Repubblica di Santo Stefano
La Repubblica di Santo Stefano fu una colonia collettiva ed autonoma, durata poche settimane, istituita da un gruppo di camorristi, reclusi nel penitenziario dell'isola di Santo Stefano, che presero il potere dopo una violenta rivolta ivi avvenuta nell'ottobre del 1860.
Repubblica di Santo Stefano | |
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Dati amministrativi | |
Lingue ufficiali | dialetto locale |
Lingue parlate | dialetto locale |
Capitale | Ventotene |
Politica | |
Forma di Stato | repubblica |
Forma di governo | de facto controllato dalla camorra |
Nascita | ottobre 1860 |
Causa | Rivolta dei carcerati |
Fine | Gennaio 1861 |
Causa | fine rivolta, annessione al Regno d'Italia |
Territorio e popolazione | |
Bacino geografico | Isola di Santo Stefano |
Territorio originale | Carceri dell'isola di Santo Stefano |
Religione e società | |
Religioni preminenti | Cristiana cattolica |
Classi sociali | Detenuti, isolani |
Evoluzione storica | |
Preceduto da | Due Sicilie |
Succeduto da | Italia |
Ora parte di | Italia |
La rivolta
modificaNell'ottobre del 1860 nel penitenziario borbonico dell'Isola di Santo Stefano, espiava le proprie condanne un gruppo di 800 carcerati quasi tutti di origine napoletana ed affiliati alla Bella Società Riformata. Molti di loro erano stati condannati al domicilio coatto nell'isola perché considerati pericolosi per la società o perché si erano resi protagonisti di vicende criminali gravi all'interno di altre prigioni del napoletano. Quando alcuni di questi, approfittando del fatto che il distaccamento borbonico che presidiava il posto aveva dovuto raggiungere in massa Capua dove l'esercito di Francesco II si trovava sotto assedio, disarmarono e bloccarono alcuni secondini, si innescò una furibonda rivolta che vide protagonisti i guappi ed i peggiori camorristi tra quelli reclusi.
Le 40 guardie della prigione furono facilmente disarmate e bloccate, i cancelli furono aperti e il gruppo di rivoltosi si sparpagliò per l'isola. Dopo qualche ora di caos, fu trovato l'accordo con i secondini e con i pochi isolani residenti e fu costituita una giunta denominata "Commissione per il buon ordine" le cui redini furono offerte al capintrito Francesco Venisca.
La repubblica
modificaLa comunità si diede addirittura uno statuto costituito dai seguenti articoli:
- Qualunque condannato uccidesse un suo compagno a tradimento sarà punito con la morte.
- Qualunque condannato offendesse i superiori dell'ergastolo o i guardiani, per vie di fatto o per minacce, sarà punito con la fucilazione.
- Qualunque condannato offendesse la vita e le sostanze degli isolani sarà punito con la morte.
- Qualunque isolano offendesse l'onore delle famiglie appartenenti ai superiori, guardiani e persone oneste dell'isola sarà punito con la morte.
Durante la sua breve esistenza, la Repubblica di Santo Stefano elesse anche un senato, composto dai guappi e dai camorristi più importanti, che doveva decidere le condanne per coloro che non avessero rispettato lo statuto.
Ed in effetti alcuni "processi" con relative condanne ci furono, tutte registrate inchiostro su carta: Pasquale Urso fu condannato a 50 bastonate e a 30 giorni di isolamento in una cella perché aveva rubato dei sacchi di farina; Antonio Margiotta, dopo aver rubato del legname ed un considerevole quantitativo di uva dalla vigna di un contadino, fu costretto a fare il giro dell'isola diverse volte con la refurtiva legata sulle spalle. Ci furono anche condanne a morte, come quella di un certo Giuseppe Sabia, resosi colpevole di aver rubato una capra. Fu trovato nello spiazzo del cimitero proprio mentre la stava arrostendo, fu ucciso sul posto a pugnalate ed il corpo gettato da una scogliera. Un altro condannato a morte fu Vincenzo Fedele. Le cause della condanna di quest'ultimo non sono note, probabilmente fu ucciso per vecchi rancori tra gruppi di camorristi.
La fine ed il processo
modificaNel gennaio del 1861 giunse poi sull'isola una spedizione di marinai del Regno di Sardegna. I marinai domarono i rivoltosi e riportarono l'ordine. Il processo ai rivoltosi iniziò solo nel 1866, a causa della scarsezza di testimoni. Le condanne si ebbero nel 1872 e tra queste la più dura fu quella che toccò a tale Francesco Orlando. Tre dei cinque membri della commissione furono assolti. Tra le motivazioni degli avvocati difensori si trova la seguente:
«Vi è un'inesistenza di reato sotto il rapporto dell'esercizio di un potere legittimamente costituito, conforme alle supreme esigenze dei tempi eccezionali.»
Bibliografia
modifica- Vittorio Paliotti. La repubblica di Santo Stefano in Storia della camorra. 1ª ed. Roma, Newton & Compton, 1993. pp. 127-131. 8879832875.