aver combattuto nelle rivolte domate della loro patria, vennero a Mestre per combattere per la libertà italiana anche i sergenti polacchi Costantino Miskiewicz e Isidoro Dembowski che poi morirono anch'essi sul Ponte della Campana: una lapide posta sull'edificio di fronte alla chiesa dei Cappuccini (edificio di via Carducci angolo via Olivi), ne ricorda le eroiche gesta.
Le prime libere elezioni della storia del Veneto si svolsero tra l'8 ed il 10 giugno 1948 per eleggere i Delegati all'Assemblea Provinciale che doveva pronunciarsi sull'annessione al Regno di Sardegna. Votarono tutti i cittadini maschi di età non inferiore ai 29 anni, e Mestre con 7000 abitanti elesse 4 delegati.
Però a maggio gli austriaci avevano riconquistato il Lombardo-Veneto, e quindi il 18 giugno rioccupavano anche Mestre.
Il Re Vittorio Emanuele I° intanto aveva firmato l'armistizio di Salasco e lasciato al loro destino le città di Milano e Venezia. E poichè Milano era già caduta, era rimasta solo Venezia a resistere all'Austria.
Mestre ormai era perduta, però dal Forte Marghera Venezia resisteva ancora all'Austria.
La Sortita di Mestre
modificaRioccupata Mestre il 18 giugno 1848, dopo la ribellione del marzo dello stesso anno e la nascita della Repubblica di San Marco, gli austriaci si apprestarono a cingere d'assedio Venezia. Questa, ormai abbandonata dagli sperati soccorsi del Regno di Sardegna, poteva ancora contare sulla protezione costituita dal Forte Marghera e dai vicini forte Manin e forte San Giuliano e alla Ridotta Rizzardi. In tutto si trattava di 140 pezzi d'artiglieria e 2.300 uomini al comando del generale Antonio Paolucci.
Durante i caldi mesi estivi i patrioti dovettero sopportare le febbri malariche dovute alla zona acquitrinosa e all'acqua dei pozzi che veniva bevuta. Le numerose truppe alloggiavano, oltre che nelle caserme difensive, anche in baracche di legno, tende ed altri alloggi di fortuna.
La situazione ristagnò per alcuni mesi, fino al 27 ottobre, quando i Veneziani tentarono un'azione di forza per liberare Mestre: la famosa Sortita dal Forte Marghera.
All'alba, 2.000 uomini, capitanati dal tenente Antonio Olivi, uscirono dal Forte attaccando le truppe austriache di stanza a Forte San Giuliano, ricacciandole verso Treviso. Raggiunti da altri insorti, che avevano liberato Piazza Barche, si diressero tutti al Ponte della Campana, di fronte a Piazza Maggiore, dove erano di guardia quattro cannoni austriaci che, tuttavia, non riuscirono a fermare l'assalto.
Mestre venne liberata dagli occupanti, messi in fuga verso Treviso. Era però solo un'operazione di effetto, non destinata a resistere nel tempo, data la sproporzione tra le forze veneziane e quelle austriache comandate dal generale Haynau: 24.000 uomini e 200 cannoni concentrati a Mestre e dintorni. Nei giorni successivi Mestre fu riconquistata definitivamente e, mentre il 2 maggio i Veneziani sostituivano il generale Paolucci, sospettato di tradimento, col giovane colonnello napoletano Girolamo Ulloa, il 4 maggio gli austriaci iniziarono le operazioni per conquistare il forte, che prese ad essere martellato scientificamente dall'artiglieria. In quei giorni la fortezza divenne bersaglio di 70.000 bombe, con 500 tra morti e feriti di parte italiana.
Operando secondo le regole dell'arte militare della presa di fortezza, gli austriaci in pochi giorni, coperti dai tiri d'artiglieria, si avvicinarono al forte procedendo in trincea. Vennero scavate una prima ed una seconda parallela, minacciando sempre più da vicino la fortezza coi loro tiri, finché il 27 maggio, prima che il definitivo attacco austriaco imbrigliasse in una sacca i difensori, il forte venne abbandonato e i patrioti, dopo aver distrutto quanto ancora poteva servire al nemico, si ritirarono attraverso il ponte ferroviario verso Venezia.
