Assedio di Antiochia (260)
L'assedio di Antiochia si compì nel 260, quando le armate sasanidi, condotte da re Sapore I, riuscirono a penetrare nelle mura cittadine per la seconda volta ed a deportare la popolazione romana.[1]
Assedio di Antiochia (260) parte delle Campagne di Sapore I | |
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Antiochia di epoca romana con il tracciato delle sue mura ed i suoi principali monumenti. | |
Data | 260 |
Luogo | Antiochia di Siria |
Esito | Vittoria sasanide e nuova deportazione degli abitanti della città romana |
Schieramenti | |
Comandanti | |
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Contesto storico
modificaIl re sasanide Sapore I dopo una serie di campagne contro l'Impero romano (dal 252 al 256), condusse le sue armate per la terza volta contro lo stesso Imperatore romano Valeriano. Quest'ultimo fu sconfitto e catturato nella battaglia di Edessa nel 260:[2][3]
«Durante la terza invasione, noi marciammo contro Edessa e Carrhae e le ponemmo assedio, (20) tanto che il Cesare Valeriano fu obbligato a marciare contro di noi. C'era con lui una forza di 70.000 armati dalle nazioni della Germania, Rezia, Norico, Dacia, Pannonia, (21) Mesia, Tracia, Bitinia, Asia, Panfilia, Isauria, (22) Licaonia, Galazia, Licia, Cilicia, Cappadocia, Frigia, Siria, Fenicia, (23) Giudea, Arabia, Mauretania, Germania, Lidia e Mesopotamia. (24) Una grande battaglia fu combattuta tra Carrhae e Edessa tra noi [sasanidi] ed il Cesare Valeriano, e noi lo catturammo facendolo prigioniero con le nostre mani, (25) così come altri generali dell'armata romana, insieme al prefetto del Pretorio,[4] alcuni senatori e ufficiali. Tutti questi noi facemmo prigionieri e deportammo (26) in Persia.»
La cattura di Valeriano da parte dei Persiani lasciò l'Oriente romano alla mercé di Sapore I, il quale condusse una nuova offensiva dal suo "quartier generale" di Nisibis[5] (occupata nel 252 dalla armate sasanidi), riuscendo ad occupare i territori romani fino a Tarso (in Cilicia),[2] Antiochia (in Siria)[2] e Cesarea (in Cappadocia),[2][6][7] compresa l'intera provincia romana di Mesopotamia.[8][9]
«Noi inoltre bruciammo, devastammo e saccheggiammo la Siria, la Cilicia e la Cappadocia.»
Assedio
modificaPoco sappiamo di questo assedio, se non che fu molto simile a quanto accadde ad Antiochia nel 252.
Conseguenze
modificaDopo la vittoria contro Valeriano, molte migliaia di prigionieri romani furono condotte all'interno dell'Impero sasanide e collocate in Persia, Partia, Susiana ed in Asorestan.[10] Valeriano trascorse così i suoi ultimi giorni di vita in prigionia,[11] sebbene molte furono le richieste da parte di re "clienti" vicini a Sapore I, affinché liberassero l'imperatore, temendo una vendetta romana.[12] Ed un'altra fonte persiana racconta che molti dei regni, prima "clienti" dei Romani, furono ora costretti a sottomettersi al "Re dei Re" persiano, come quello d'Armenia, d'Albania e d'Iberia nel Caucaso fino alle "porte degli Alani".[13]
La successiva controffensiva romana portò Macriano (procurator arcae et praepositus annonae in expeditione Persica) a radunare a Samosata quello che rimaneva dell'esercito romano in Oriente, mentre il prefetto del pretorio, Ballista, riuscì a sorprendere i Persiani presso Pompeiopoli, catturando l'harem e molte ricchezze di Sapore I.[2] Sulla strada del ritorno la sua flotta, diretta a Corico in Cilicia e Sebaste, incontrò lungo strada 3.000 Persiani, che mise in fuga.[14] Frattanto Odenato, che aveva cercato di ingraziarsi in un primo momento le amicizie del sovrano persiano Sapore I, una volta che i suoi doni furono sdegnosamente rifiutati da quest'ultimo, decise di abbracciare la causa di Roma contro i Persiani. Come prima azione Odenato si diede all'inseguimento dei Persiani, di ritorno in patria dal loro saccheggio di Antiochia, e prima che potessero attraversare il fiume Eufrate inflisse loro una pesante sconfitta.[2][15] Poco dopo, Sapore, sulla strada del ritorno in Osroene, riuscì ad ingraziarsi gli abitanti della città di Edessa, promettendo loro parte dell'oro sottratto alla provincia romana di Siria, affinché gli agevolassero la strada del ritorno.[16]
Il figlio, Gallieno, trovandosi in quello stesso periodo a dover combattere lungo il fronte del basso Danubio contro i Goti, dovette rinunciare a compiere un'ulteriore spedizione per liberare il padre.[17] Egli preferì designare Settimio Odenato, principe di Palmira, del titolo di imperator, dux e corrector totius Orientis.[18] Nel 262, sempre Odenato, raccolto un ingente esercito, passò l'Eufrate e, dopo aspri combattimenti, occupò Nisibi, tutta la Mesopotamia romana, recuperando gran parte dell'oriente (compresa probabilmente la stessa Armenia)[9] e costringendo Sapore I alla fuga dopo averlo battuto in battaglia.[19] È forse l'anno successivo che riuscì a battere nuovamente Sapore I nei pressi della capitale dei Persiani, Ctesifonte,[20][21] riuscendo ad impadronirsi delle concubine del re e di un grande bottino di guerra.[22]
Note
modifica- ^ Res Gestae Divi Saporis, riga 32 da The American journal of Semitic languages and literatures, University of Chicago, 1940, vol.57-58, p.379.
