Quarto viaggio di Cristoforo Colombo
Segue il dettaglio del quarto viaggio di Cristoforo Colombo
Quarto viaggio di Cristoforo Colombo | |
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Parte di | Colonizzazione spagnola delle Americhe |
Data di partenza | 9 maggio 1502 |
Luogo di partenza | Cadice |
Tappe principali | Isole Cayman |
Data di ritorno | 7 novembre 1504 |
Fonti primarie | Lettera rarissima |
Equipaggiamento | |
Comandanti | Cristoforo Colombo |
Uomini celebri | Fernando Colombo e Bartolomeo Colombo |
Mezzi | 4 navi |
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L'incontro con i reali avvenne nel dicembre del 1509 a Granada. In quell'occasione ci furono altre esplorazioni, la scoperta del Rio delle Amazzoni da parte di Peralonso Niño e i viaggi di Alonso de Hojeda, ma nessuno si era spinto oltre quella che poi divenne Cuba. Il 3 settembre del 1501 i reali esternarono il loro pensiero: fu tolta la carica di viceré a Colombo, governatore e giudice supremo delle isole e della terraferma delle Indie fu proclamato Nicolás de Ovando,[1] mentre a Colombo fu concesso di riprendere i beni persi nell'ultimo viaggio, per recuperare i quali inviò un uomo di sua fiducia, Alfonso de Carvajal.[2]
L'ammiraglio organizzò un altro viaggio e su insistenti richieste il 14 marzo 1502 i reali accettarono la proposta, ma in cambio non avrebbe portato altri schiavi e non avrebbe dovuto fare scalo a Hispaniola, almeno all'andata.[3] Intanto Ovando partì con 32 navi e 2.500 uomini diretti verso Hispaniola.
Colombo intraprese un quarto viaggio, accompagnato dal fratello Bartolomeo e dal figlio tredicenne Fernando. Le quattro navi concesse, di tre di esse conosciamo il nome: Santiago,[4] Gallega, pilotata da Pedro de Terreros, e Vizcaina, comandata da Bartolomeo Fieschi, salparono da Cadice il 9 maggio 1502.
Il pilota era Juan Sanchez, posto sotto gli ordini di Diego Tristán. Colombo era invecchiato tanto da non poter prenderne il comando. Evitarono Gomera e si rifornirono nell'isola di Gran Canaria il 20 maggio 1502.[5] Ripresa la traversata, impiegarono 20 giorni per giungere a Martinica. Dopo una sosta di qualche giorno si diresse verso Hispaniola, città che gli era stato vietato raggiungere.
Colombo aveva previsto il sopraggiungere di un uragano, e chiese rifugio per le imbarcazioni a Ovando che rifiutò. L'ammiraglio trovò un altro luogo dove ripararsi. Altre venti navi dirette in Spagna su cui erano imbarcati de Torres, Francisco de Bobadilla e Francisco Roldan, e circa 500 coloni,[6] affondarono. Le navi di Colombo si salvarono, anche se la notte del 30 agosto 1502 le ancore stavano per essere divelte dal forte vento[7] Colombo ripartì verso l'America centrale continentale con l'intenzione di trovare un passaggio per le Indie.
Tra il luglio e l'ottobre di quell'anno Colombo costeggiò l'Honduras, il Nicaragua e la Costa Rica. Fra piogge continue di giorno, in 28 giorni viaggiarono per 170 miglia[8].[9] Il 5 ottobre 1502, giunse in quello che gli indigeni chiamavano Ciguara, dove sarebbe stato scavato il canale di Panama, e saputo che a poche miglia vi era un altro mare abbandonò l'idea di raggiungerlo. Il 16 ottobre 1502 giunse a Panama, dove si fermò per l'inverno.
Aveva saputo di una regione ricca di oro, Veragua, ma lo sfruttamento era impossibile a causa del clima e della morfologia del terreno. Qui pensò di fondare una colonia, presso il Río Belén,[10] dove iniziò ad erigere una fortezza, che però fu abbandonata a causa dell'abbassamento improvviso del fiume. Gli indigeni locali ostili, armati con mazze in durissimo legno di palma, e in uno scontro uccisero Diego Tristan e alcuni marinai che erano andati con lui in perlustrazione e ne ferirono molti, fra cui lo stesso Bartolomeo. Colombo malato da tempo decise di abbandonare tutto, Gallega compresa, grazie all'aiuto di Diego Mendez, promosso poi al posto del defunto Tristan[11]. Le perdite furono limitate.