Quel giorno scriveva l'inviato della Gazzetta di Vienna al suo giornale, in un articolo pubblicato il 1º giugno:
«Marghera offre un aspetto spaventevole; non si può fare un passo senza incontrarsi nelle tracce di distruzione prodotte da noi; i pochi edifici sono un mucchio di rovine, i terrapieni e le palizzate distrutte in modo che non si riconosce più la loro forma; insomma noi ammiriamo i nostri nemici che hanno sostenuti questi giorni terribili senza cedere prima.»
La città, ora protetta solo dalle acque della sua laguna, divenne vulnerabile ai tiri dell'artiglieria austriaca, che tentò persino un bombardamento aereo con l'uso di mongolfiere, fortunosamente respinte dal vento. Venezia resistette strenuamente per altri tre mesi, stretta d'assedio da terra e dal mare e priva di qualunque speranza di soccorso, fino a che, il 22 agosto, dovette capitolare.
Durissima fu la repressione degli austriaci: fucilazioni, deportazioni, carcere duro per coloro che erano stati protagonisti di quel periodo, eroico e terribile.
Mestre dopo la Sortita
modificaQuei giorni per Mestre furono veramente terribili: la città doveva sopportare l'occupazione da parte di migliaia di soldati nemici e fu pure il bersaglio delle bombe del fuoco degli italiani asserragliati nel Forte Marghera.
Moltissimi abitanti scapparono nei paesi vicini, enormi furono le distruzioni e molti furono i morti. L'epidemia di colera poi, diede il colpo finale alla città: durò 3 mesi e fu persino ricordata nella poesia di Arnaldo Fusinato (al quale Mestre dedica l'omonima via, laterale di via Capuccina): "il morbo infuria, il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca". [3].
La bandiera bianca che sventolò appunto sul ponte di Venezia il 22 agosto 1849, giorno della resa agli austriaci.
I giorni successivi gli austriaci attuarono una durissima repressione tramite centinaia e centinaia di arresti, fucilazioni, carcere duro ed esilio (Daniele Manin, che fu tra i più "fortunati") riservato agli eroi italiani e mestrini di quel periodo.
E come pena aggiuntiva, alla popolazione fu aumentato il carico fiscale, cosicchè nel periodo che seguì la popolazione si ritrovò in uno stato di miseria che non accadeva ormai da secoli.
Ed il ponte ferroviario aveva fatto il resto: Mestre aveva pure perso una fondamentale risorsa, ovvero il suo ruolo di porto acqueo indispensabile per i trasporti delle merci a Venezia.
Molti cittadini erano tornati all'agricoltura, ma ciò non poteva assolutamente bastare, e difatti gli anni '50 e '60 furono un vero e proprio disastro per la città, che cominciò poi a riprendersi solo dopo il 1866 (e quindi con gli anni '70) e l'annessione al Regno d'Italia.
Via Poerio e Riviera XX Settembre: descrizione dei luoghi fino al primo dopoguerra
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Via Poerio e Riviera XX Settembre: le devastazioni del "sacco di Mestre"
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Via Poerio (e Riviera XX settembre): RIAPERTURA DEL MARZENEGO
modificaA Mestre, nel 1953 è stato tombato il fiume Marzenego (Ramo delle Muneghe) in una delle parti più sacre e storiche della città.
E così scomparsa una "piccola parte" della la città, contenente anche, oltre la bellezza estetica, anche una memoria storica e di valore, nonchè motivo di orgoglio per i mestrini.
Dal primo dopoguerra agli anni '80 Mestre subì notevoli disastri storico-urbanistici-architettonici in proporzioni che non si verificarono in alcuna altra città storica italiana, a causa della speculazione edilizia e di una mala sorveglianza amministrativa che permise (se non favorì) tali sfaceli.