- ^ a b c d e f Zonara, L'epitome delle storie, XII, 23.
- ^ Eutropio, IX.7; Festo, Breviarium rerum gestarum populi Romani, 23; Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXXII, 5; Zosimo, Storia nuova, I, 36.2; Lattanzio, De mortibus persecutorum, 5.
- ^ Il prefetto del pretorio del periodo era un certo Successiano (cfr.L.L. Howe, The Pretorian Prefect from Commodus to Diocletian (AD 180-305), pp. 80-81.).
- ^ D.S. Potter, Prophecy and history in the crisis of the Roman Empire. A historical commentary on the Thirteenth Sibylline Oracle, Oxford 1990; Erich Kettenhofen, Die römisch-persischen Kriege des 3. Jahrhunderts n. Chr., Wiesbaden 1982, nr. 55, pp. 44-46.
- ^ Giorgio Sincello, Selezione di cronografia , p.715-716 (dal Corpus Scriptorum Historiae Byzantine).
- ^ Girolamo, Cronaca, anni 258-260.
- ^ Agazia Scolastico, Sul regno di Giustiniano, IV, 24.3.
- ^ a b Grant, p. 231.
- ^ Res Gestae Divi Saporis, riga 34-35.
- ^ Orosio, Historiarum adversos paganos libri VII, VII, 3-4.
- ^ Historia Augusta, Valeriani duo, 1-4.
- ^ M.L. Chaumont, L'inscription de Kartir a la "ka'bah de zoroastre" (texte, traduction, commentaire), in Journal Asiatique, vol. 248, 1960, pp. 339-80 (riga 11-13 del testo in medio-persiano).
- ^ Giorgio Sincello, Selezione di cronografia , p.716, 3-11 (dal Corpus Scriptorum Historiae Byzantine).
- ^ Arborio Mella, p. 360.
- ^ Pietro Patrizio, Della situazione politica, fram.11.
- ^ Mazzarino, pp. 527-528.
- ^ Mazzarino, p. 534.
- ^ Historia Augusta, Trenta tiranni, Odenato, 15.3.
- ^ Eutropio, Breviarium ab urbe condita, 9, 10; Zosimo, Storia nuova, I, 39.2.
- ^ P. Southern, The roman empire from Severus to Constantine, London & New York 2001, p. 238.
- ^ Historia Augusta, Trenta tiranni, Odenato, 15.4.
Bibliografia
modifica- Fonti primarie
- Agazia Scolastico, Sul regno di Giustiniano, IV.
- Aurelio Vittore, De Caesaribus, XXXII; versione latina QUI.
- Cedreno, Una storia concisa del mondo, dal Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae, vo.49, Bonn 1828-1878.
- Eusebio di Cesarea, Historia ecclesiastica, VII.
- Eutropio, Breviarium ab Urbe condita, VIII; versione latina QUI.
- Historia Augusta, Trenta tiranni, Odenato.
- Festo, Breviarium rerum gestarum populi Romani.
- Girolamo, Cronaca.
- Lattanzio, De mortibus persecutorum, V.
- Orosio, Historiarum adversos paganos libri VII, VII.
- Pietro Patrizio, Della situazione politica.
- Res Gestae Divi Saporis.
- Sincello, Selezione di cronografia (dal Corpus Scriptorum Historiae Byzantine, vol.49, Bonn 1828-1878).
- Zonara, L'epitome delle storie, XII; versione latina QUI.
- Zosimo, Historia nea, I.
- Fonti secondarie
- M.Grant, Gli imperatori romani. Storia e segreti, Roma, Newton & Compton, 1984, ISBN 88-7983-180-1.
- L.L. Howe, The Pretorian Prefect from Commodus to Diocletian (AD 180-305).
- Erich Kettenhofen, Die römisch-persischen Kriege des 3. Jahrhunderts n. Chr., Wiesbaden 1982, nr. 55.
- Santo Mazzarino, L'impero romano, Bari 1973. ISBN 88-420-2377-9 e ISBN 88-420-2401-5
- D.S.Potter, Prophecy and history in the crisis of the Roman Empire. A historical commentary on the Thirteenth Sibylline Oracle, Oxford 1990.