Lucio Antistio Vetere (console 55)

console romano

Lucio Antistio Vetere (in latino: Lucius Antistius Vetus; 23 circa – Formiae, 65) è stato un magistrato e senatore romano, console dell'Impero romano.

Lucio Antistio Vetere
Console dell'Impero romano
Nome originaleLucius Antistius Vetus
Nascita23 circa
Morte65
Formiae
FigliAntistia Pollitta
GensAntistia
PadreGaio Antistio Vetere (meno probabilmente Lucio Antistio Vetere)
MadreSulpicia (se figlio di Gaio)
Consolatogennaio-aprile 55 (ordinario)
ProconsolatoAsia, 64/65
Legatus Augusti pro praetoreGermania superiore, 55
Sacerdozioaugur, probabilmente dal regno di Claudio

Biografia

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Origini famigliari

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Membro della famiglia gabina[1][2] degli Antistii Veteres, ascesa al consolato per la prima volta nel 30 a.C. con il bisnonno di Lucio, Gaio Antistio Vetere[3], e al patriziato con il nonno di Lucio, Gaio Antistio Vetere[4] console ordinario nel 6 a.C.[5], Lucio era, con certezza quasi assoluta[6], figlio del console ordinario del 23, Gaio Antistio Vetere[7], e di Sulpicia, figlia del console ordinario del 9 Quinto Sulpicio Camerino[8][9]; altrimenti, è stato proposto che possa essere figlio del console suffetto del 28, Lucio Antistio Vetere, più probabilmente suo zio[8][9]. Suoi fratelli (o, meno probabilmente, cugini)[8][9] sono il console suffetto del 46, Camerino Antistio Vetere, e il console ordinario del 50, Gaio Antistio Vetere.

Carriera

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Degli inizi di carriera di Lucio, non molto è noto: l'unica nomina conosciuta probabilmente avvenuta sotto Claudio fu quella al collegio sacerdotale degli augures[10][11][12]. Sembra inoltre essere lui[13] il Lucio Vetere definito come auctor da Plinio il Vecchio in alcuni libri della sua Naturalis Historia[14].

Sotto Nerone, invece, Lucio ricoprì il consolato ordinario nel primo anno del nuovo principato, aprendo l'anno 55 insieme allo stesso princeps[15][16][17][18][19][20]: la nomina di Lucio a questa insigne posizione ha generato dibattito relativamente a chi lo avesse promosso, se lo stesso Nerone[11], i due influenti ministri Seneca e Burro[11], o, più probabilmente, la madre del princeps Agrippina minore[11][21][22]. In ogni caso, al momento del giuramento sugli acta del princeps di inizio anno, Tacito riporta che Nerone abbia impedito a Lucio di giurare sui propri acta[23], gesto rivolto non tanto a Lucio in quanto tale, quanto a simboleggiare i nuovi, rosei inizi del principato[11]. A inizio marzo, Nerone abdicò alla posizione di console, venendo sostituito da Numerio Cestio: Lucio e Cestio rimasero in carica fino a fine aprile[22][24][25].

Probabilmente non appena concluse il suo mandato da console, Lucio si recò subito in Germania superiore come legatus Augusti pro praetore[26][27][28]: tale nomina emerge come una particolarità nella prassi alto-imperiale, che vede una netta preferenza per candidati non nobili come legati nelle province militari consolari, per cui si è pensato che anche questo incarico potesse essere stato dovuto all'influenza di Agrippina minore[21][22]. Tuttavia, durante il mandato in Germania, Lucio si scontrò con il legato della Gallia Belgica, Elio Gracile:

(LA)

«Vetus Mosellam atque Ararim facta inter utrumque fossa conectere parabat, ut copiae per mare, dein Rhodano et Arare subvectae per eam fossam, mox fluvio Mosella in Rhenum, exim Oceanum decurrerent, sublatisque itineris difficultatibus navigabilia inter se Occidentis Septentrionisque litora fierent. invidit operi Aelius Gracilis Belgicae legatus, deterrendo Veterem ne legiones alienae provinciae inferret studiaque Galliarum adfectaret, formidolosum id imperatori dictitans.»