Dagli anni '80 (il primo "piano urbanistico di tutela" a Mestre è quello su piazza Ferretto, del 1982) le politiche della pubblica amministrazione iniziarono a rimarginare qualche ferita di Mestre, dapprima creando il "parco Albanese" (Mestre aveva il triste primato in Italia di 0,20 mq di verde/cittadino) e successivamente via via tutte le opere sulla città che oggi possiamo vedere: i Parchi (Albanese, San Giuliano, il Bosco di Mestre nei vari lotti, ecc.), il restauro di Piazza Ferretto, il costruendo M9 che si affaccia proprio su via Poerio e via Brenta Vecchia, recuperando all'uso anche lo storico edificio del "Convento delle Muneghe" ed il suo antico chiostro, la Biblioteca Civica trasferita su Villa Erizzo, e questo anche in prosecuzione dell'idea della "Mestre Bella" del prosindaco Gaetano Zorzetto, cui la città ha dedicato la omonima piazzetta nel pieno centro cittadino.
Nel 2008 fu redatto un progetto per il ripristino e la scopertura del Marzenego in Via Poerio e Riviera XX settembre, ma fu poi messo "nei cassetti". Nel novembre 2011 dopo un sopralluogo, si scoprì che le arcate in cemento della copertura del fiume erano marce. D'urgenza si è chiusa la via e si è dato l'avvio ai lavori (aprile) per la "rimessa in pristino e sicurezza" che prevedeva come esito finale il mantenimento dello "status quo", e quindi il ritombamento del Marzenego.
Dai primi di aprile 2012, all'avvio dei lavori, in nemmeno 2 mesi a Mestre c'è stata una specie di "sollevazione popolare" affinchè invece la riapertura del Ramo delle Muneghe in via Poerio e Riviera XX settembre diventasse definitiva. La cittadinanza tutta si è attivata, in molte forme (cittadini, di tutte le parti politiche, le associazioni, altri).
Anche dai sondaggi risultava che da un minimo del 80% ad un massimo del 92,8% dei mestrini era favorevole "alla riapertura" (Corriere del Veneto - Corriere della Sera).
In un'assemblea pubblica svoltasi al Centro Candiani, particolarmente partecipata, i mestrini si son dichiarati tutti per il blocco del previsto ritombamento, con la conseguente riapertura del fiume e sistemazione come precedentemente promesso e progettato.
L'amministrazione ha anche illustrato che vi è la possibilità di un ulteriore successivo intervento atto alla "limpidezza" delle acque (acque che son fangose di suo, caratteristica del fiume ...), nonchè utile come bacino in funzione antialluvionale, finanziabile anche con appositi contributi europei, bacino da realizzarsi ad ovest della città, prima della biforcazione del fiume.
All'assemblea del Candiani è emersa anche la volontà di aprire il portico al PT dell'edificio contiguo, ex emeroteca, che diverrà una Loggia affacciantesi sul Marzenego riaperto, in un'ottica di riqualificazione del centro cittadino nonchè di "nuovo luogo di incontro" della cittadinanza stessa.
Il Sindaco e la Giunta quindi hanno dapprima sospeso i lavori di ritombamento, ed il 7 giugno han deliberato documento dal titolo: "lavori di riqualificazione delle Vie Poerio e Riviera XX settembre - I° lotto adeguamento intervento strutturale per mantenimento apertura canale".
Continuano quindi a rimarginarsi (ancora seppur parzialmente) le profonde ferite del dopoguerra inferte negli anni del "sacco di Mestre" (cominciate nel 1948 con la purtroppo famosa "distruzione di Parco Ponci" e conclusosi negli anni '80 con la costruzione del Centro Candiani che impose la demolizione dello storico edificio della "Vida" ed altre nefandezze connesse).
Note
modifica- ^ | Franco Crevatin: Francesco Zorzi Muazzo, Raccolta de’ proverbi, detti, sentenze, parole e frasi veneziane, arricchita d’alcuni esempi ed istorielle. Fondazione Giorgio Cini (Venezia), Angelo Colla Editore, Vicenza, 2008
- ^ Pantalone, ne "La commedia brillante" di Carlo Goldoni, 1791
- ^ "L'ultima ora di Venezia" di Arnaldo fusinato, 19 agosto 1849 - testo.
