Utente:Silvia Barraco/Sandbox
Descrizione
modifica1883-1887
modificaL'edificio dell'Ospizio di carità "Poveri Vecchi", situato a Torino, rappresenta uno dei maggiori interventi edilizi dell'Ottocento nella città. Con una superficie di 25.000 metri quadrati e un volume di 450.000 metri cubi, questo complesso è una testimonianza significativa dell'architettura e dell'assistenza sociale dell'epoca. Costruito per ospitare e assistere gli anziani poveri, l'ospizio rifletteva l'attenzione della società torinese verso i più bisognosi, offrendo loro un rifugio e delle cure in un periodo storico caratterizzato da profondi cambiamenti sociali ed economici.[1] I lavori dell'edificio iniziarono nel 1883 e furono completati nel 1887. Per motivi igienici e per la necessità di ospitare fino a 2000 individui, venne scelta una località in aperta campagna. Quest’area, situata su un terreno già di proprietà dell'Istituto, fu ampliata acquistando ulteriori appezzamenti fino a ottenere una superficie complessiva di 450 metri di lunghezza e 300 metri di profondità.[2] I costi previsti per la realizzazione dell’edificio erano elevati e, per sostenere il progetto, si chiese l'intervento della comunità, che contribuì in massa. Venne bandito un concorso nazionale, che fu vinto dal giovane allievo di Antonelli, Crescentino Caselli. Quest'ultimo fu incaricato della direzione del progetto secondo le dettagliate prescrizioni formulate da Costanzo Antonelli, il quale impose l'utilizzo del sistema antonelliano per il nuovo edificio. L'Ospizio di carità rappresentò un'irripetibile occasione per Caselli di applicare le sue competenze ai problemi tecnico-costruttivi dell'architettura, permettendogli di dimostrare la sua attenzione e abilità in questo campo. L'edificio descritto era una struttura complessa e ben organizzata, costituita da cinque padiglioni paralleli, orientati da nord a sud lungo il corso Unione Sovietica, precedentemente noto come Viale di Stupinigi. Questi padiglioni ospitavano varie funzioni ed erano disposti in modo da separare gli spazi destinati agli uomini da quelli destinati alle donne. I quattro padiglioni laterali, due a destra e due a sinistra, erano dedicati rispettivamente alle donne e agli uomini. Questi padiglioni ospitavano i dormitori, i refettori, i laboratori e le camere per i ricoverati. Il padiglione centrale, invece, ospitava i servizi generali comuni a entrambi i sessi. Entrando in questo padiglione, si trovava un ampio atrio al piano terra e, ai primi due piani, un oratorio con gallerie. A nord del padiglione centrale c'era un edificio staccato a un solo piano, che accoglieva i servizi generali, inclusi i generatori di vapore, le pompe per il rifornimento dell'acqua, la cucina e i bagni. Al centro di questo edificio si erge un imponente camino di 40 metri, con doppia parete e scale interne. I cinque padiglioni sono disposti in modo tale da creare quattro cortili interni, larghi 49,12 metri e aperti sul lato nord. Due di questi cortili erano accessibili solo alle donne, mentre gli altri due erano riservati agli uomini. I corpi di fabbrica a due piani chiudono i cortili sul lato sud e collegano le estremità dei padiglioni. Nei corpi esterni si trovavano magazzini e laboratori al piano terra e abitazioni per gli impiegati con le loro famiglie al primo piano. Nei corpi centrali, invece, al piano terra si trovavano il parlatoio, le sale, l'accettazione e l'ingresso degli anziani, mentre al primo piano c’erano gli uffici dell'amministrazione, della segreteria e dell'economato, la direzione sanitaria, l'armamentario e i laboratori di medicina e chirurgia. Ogni padiglione laterale si sviluppa su tre piani, ciascuno alto 7 metri. Il padiglione centrale è più alto rispetto agli altri, poiché oltre ai tre piani di 7 metri, si innalza per altri 10 metri per ospitare la volta della chiesa, caratterizzata da costoloni intrecciati, un chiaro riferimento allo spazio interno della Mole Antonelliana. L'atrio centrale al piano terra è coperto da una volta sostenuta da 16 colonne di granito, con una corda di 14 metri e una saetta di 2,30 metri. Ogni padiglione laterale ha una lunghezza di 98,08 metri e una larghezza di 32,80 metri e poteva ospitare fino a 168 letti per piano, per un totale di 1344 letti nell'intero edificio. Due grandi scaloni, situati a destra e a sinistra dell'atrio centrale, permettevano l'accesso ai locali dell'amministrazione, ai servizi sanitari e all'oratorio. Questo complesso architettonico mostra una progettazione accurata, con una chiara separazione dei sessi e una disposizione funzionale degli spazi, combinata con un'attenzione ai dettagli architettonici e un'organizzazione che garantiva efficienza e ordine.