(IT)

«Vetere si accingeva a collegare la Mosella e l'Arari per mezzo di un canale scavato tra l'uno e l'altro fiume, affinché i convogli che arrivavano per mare, poi per il Rodano e l'Arari, per mezzo di quel canale e quindi seguendo la Mosella riuscissero nel Reno di là nell'Oceano, e, abolite le difficoltà del viaggio per terra, le rive dell'Occidente e del Settentrione comunicassero per vie navigabili. Ma ostacolò per invidia il progetto Elio Gracile, legato della Belgica, distogliendo Vetere dall'introdurre le legioni in una provincia non sua e dall'attirarsi il favore delle Gallie; perché — così andava dicendo — ciò avrebbe destato sospetti nell’imperatore.»

Il mandato di Lucio durò soltanto un anno[28]: già nel 56, infatti, è attestato come suo successore Tito Curtilio Mancia[29]. Per spiegare questa durata inspiegabilmente breve del mandato di Lucio, è stato proposto che sia stato proprio lo scontro con Gracile, con il suo rischio di scatenare una rivolta nelle Gallie[28][30], oppure, più plausibilmente, l'inizio del declino del potere politico di Agrippina minore a portare al richiamo di Lucio, probabilmente con il pretesto delle azioni rimbrottate da Gracile[11][21][22][28].

Dal 62, la vita di Lucio si complica terribilmente: in quell'anno, Nerone intraprende l'eliminazione di Rubellio Plauto, genero di Lucio già esiliato nel 60, ma Lucio gli inviò dei messaggi per esortarlo a resistere, o, secondo una versione minoritaria, per tranquillizzarlo di un pericolo inesistente:

(LA)

«Ceterum libertus Plauti celeritate ventorum praevenit centurionem et mandata L. Antistii soceri attulit: effugeret segnem mortem, dum suffugium esset: magni nominis miseratione reperturum bonos, consociaturum audacis: nullum interim subsidium aspernandum. si sexaginta milites (tot enim adveniebant) propulisset, dum refertur nuntius Neroni, dum manus alia permeat, multa secutura quae adusque bellum evalescerent. denique aut salutem tali consilio quaeri, aut nihil gravius audenti quam ignavo patiendum esse. [...] Sunt qui alios a socero nuntios venisse ferant, tamquam nihil atrox immineret.»

(IT)

«in realtà, un liberto di Plauto, avendo avuto favorevoli i venti, giunse a lui prima del centurione e gli portò questo messaggio del suocero L. Antistio: si sottraesse ad una morte da imbelle, finché v’era possibilità di scampo: la devozione dovuta al suo gran nome gli avrebbe guadagnato gli onesti, gli avrebbe raccolto intorno gli audaci; intanto non doveva rifiutare nessun aiuto. Se fosse riuscito a respingere sessanta soldati (ché tanti ne giungevano), prima che la notizia ne fosse recata a Nerone e prima che s’imbarcasse un altro manipolo potevano verificarsi molti casi, passibili di svilupparsi anche in una guerra. Infine, o per quella via avrebbe trovato la salvezza, oppure, osando, non gli sarebbe toccato nulla di più grave che restando inoperoso. [...] V’è chi riferisce che dal suocero gli vennero altri messaggi, nel senso che nessun pericolo serio lo minacciasse.»

La possibilità che il secondo genere di messaggi abbia davvero raggiunto Plauto sembra minima[31]; in ogni caso, Plauto fu colto dai sicari di Nerone e ucciso sotto gli occhi della moglie Antistia Pollitta, figlia di Lucio[32].

Tuttavia, sembra che i contatti tra Plauto e Lucio non abbiano causato interruzioni alla carriera del secondo: egli fu infatti sorteggiato come proconsole d'Asia[32] per l'anno 64/65[33]: è stato ipotizzato che, in questa veste, Lucio abbia potuto entrare in contatto con il grande generale Gneo Domizio Corbulone, al comando di svariate legioni come legato di Siria al comando della guerra partica[34].

