Caverna delle Arene Candide

caverna occupata nella preistoria a Finale Ligure

La Caverna delle Arene Candide è un importante sito archeologico in grotta situato a Finale Ligure, in provincia di Savona.

Caverna delle Arene Candide
I ritrovamenti del "Giovane principe" esposti al museo di archeologia ligure di Pegli
Stato
Regione  Liguria
Provincia  Savona
Comune  Finale Ligure
Altitudine93 m s.l.m.
Altri nomiGrotta dei Frati, "armassa"
Coordinate44°09′44.37″N 8°19′41.78″E
Mappa di localizzazione: Italia
Caverna delle Arene Candide
Caverna delle Arene Candide

La caverna deve il suo nome a una duna costiera di sabbia (arena) bianca (candida) che era presente ai piedi delle falesie che compongono il versante occidentale del promontorio della Caprazoppa, in cui apre la grotta, almeno fino ai primi anni venti del Novecento.

La caverna è ora ubicata sul margine superiore del ciglio ovest della ex- cava Ghigliazza, circa 90 m sul livello del mare, verso il quale presenta tre grandi aperture che la rendono, oggi come nel passato, relativamente illuminata ed asciutta. Attualmente si accede alla caverna dall'alto, con un percorso - via Borgio - che implica circa 30 minuti a piedi. Il sito archeologico, di proprietà del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, è stato affidato nel 2018 in gestione al Comune di Finale Ligure e al Museo Archeologico del Finale, che - dopo interventi di messa in sicurezza e sistemazione del percorso di visita - dal luglio 2019 ne promuove una regolare apertura al pubblico[1].

Storia degli studi

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L'ampia caverna, nota localmente anche come Grotta dei Frati o "Armassa"[2], acquisì la sua denominazione attuale a partire dalla visita che Arturo Issel vi fece nel giugno del 1864[3] che segna anche l'inizio di una lunga stagione di scavi e ricerche.

La celebrità internazionale deriva dai fortunatissimi scavi che Luigi Bernabò Brea (primo Soprintendente alle antichità della Liguria) e Luigi Cardini (membro dell'Istituto Italiano di Paleontologia Umana) condussero negli anni 1940-42 e 1948-50 nella porzione sud orientale della caverna. Gli scavi evidenziarono l'esistenza di un'articolata sequenza stratigrafica che conserva testimonianze a partire dal Paleolitico superiore fino all'epoca bizantina, in un contesto ambientale di giacitura estremamente favorevole alla buona conservazione dei reperti, soprattutto dei resti ossei e del materiale combusto.
I resti delle ben 19 sepolture paleolitiche rinvenutevi, oltre a costituire uno dei più consistenti complessi funerari paleolitici del mondo, sono senz'altro quelli di gran lunga meglio conservati, con tutte le implicazioni sulla qualità delle informazioni scientifiche che gli antropologi possono attingere. Si segnala in particolare la ricchezza del corredo funebre di un adolescente che lo farà definire il "Giovane principe". Si tratta di quindicenne rinvenuto su uno strato di ocra rossa a sette metri dalla superficie, rivolto a sud, con un copricapo di nasse dorate, monili di conchiglie, ossa, corna di cervo lavorate e una lunga selce in mano. La ferita mortale al mento risultava ricomposta con ocra gialla prima della sepoltura.

I numerosi reperti provenienti dagli scavi condotti nella caverna sono esposti in diversi musei tra cui il Museo di archeologia ligure di Genova, il Museo archeologico del Finale a Finalborgo e il Museo nazionale preistorico etnografico Luigi Pigorini di Roma.

  1. ^ www.museoarcheofinale.it, su museoarcheofinale.it. URL consultato il 4 luglio 2019.
  2. ^ "Questa caverna prima del 1862 era conosciuta nel paese sotto il nome di Armassa. Dopo quel tempo venne denominata la Grotta dei Frati, perché il giorno 28 febbraio 1862 due padri domenicani del convento di Finalborgo, [...] con un sacerdote e due borghesi [...], desiderosi di vederla nei suoi più nascosti penetrali vi si smarrirono e certamente ci sarebbero periti se i loro correligionari, aiutati da coraggiosi cittadini di Finalborgo non fossero corsi a trarli da quel labirinto" Morelli 1890, p. 273.
  3. ^ "Nello scorso mese di giugno il cav. Perez, distinto geologo di Nizza, ed io, partimmo alla volta di Finalmarina per visitare una nata grotta che trovasi in quelle vicinanze la quale, per quanto io credo, non era stata ancora esplorata per fine scientifico e di cui mi si diceva fosse tanto intricata ed estesa che niuno ne avesse mai raggiunto il fondo" Issel 1864, p. 173.

Bibliografia

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