Sistema di costruzione
modificaLa struttura dell’intero edificio è eseguita in laterizi a pilastri e a tramezzi; è interamente a volta anche nel sottotetto, la cui copertura è portata da un sistema di volticine rampanti posate sopra archi in muratura, che corrono da un pilastro all’altro. Le intelaiature sistematiche di tiranti in ferro si ripetono ad ogni piano assicurando la solidità di cui necessita. Caselli fu ispirato nella progettazione del tetto da un altro immenso edificio: il Ministero delle Finanze a Roma dell’architetto Canevari, la cui copertura a volte laterizie stimolerà l’ideazione del tetto di Caselli. Si tratta di un tetto incombustibile, integralmente laterizio, formato da archi, voltini e tavellonati, perciò abitabile perché coibentato, con totale esclusione di orditure in legno o ferro, se non per i tiranti. Caselli seppe pertanto coniugare nella sua tecnica costruttiva economicità e convenienza: la struttura risultava economica perché simmetrica, regolare e semplice, senza inutili orpelli; conveniente in quanto era necessario fosse solida, salubre e comoda. Ma mentre Antonelli rimase rigorosamente fedele allo stile neoclassico, Caselli impostò la sua ricerca analizzando le opere del passato ma rimanendo al di fuori di qualsiasi canone imitativo. I materiali utilizzati da Caselli sono pertanto il laterizio, sia per gli elementi costruttivi che per quelli decorativi; la pietra, inserita nella muratura, nelle mensole dei cornicioni o negli zoccoli basamentali; il ferro battuto all’interno delle strutture portanti ma anche posto a vista in elementi a forma di ricciolo. Caselli adotta il sistema di archi diritto-rovesci antonelliano che comprende due archi posti verticalmente uno sull’altro in posizione speculare attraversati da un tirante in ferro tangente al loro punto di contatto e chiuso mediante bolzoni nelle murature laterali per impedire il divaricamento o l’avvicinamento delle pareti laterali, permettendo così una migliore stabilità e distribuzione degli sforzi all’interno della struttura. Piccoli archetti inferiori al metro sono utilizzati per alleggerire i timpani di più grandi archi sottostanti come nel caso dell’estradosso della volta a padiglione dell’Ospizio. [3] L'edificio, completato nel 1887, dimostrò subito la sua eccezionale stabilità quando, poco dopo il suo completamento, si verificò un terremoto nel medesimo anno. Nonostante l'evento sismico, la struttura dell'edificio non subì danni significativi.
Riscaldamento
modificaIn quest’enorme edificio trovava applicazione uno dei primi e più importanti impianti di riscaldamento a vapore dell’epoca. Tre generatori da 40 m ciascuno collocati nelle sale maggiori dei servizi generali producevano il vapore necessario al riscaldamento dell’intero edificio tramite una rete di distribuzione delle tubature che percorrevano i corridoi del sotterraneo. L’aria richiamata dall’esterno per aspirazione naturale veniva mandata in tutti gli ambienti dei piani superiori attraverso una rete di cunicoli che irradiavano il calore in ogni ambiente.
Rifornimento generale dell’acqua, servizi di cucina, bagni, latrine, montacarichi, lavanderia
modificaGli stessi generatori producevano il vapore anche per i diversi servizi. Due pompe azionate dal vapore alimentavano un sistema di serbatoi disseminati nel sottotetto e comunicanti tra loro dai quali partiva una rete di tubi della distribuzione dell’acqua estesa a tutto l’edificio. Le latrine dello stabilimento erano dotate di sifone o di otturatore automatico a bilico. Le canne verticali isolate nei muri erano tutte in ghisa e si immettevano in una canalizzazione sotterranea che raccoglieva tutte le provenienze delle latrine in una grande fossa nera unica situata fuori dal recinto dello stabilimento. Questa tipo di canalizzazione è importante perché è stato il primo esempio in Torino che funzionava con un raggio d’azione di oltre 300 m. L’Ospizio venne dotato di una lavanderia nel 1888. L’intero impianto, dotato anche di liscivatrici automatiche con tino in legno ed essiccatoio a carretti era fatto funzionare sempre con un impianto a vapore. L’installazione di questi impianti di servizi ospedalieri organizzati e coordinati, sono il primo esempio su vasta scala in Italia. Inoltre l’Ospizio spendeva per questi servizi la metà di altri stabilimenti simili.