Questa calma durò, però, molto poco. Nel 65, appena rientrato dall'Asia, Lucio, che insieme alla suocera Sestia e alla figlia Antistia Pollitta (che nei tre anni trascorsi dalla morte del marito Plauto aveva mantenuto un'ostentata vedovanza[32]) risultava inviso a Nerone come se, per il solo fatto di essere in vita, lo rimproverassero delle sue azioni contro Rubellio Plauto[32], fu accusato presso Nerone dal liberto Fortunato con la collaborazione del provinciale Claudio Demiano, che in precedenza era stato arrestato per vari reati da Lucio quando era proconsole d'Asia[32]: per questo motivo, è stato ipotizzato[35] che l'accusa celasse problemi o timori imperiali per l'amministrazione provinciale, in linea con altre condanne del periodo, oppure che Lucio fosse legato agli ambienti della congiura dei Pisoni, dal momento che poco dopo l'accusa contro Lucio viene esiliato il cavaliere Publio Gallo, intimo amico del prefetto del pretorio coinvolto nella congiura Lucio Fenio Rufo e in buoni rapporti con Lucio[36]. Il racconto di Tacito rivela gli ultimi istanti di Lucio e delle sue familiari:

(LA)

«Quod ubi cognitum reo seque et libertum pari sorte componi, Formianos in agros digreditur: illic eum milites occulta custodia circumdant. aderat filia, super ingruens periculum longo dolore atrox [...] Tum hortante patre Neapolim pergit; et quia aditu Neronis prohibebatur, egressus obsidens, audiret insontem neve consulatus sui quondam collegam dederet liberto, modo muliebri eiulatu, aliquando sexum egressa voce infensa clamitabat, donec princeps immobilem se precibus et invidiae iuxta ostendit. Ergo nuntiat patri abicere spem et uti necessitate: simul adfertur parari cognitionem senatus et trucem sententiam. nec defuere qui monerent magna ex parte heredem Caesarem nuncupare atque ita nepotibus de reliquo consu- lere. quod aspernatus, ne vitam proxime libertatem actam novissimo servitio foedaret, largitur in servos quantum aderat pecuniae; et si qua asportari possent, sibi quemque deducere, tres modo lectulos ad suprema retineri iubet. tunc eodem in cubiculo, eodem ferro abscindunt venas, properique et singulis vestibus ad verecundiam velati balineis inferuntur, pater filiam, avia neptem, illa utrosque intuens, et certatim precantes labenti animae celerem exitum, ut relinquerent suos superstites et morituros. servavitque ordinem fortuna, ac seniores prius, tum cui prima aetas extinguuntur.»

(IT)

«Quando l’imputato seppe questo, e che lo si metteva a fronte con un liberto da pari a pari, se ne andò nel suo podere di Formia, dove tacitamente gli fu messo intorno un presidio di soldati. Era con lui la figliuola, esasperata non solo dal pericolo incombente, ma dal lungo dolore [...] Allora, per esortazione del padre, ella si reca a Napoli; e poichè le veniva negato l’accesso a Nerone, ne spiava le uscite, ed ora con lamenti femminei, ora con voce di minaccia più forte del suo sesso gli andava gridando che ascoltasse un innocente e non abbandonasse ad un liberto colui che gli era stato collega nel consolato; finchè il principe non le si rivelò insensibile tanto alle preghiere quanto all’impeto dell’odio. Avverte quindi il padre che ogni speranza deve essere abbandonata e che è forza adattarsi all’inevitabile; in pari tempo viene recata la notizia che il senato prepara il processo e la sentenza di morte. Vi furono taluni che suggerirono a Vetere di nominare Cesare erede principale, per salvare il rimanente ai nipoti: egli rifiutò, per non macchiare con un atto di servilismo nel momento ultimo la sua vita trascorsa in una condizione quasi di libertà. Tutto il denaro che aveva distribuì fra gli schiavi e ordinò loro di prendersi quanto si potesse trasportare, null’altro lasciando all’infuori di tre lettucci per le estreme necessità. Poi nella medesima camera e col ferro medesimo si recidono le vene e rapidi si fanno portare nel bagno, ciascuno — avvolto per pudore nella propria veste, fisso nella figlia lo sguardo del padre, quello dell’ava nella nipote, guardando questa or l’uno or l’altra ed implorando tutti a gara un veloce trapasso al proprio spirito, già prossimo a venir meno, per lasciare gli esseri cari ancor vivi, se pure in punto di morte. La sorte rispettò l’ordine naturale; si spengono prima i più vecchi, poi quella ch’era giovane ancora.»

