Diocesi di Torcello

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La diocesi di Torcello (in latino: Dioecesis Torcellana) è una sede soppressa e sede titolare della Chiesa cattolica.

Torcello
Sede vescovile titolare
Dioecesis Torcellana
Chiesa latina
Sede titolare di Torcello
La piazza di Torcello con la chiesa di Santa Fosca e sullo sfondo la basilica di Santa Maria Assunta
Arcivescovo titolarePiero Pioppo
Istituita1968
StatoItalia
RegioneVeneto
Diocesi soppressa di Torcello
Suffraganea diGrado, poi Venezia
Eretta639
Soppressa1º maggio 1818
Dati dall'annuario pontificio
Sedi titolari cattoliche

La diocesi è nata nel 639 come erede della diocesi di Altino (continuò a denominarsi tale sino all'inizio dell'XI secolo[1]) che si era trasferita in laguna dopo la decadenza dell'antica sede e la conquista dei Longobardi, popolo di confessione ariana. Dopo questo evento, la diocesi mantenne la giurisdizione sulle sole isole della Laguna di Venezia settentrionale, tra cui Murano e Burano, mentre l'entroterra, compresa Altino[senza fonte], passava a Treviso. La sede episcopale era posta nella basilica di Santa Maria Assunta.

Rispetto alle altre diocesi lagunari, Torcello deteneva numerose proprietà di terraferma, ovvero entro i confini del Sacro Romano Impero. Nei primi tempi, quindi, essa rappresentò una sorta di ponte tra il Ducato e il Regnum: si pensi ai diplomi emessi in suo favore da Carlo Magno, Lotario I, uno degli Ottoni, Corrado II il Salico, probabilmente Enrico IV e infine Federico I, o alla presenza dei conti di Treviso in qualità di avvocati del vescovo o, ancora, all'impiego della decima prediale, sconosciuta alla tassazione realtina. Ciò fa inoltre supporre che Torcello, almeno per un periodo, si fosse schierata con il patriarcato di Aquileia nella lotta che oppose quest'ultimo al patriarcato di Grado[1].

L'abbondante documentazione ha permesso di ricostruire la struttura ecclesiastica della diocesi nel medioevo e la sua evoluzione nel tempo. Come per le diocesi di terraferma, essa si basava sul sistema delle plebs cum capellis, ovvero sull'esistenza di alcune chiese privilegiate dalle quali dipendevano varie cappelle minori. Da un privilegio papale del 1064 è noto che Torcello comprendeva sette pievi, distribuite nel lido Bovense (ovvero Lio Maggiore), ad Ammiana, Costanziaco, Burano (due), Mazzorbo e Murano. L'elenco viene confermato in altri due privilegi di papa Pasquale II (1106) e papa Urbano III (1187), tuttavia in un documento del 1151 compaiono otto pievi, delle quali una sola a Burano, due a Murano e due a Costanziaco. Risulta evidente, quindi, come questa organizzazione fosse molto suscettibile ai fenomeni demografici che portavano alla decadenza di alcune chiese e all'affermazione di altre, e anche alla tendenza all'emancipazione di certe cappelle[1].

Sul finire del XII secolo, la diocesi di Torcello cominciò ad avanzare pretese sull'area di terraferma dove un tempo sorgeva Altino, allora controllata dalla diocesi di Treviso. Nel 1177 il vescovo Leonardo Donato ottenne un diploma dall'imperatore Federico Barbarossa, con il quale estendeva la diocesi sulla cappella di San Michele del Quarto (l'odierna Quarto d'Altino), ponendo il confine tra le due diocesi lungo la fossa d'Argine, il canale che sin dai tempi di Carlo Magno segnava il confine tra Venetici e Longobardi. La già citata bolla di papa Urbano III del 1187 confermava quanto stabilito e aggiungeva a Torcello altri beni, in particolare le cappelle di San Pietro di Terzo, Sant'Elena di Tessera e San Felice di Dozza[2].

La decadenza della città di Torcello, di certo un tempo fiorente e adatta ad ospitare la sede episcopale, costrinse i vescovi a stabilirsi - prima gradualmente, poi definitivamente - a Murano. Nel Seicento, durante il vescovado di Marco Giustiniani, venne costruito il palazzo vescovile di Murano (oggi l'edificio ospita il Museo del vetro). In effetti, i vescovi di Torcello, consci del loro inarrestabile declino, cercarono più volte di riaffermare il loro titolo attraverso sinodi e visite pastorali.

Alla vigilia della sua soppressione, la diocesi di Torcello risultava povera e decadente. Rimasta senza un vescovo a partire dal 1804, nel 1807 contava solo dieci canonici. La sua mensa era poco redditizia e nel 1806 finì addirittura in rosso. Non aiutavano le caratteristiche del territorio, che contava appena quindicimila abitanti distribuiti in undici parrocchie, a fronte di un territorio molto vasto e in gran parte paludoso; numerosi erano invece i monasteri, ma con l'arrivo di Napoleone Bonaparte furono tutti chiusi. Paradossalmente, nel 1812 risultavano ancora due seminaristi[3].

Il 1º maggio 1818 con la bolla De salute Dominici gregis, papa Pio VII soppresse la diocesi e ne incorporò il territorio nel patriarcato di Venezia. La cattedrale di Santa Maria Assunta divenne così semplice parrocchiale che, per il progressivo diminuire della popolazione, finì per essere ulteriormente retrocessa a basilica-santuario dipendente dalla parrocchia di Burano (1986)[4].

Dal 1968 Torcello è annoverata tra le sedi vescovili titolari della Chiesa cattolica; dal 25 gennaio 2010 l'arcivescovo, titolo personale, titolare è Piero Pioppo, nunzio apostolico in Indonesia e presso l'Associazione delle Nazioni del Sud-est asiatico.

Cronotassi

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Vescovi

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Vescovi titolari

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  1. ^ a b c Daniela Rando, Le strutture della Chiesa locale, in Storia di Venezia, Vol. 1 - Origini, Età ducale, Treccani, 1992.
  2. ^ Daniele Scomparin, La pieve di Casale sul Sile. Il territorio, le cappelle e i comuni minori, Silea, Piazza Editore, 1994, pp. 161-162.
  3. ^ Bruno Bertoli, Silvio Tramontin (a cura di), La visita pastorale di Giovanni Ladislao Pyrker nella diocesi di Venezia (1821), Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1971, p. X.
  4. ^ Informazioni dal sito del SIUSA, su siusa.archivi.beniculturali.it. URL consultato il 19 agosto 2009 (archiviato dall'url originale il 12 novembre 2013).
  5. ^ Secondo Gams muore il 28 ottobre 1290.
  6. ^ Chiamato da Eubel Alero Ricciardi, e da Gams Alerone de Riccardi.
  7. ^ Secondo Eubel, un Filippo, senza specifica del cognome, è nominato da papa Gregorio XI il 14 dicembre 1373.

Bibliografia

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Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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