Vedi giornali cittadini (Il Gazzettino e La Nuova Venezia di aprile-maggio-giugno 2012 e precedenti)
- [[1]] Post n°9 pubblicato il 08 Gennaio 2008, Post n°8 pubblicato il 07 Gennaio 2008
- [[2]] Post n°3 pubblicato il 06 Dicembre 2006 (Parco Ponci)
- [[3]] filmato progetto riapertura Marzenego - 6 novembre 2012
vedi anche: Relazioni alle Varianti PRG di Mestre (dal 1980): Piano Particolareggiato Piazza ferretto, Variante Tecnica (1993), Variante al Centro Storico di Mestre (1994-97), Variante al PRG dei Centri storici minori della Terraferma (1998), Variante alla casa (1995-98), Variante Generale (2004).
Bibliografia di riferimento:
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• Barcella Bonaventura, Notizie storiche del castello di Mestre dalla sua origine all’anno 1932 e del suo territorio, Venezia 1966.
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• Barizza Sergio, Gallo Andrea, Pietropolli Anna, Il duomo di Mestre, Edizione il Prato, Saonara 2005.
• Barizza Sergio, Mestre, la città del Novecento, in Storia di Venezia - L’ottocento e il novecento pp. 2325-2357, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 2002.
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• Facca Gianni, Arcipelago dimenticato. I forti di Mestre, Mestre 1998.
• Gusso Adriana, Mestre. Le radici di un’identità di una città, La Linea Editrice, Padova 1986.
• Puppini Chiara, Brusò Fabio (a cura di), Un museo a Mestre? Per un museo del novecento, proposte di StoriAmestre e dibattito, Tipografia Liberalato, Mestre 1997.
• Reberschak Maurizio (a cura di), Venezia nel secondo dopoguerra, Il Poligrafo Editore, Padova 1993.
• Resini Daniele (a cura di), Venezia Novecento. Reale Fotografia Giacomelli, Skira, Milano 1998.
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• Sbrogio Marco, I castelli di Mestre e l’antica struttura urbana, Tipografia Liberalato, Mestre 1990.
• Zanlorenzi Claudio (ed.), I forti di Mestre. Storia di un campo trincerato, Cierre Edizioni, Verona1997.
• Zordan Guido, Lo spazio delle relazioni. Tre progetti per il centro storico di Mestre, Marsilio Editori, Venezia 2001.
• Zucconi Guido (a cura di), La grande Venezia. Una metropoli incompiuta tra otto e novecento, Marsilio Editori, Venezia 2002.
• AA.VV., Segnali urbani. Progetti e proposte per Mestre, Comune di Venezia/Urbanistica, catalogo della mostra al Centro Culturale Candiani, Mestre, febbraio-marzo 2003.
Collegamenti esterni
modifica- Il quarantotto a Mestre. La rivoluzione e la popolazione - di AA.VV. pag 6-7
- |Bando di concorso Museo M9 Mestre, analisi storica dell'area, pagina 24
- |sito MestreComune.it - raccolta fotografica e storia urbanistica architettonica di Mestre.
- |sito wordpress.com reportingpiave.files - Mappe catastali e IGM Mestre e raffronti edificato - espansioni - 1903-1985 e seguenti.
- |DRIOCASA.IT - Francesco Zorzi Muazzo, il patrizio che svernava nella “Versaglies” del ’700. (Mestre)
- | Franco Crevatin: Francesco Zorzi Muazzo, Raccolta de’ proverbi, detti, sentenze, parole e frasi veneziane, arricchita d’alcuni esempi ed istorielle. Fondazione Giorgio Cini (Venezia), Angelo Colla Editore, Vicenza, 2008
- |Pantalone, ne "La commedia brillante" di Carlo Goldoni, 1791
[[Categoria:Mestre| ]]
[[Categoria:Comuni soppressi del Veneto]] [[Categoria:Città benemerite del Risorgimento italiano]] [[Categoria:Città murate del Veneto]]