Il processo che seguì al suicidio di Lucio e delle sue parenti è definito da Tacito un ludibrium[37]: dopo l'esposizione di accuse evidentemente molto gravi, probabilmente di laesa maiestas e perduellio[38][39], il senato decretò che i tre fossero puniti secondo il mos maiorum, ma Nerone intervenne per concedere loro di scegliere liberamente la propria morte[37].

Legami famigliari

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Dal racconto tacitiano è evidente che Lucio non avesse altri figli oltre ad Antistia Pollitta[13]. La suocera Sestia menzionata da Tacito sembra provenire da una famiglia importante dell'epoca, i Sextii Africani[40][41][42]: ella era probabilmente sorella del Tito Sestio Africano pretore designato tiberiano[42][43], così come anche della Sestia attestata come moglie in prime nozze del frater Arvalis Cornelio Silla Felice morto nel 21 (da cui ebbe Lucio Cornelio Silla Felice console ordinario del 33) e in seconde nozze di Mamerco Emilio Scauro console suffetto nel 21 (fratello uterino del precedente marito)[42]; infine, Sestia sembra essere stata anche zia di Tito Sestio Africano console suffetto nel 59[42]. Dalla moglie ignota, cui evidentemente sopravvisse, Lucio ebbe dunque Antistia Pollitta[32], che probabilmente tra 55 e 60[11] sposò Rubellio Plauto[32], figlio di Gaio Rubellio Blando console suffetto nel 18 e di Giulia Livia figlia di Druso minore (figlio di Tiberio) e di Claudia Livilla (sorella di Germanico e Claudio)[44]: con il matrimonio tra Pollitta e Plauto, Lucio si trovò imparentato con la famiglia imperiale[45], dal momento che Plauto era cugino di secondo grado di Nerone in quanto figli di cugine nipoti di Tiberio e bisnipoti adottive di Augusto. Pollitta, che seguì il marito in Asia già al momento dell'esilio nel 60[46] e che nel 62 lo vide trucidato davanti ai propri occhi[32], ebbe da Plauto dei figli, nipoti di Lucio[37][47].