Ristrutturazione
modificaanni 80-90
modificaL’edificio, di cui fu impropriamente ricostruito il padiglione sud, distrutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, negli anni Ottanta venne riconvertito parzialmente secondo il progetto dell’architetto Andrea Bruno.[4] Nel 1991, la struttura venne così restaurata, con l’aggiunta di parti in vetro e acciaio alle testate dei due padiglioni a nord: tutt’oggi uno ospita il Consorzio per il Sistema Informativo del Piemonte, l’altro ospita la Scuola di Management ed Economia (già Facoltà di Economia e Commercio). Il Consorzio per il Sistema Informativo del Piemonte si stabilì nell’edificio già nel 1978 ristrutturando in pochi mesi i locali destinati agli uffici e l’entrata del padiglione nord. La particolare flessibilità che caratterizza l’edificio, data dalla sua disposizione strutturale, ha consentito questa riconversione.
anni 2000 - Nuovo Polo didattico
modificaNei primi anni duemila nacque il progetto di riunire in un’unica struttura la sede dell’allora Facoltà di Economia (dislocata in varie sedi). L’intervento si estendeva su circa 4700 mq di area coperta e prevedeva la realizzazione di un nuovo corpo di fabbrica posizionato tra il padiglione centrale e quello riconvertito a sede della Facoltà, quindi una nuova costruzione seminterrata posta all’interno di un’ideale proseguimento della griglia modulare caselliana. Il volume aggiunto, inaugurato nel 2009, è composto da tre livelli principali: due sono al di sotto della quota pavimento, mentre il terzo è a livello di campagna. Quest’ultimo è in parte allestito a tetto-giardino, in parte vi è una copertura in ferro e vetro che lascia intravedere i prospetti dell’edificio storico. Il nuovo edificio comprende aule didattiche nuove, bar, locali a disposizione degli studenti, portineria. A circa due terzi del nuovo corpo di fabbrica una scala semicircolare conduce ai piani inferiori ed è stata progettata sfruttando e integrando nel progetto la storica cisterna dell’Ospizio, ancora perfettamente conservata. La struttura è caratterizzata da porticati in ferro e vetro e insieme ai lucernari disposti ordinatamente sui giardini pensili, permettono l’illuminazione dei corridoi e delle grandi aule. La nuova struttura è del tutto indipendente dal fabbricato caselliano: le fondazioni sono in calcestruzzo armato nelle parti inferiori e non vi sono interventi sulla costruzione esistente, eccetto per i collegamenti sotterranei. La scelta dei materiali del nuovo edificio si attiene al razionalismo dell’’edificio storico caselliano. Questo tipo di scelte progettuali hanno permesso la salvaguardia dell’identità architettonica attraverso un corretto approccio di conservazione integrata sia della struttura portante che di quella compositiva del monumento. [5]
Progetti futuri
modificaL'ex IRV "Istituto dei Poveri Vecchi" sarà oggetto di interventi di manutenzione straordinaria e di parziale rifunzionalizzazione per potenziare i servizi sociali per la collettività. Il progetto include l'adeguamento strutturale delle scale, rampe di accesso e ascensori, la creazione di un nuovo impianto di elevazione e l'aggiornamento dell'impiantistica. Gli interni saranno ridistribuiti e il sistema antincendio verrà aggiornato. Le aree esterne saranno riqualificate con nuovi accessi, recinzioni, aree verdi, parcheggi, aree gioco e percorsi, oltre a valorizzare gli orti urbani con nuovi percorsi e una rete idrica. Questo intervento fa parte del Piano Integrato Urbano della Città di Torino, che mira alla rigenerazione urbana e al miglioramento dell'accessibilità e della qualità degli spazi pubblici. Finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e dall'iniziativa Next Generation EU, il progetto dispone di un budget di 8,55 milioni di euro e copre un'area di 20.563 metri quadrati. [6]
- ^ Magnaghi A., Guida all’architettura moderna di Torino, Lindau, 1995, pp. 52-53
- ^ Caselli C., R. Ospizio generale di carità di Torino, 1889
- ^ Vinardi, B. Le tecniche costruttive di Alessandro Antonelli e Crescentino Caselli, 2003, pp. 136-151. Fa parte di: Atlante delle tecniche costruttive tradizionali : lo stato dell'arte, i protocolli della ricerca, l'indagine documentaria : atti del 1. e del 2. Seminario nazionale / a cura di Giuseppe Fiengo, Luigi Guerriero
- ^ Centini M. (a cura di), La grande enciclopedia di Torino, Newton Compton, 2003, p. 451
- ^ https://www.unito.it/sites/default/files/presentazione_irve.pdf
- ^ https://www.torinocambia.it/interventi/ex-irv-di-corso-unione-sovietica