Riserva naturale speciale della Bessa

riserva regionale della provincia di Biella
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La riserva naturale speciale della Bessa, istituita con la Legge Regionale n. 19 del 29 giugno 2009, è situata nel Piemonte settentrionale, allo sbocco della Valle d'Aosta e alla base delle pendici meridionali delle Alpi Biellesi, in provincia di Biella.

Immagine della Bessa

Si estende per 750 ha, comprende il territorio dei comuni di Borriana, Cerrione, Mongrando e Zubiena e fa parte delle aree protette Biellesi in gestione all'Ente di gestione delle aree protette del Ticino e del Lago Maggiore.

Situata nella valle dell'Elvo, si sviluppa ad una quota che oscilla fra i 270 e i 430 metri di altitudine. Territorialmente corre per tutta la sua estensione sul fianco biellese della collina morenica della Serra (tra le più estese d'Europa).

Nonostante il paesaggio brullo - fatto di ciottoli accatastati dal tempo (i cosiddetti ciapei) e profondi e lunghi valloni (le bunde) - è meta di escursioni sia a piedi che in mountain bike.

Molto apprezzata è la visita ai numerosi casali della zona, in particolare a quelli della frazione di Vermogno di Zubiena - sede del Centro visite e dell'Area attrezzata della riserva e dell'Ecomuseo dell'oro - e di Mongrando. Nel borgo medioevale di Magnano sono visitabili l'antico ricetto e la chiesa romanica intitolata a San Secondo, ove si svolgono in estate rassegne di musica classica.

Geografia e geologia

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La riserva è delimitata a nord dai resti di una morena del Pleistocene inferiore e dalle alluvioni quaternarie del torrente Elvo, a sud da una seconda morena della stessa fase glaciale e dalla valle del torrente Olobbia.

La Bessa si presenta oggi come un altopiano che si estende sul prolungamento della valle del torrente Viona per 8 km in direzione nord-ovest - sud-est, largo da 800 m fino ad un massimo di 1,7 km e digradante da una quota massima di circa 450 m a nord-ovest alla quota di circa 300 m a sud-est.

Il giacimento aurifero della Bessa si formò per erosione e risedimentazione, da parte di corsi d'acqua, dei depositi morenici ricchi di oro trasportati dall'espansione dei ghiacciai valdostani, avvenuta a partire da 1 milione di anni fa; contemporaneamente furono liberati dai detriti i grandi massi erratici che ora costellano a centinaia il territorio del parco.

L'area della miniera, le cui evidenze archeologiche sono databili al II - I secolo a.C., con tracce di frequentazioni anteriori rappresentate in gran parte da massi erratici con incisioni rupestri, è costituita da due terrazzi di origine fluvioglaciale, ricoperti, nel terrazzo superiore da cumuli di ciottoli ed in quello inferiore da sabbie e ghiaie, residui del lavaggio per l'estrazione del metallo.

Su molti massi erratici presenti nel territorio del parco sono presenti incisioni rupestri, prevalentemente a forma di coppella, che attestano una intensa frequentazione protostorica dell'area. A partire dal V-IV secolo a.C. il territorio era controllato dai Salassi.

Tra il 143 ed il 140 a.C. il territorio fu conquistato dalle legioni romane di Appio Claudio e l'estrazione fu affidata ai pubblicani, gli imprenditori dell'epoca, che impiegarono nei lavori fino a 5000 uomini contemporaneamente.

Non è nota la durata del periodo di sfruttamento: sappiamo però dallo storico Strabone che, nella seconda metà del I secolo a.C., le miniere erano già state abbandonate (o più probabilmente esaurite) e l'oro di Roma proveniva ormai in massima parte dall'Iberia e dalla Gallia.

Galleria d'immagini

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