  1. ^ A. Licordari in Epigrafia e ordine senatorio, II, Roma 1982, pp. 28-29.
  2. ^ O. Salomies, Senatori oriundi del Lazio, in H. Solin (ed.), Studi storico-epigrafici sul Lazio antico, Roma 1996, pp. 23-127, in particolare 56-58.
  3. ^ PIR2 A 770 (Groag).
  4. ^ PIR2 A 771 (Groag).
  5. ^ A. Tortoriello, I fasti consolari degli anni di Claudio, Roma 2004, p. 460 con nota 46.
  6. ^ L'iscrizione CIL XIV, 2849, a lui attribuita già da PIR2 A 776 (Groag), lo attesta come Cai filius: l'identificazione è accettata ancora, da ultimo, da J. Rüpke, Fasti sacerdotum, Oxford 2008, p. 534 n° 645.
  7. ^ PIR2 A 772 (Groag).
  8. ^ a b c G. Camodeca, I consoli del 43 e gli Antistii Veteres d'età claudia dalla riedizione delle Tabulae Herculanenses, in Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, 140 (2002), pp. 227-236.
  9. ^ a b c A. Tortoriello, I fasti consolari degli anni di Claudio, Roma 2004, pp. 461-462.
  10. ^ CIL XIV, 2849.
  11. ^ a b c d e f g U. Vogel Weidemann, Die Statthalter von Africa und Asia in den Jahren 14-68 n. Chr., Bonn, 1982, p. 450.
  12. ^ J. Rüpke, Fasti sacerdotum, Oxford 2008, p. 534 n° 645.
  13. ^ a b PIR2 A 776 (Groag).
  14. ^ Indices ll. III-VI.
  15. ^ Tacito, Annales, XIII, 11 e XVI, 10.
  16. ^ CIL VIII, 8837 = ILS 6103.
  17. ^ CIL III, 7380 = ILS 5682.
  18. ^ AE 1973, 146.
  19. ^ CIL IV, 03340,013.
  20. ^ G. Camodeca, I consoli degli anni di Nerone nelle Tabulae Herculanenses, in Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, vol. 193 (2015), pp. 272-282 (con nuova rilettura di una tavoletta ercolanese a p. 273).
  21. ^ a b c R. Syme, Roman Papers, IV, Oxford 1988, pp. 250-251.
  22. ^ a b c d G. Camodeca, I consoli del 55-56 e un nuovo collega di Seneca nel consolato: P. Cornelius Dolabella (TP.75 [= 140] + 135), in Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, 63 (1986), pp. 201-215, in particolare 209.
  23. ^ Tacito, Annales, XIII, 11.
  24. ^ G. Camodeca, I consoli degli anni di Nerone nelle Tabulae Herculanenses, in Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, vol. 193 (2015), pp. 272-282
  25. ^ CIL IV, 5513.
  26. ^ Tacito, Annales, XIII, 53.
  27. ^ CIL XIII, 6820 = ILS 2491.
  28. ^ a b c d W. Eck, Die Statthalter der germanischen Provinzen, Köln-Bonn 1985, 23-24.
  29. ^ Flegonte di Tralles, De mirabilibus, 27 (Stramaglia).
  30. ^ M. Griffin, Nero. The end of a dynasty, London 1984, 61 e 116.
  31. ^ U. Vogel Weidemann, Die Statthalter von Africa und Asia in den Jahren 14-68 n. Chr., Bonn, 1982, pp. 451-452.
  32. ^ a b c d e f g h Tacito, Annales, XVI, 10.
  33. ^ U. Vogel Weidemann, Die Statthalter von Africa und Asia in den Jahren 14-68 n. Chr., Bonn, 1982, p. 446.
  34. ^ R. Syme, Tacitus, II, Oxford 1958, p. 560.
  35. ^ U. Vogel Weidemann, Die Statthalter von Africa und Asia in den Jahren 14-68 n. Chr., Bonn, 1982, pp. 453-455.
  36. ^ Tacito, Annales, XVI, 12.
  37. ^ a b c Tacito, Annales, XVI, 11.
  38. ^ U. Vogel Weidemann, Die Statthalter von Africa und Asia in den Jahren 14-68 n. Chr., Bonn, 1982, p. 456.
  39. ^ Sul processo v. in particolare V. Rudich, Political dissidence under Nero. The price of dissimulation, London-New York, 1993, pp. 133-136.
  40. ^ R. Syme, Ten Studies in Tacitus, Oxford 1970, p. 68.
  41. ^ U. Vogel Weidemann, Die Statthalter von Africa und Asia in den Jahren 14-68 n. Chr., Bonn, 1982, p. 449.
  42. ^ a b c d PIR2 S 658-659 (Wachtel) e 682-683 (Wachtel).
  43. ^ CIL VI, 41058.
  44. ^ PIR2 R 115 (Wachtel).
  45. ^ Tacito, Annales, XIII, 19, 3-22, 2.
  46. ^ Tacito, Annales, XIV, 22 (cfr. 58-59).
  47. ^ Tacito, Annales, XIV, 59.

Bibliografia

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  • PIR2 A 776 (Groag).
  • U. Vogel Weidemann, Die Statthalter von Africa und Asia in den Jahren 14-68 n. Chr., Bonn, 1982, pp. 446-455.
  • W. Eck, Die Statthalter der germanischen Provinzen, Köln-Bonn, 1985, 23-24.
  • G. Camodeca, I consoli del 43 e gli Antistii Veteres d'età claudia dalla riedizione delle Tabulae Herculanenses, in Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, 140 (2002), pp. 227-236.