Il 16 aprile 1503 Colombo lasciò quei luoghi, ripartendo per Hispaniola, scoprì le Isole Cayman e le battezzò Las Tortugas, grazie alle numerose tartarughe marine presenti. Durante la navigazione gli scafi risultavano infestati da parassiti, le teredini[12], comuni nelle acque caraibiche che indebolirono la struttura delle tre navi rimaste. La prima a cedere fu la Vizcaina, poi abbandonata in un'insenatura.[13] Vi fu una violenta tempesta che danneggiò entrambe le navi rimaste. Il 24 giugno 1503 giunsero a Puerto Bueno, il 25 giugno 1503, nella baia di Santa Gloria. Gli equipaggi furono costretti a sbarcare sulla costa settentrionale della Giamaica. Le navi infatti avevano imbarcato troppa acqua e la spedizione era giunta in Giamaica svuotandole con le pompe ed i secchi di bordo. Poco dopo l'arrivo trascinarono le navi in riva e le puntellarono per creare un riparo e una difesa contro gli indigeni. Si trovavano vicini ad un villaggio, Maima.[14]
Colombo vietò a chiunque di scendere dalle navi e inviò Diego Mendez con tre uomini, ottenendo dagli indigeni permessi per la caccia e la pesca. Nel pensare al modo per far ritorno, l'ammiraglio ebbe l'idea di creare una canoa permettendo a un uomo di giungere a Hispaniola. L'incarico fu affidato a Mendez.[15]
Alla fine le canoe furono due, e l'esempio di Mendez fu seguito da Bartolomeo Fieschi. Con loro salirono diversi indigeni, di cui uno morì per la sete e fu gettato in mare. Dopo tre giorni di navigazione giunsero a Navassa, a settembre del 1503 furono a Santo Domingo. Durante le lunghe trattative, Francisco Porras e Diego Porras, seguiti da 48 uomini si ribellarono a Colombo, tentando l'attraversata in canoa, ma non ebbero fortuna per cui si arresero.
Gli indigeni stavano per ribellarsi, ma Colombo riuscì poco dopo a prevedere un'eclissi lunare del 29 febbraio e mandò quindi a chiamare gli indigeni sostenendo che il suo dio era in collera con loro e avrebbe oscurato il cielo. La sera la luna divenne rossa e il giorno dopo gli indigeni spaventati ripresero a fornire cibo ai superstiti.
Nel mese di giugno 1504 giunse Diego de Salcedo con una nave da lui pagata con al seguito una piccola imbarcazione.[senza fonte] Il 28 giugno ripartirono per Hispaniola, il 12 settembre alla volta della Spagna, pagando di tasca propria il viaggio di rientro. Colombo arrivò in Spagna il 7 novembre.
Note
modifica- ^ Paolo Emilio Taviani, La meravigliosa avventura di Cristoforo Colombo, pag 236, Istituto geografico De Agostini, 1989, ISBN 978-88-402-0043-9.
- ^ De Lollis, p. 358.
- ^ Granzotto, p. 306.
- ^ Chiamata Bermuda per via del proprietario, Franciso Bermudez. Samuel Eliot Morison, The European Discovery of America: The northern voyages, A.D. 500-1600 (ristampa), pag 238, Oxford University Press, 1993, ISBN 978-0-19-508271-5.
- ^ De Lollis, p. 313.
- ^ Taviani, I viaggi di Colombo: la grande scoperta, vol. 1, p. 222.
- ^ Martini, p. 435.
- ^ Probabilmente corrispondono a circa 210 Km.
- ^ Granzotto, pp. 311-312.
- ^ Taviani, I viaggi di Colombo: la grande scoperta, vol. 1, p. 243.
- ^ Tarducci, vol. 2, p. 496.
- ^ Chiamate, "il verme dei legni".
- ^ Porto Bello, si veda Francesco Constantino Marmocchi, Raccolta di viaggi dalla scoperta del nuovo continente fino a' dì nostri, Volume 2, pag. 93, Fratelli Giachetti, 1841.
- ^ la città poi venne chiamata Siviglia, nome Lorgues de Lorgues, Tullio Dandolo, Volpato e comp, 1857, Cristoforo Colombo: storia della sua vita e dei suoi viaggi sull'appoggio di documenti autentici raccolti in Ispagna ed in Italia del conte Roselly de Lorgues ..., p. 258.
- ^ Egli inizialmente rifiutò osservando che era un'impresa impossibile; chiese quindi di offrire tale possibilità a tutti gli uomini sopravvissuti affermando che era l'unica possibilità che rimaneva, e che solo in caso di un rifiuto di tutti sarebbe partito lui: tutti rifiutarono e quindi Mendez accettò l'incarico. Granzotto, pp. 320-321
Bibliografia
modifica- Marino Ruggero, L'uomo che superò i confini del mondo, Sperling & Kupfer, 1995, ISBN 978-88-200-4912-6.
- Gianni Granzotto, Cristoforo Colombo, Ugo Mursia Editore, 2010, ISBN 978-88-425-4493-7.
- Paolo Emilio Taviani, I viaggi di Colombo: la grande scoperta, Istituto geografico De Agostini, 1984.
- Paolo Emilio Taviani, Cristoforo Colombo: la genesi della grande scoperta, Istituto geografico De Agostini, 1982.
- Cesare De Lollis, Vita di Cristoforo Colombo, Fratelli Treves, 1895.
- Francesco Tarducci, Vita di Cristoforo Colombo, Fratelli Treves, 1892.
- Dario G. Martini, Cristoforo Colombo tra ragione e fantasia, seconda edizione, ECIG, 1987, ISBN 88-7545-203-2.
- Arthur Helps, Vita di Cristoforo Colombo, G. Barbèra Editore, 1870.
- (EN) Miles H. Davidson, Columbus then and now: a life reexamined, University of Oklahoma Press, 1997, ISBN 978-0-8061-2934-1.
- Bernard Vincent, S. Vacca e Pier Luigi Crovetto, Perché l'Europa ha scoperto l'America, EDT srl, 1992, ISBN 978-88-7063-151-7.