Rivolta di maggio in Armenia

La rivolta di maggio[3][4] (in armeno Մայիսյան ապստամբություն?) fu un tentativo di colpo di stato da parte dei bolscevichi armeni intrapreso ad Alessandropoli (l'odierna Gyumri) il 10 maggio 1920.[5][6] La rivolta fu alla fine soppressa dal governo armeno il 14 maggio e i suoi leader furono giustiziati. Sebbene fallì, l'Armenia fu sovietizzata dopo l'invasione dell'11ª armata della Russia sovietica nel novembre 1920 e la metà occidentale del paese fu contestualmente occupata dai nazionalisti turchi. La rivolta e i suoi leader giustiziati furono elogiati durante il periodo sovietico dal 1920 fino alla fine degli anni '80, quando nacque il movimento del Karabakh e crebbe il sentimento antisovietico nel paese. La rivolta rimane un argomento controverso in Armenia.

Rivolta di maggio
Monumento ai partecipanti alla rivolta di maggio a Gyumri.
Data10-14 maggio 1920
Luogo Prima Repubblica di Armenia
EsitoRepressione della rivolta[1]
Schieramenti
Prima Repubblica di Armenia Armeni bolscevichi del Revkom
  • Unità disertate del governo[2]
    Musulmani dell'Armenia[2]
    Supportati da:
    Russia sovietica
  • Azerbaigian sovietico
  • Comandanti
    Sebouh Nersesian
    Hamo Ohanjanyan
    Ruben Ter Minasian
    Sargis Musayelian
    Ghukas Ghukasyan
    Voci di rivolte presenti su Wikipedia

    Dall'istituzione della Prima Repubblica di Armenia nel 1918, i partiti politici e le diverse fazioni, evitavano, per la maggior parte, conflitti interni o ribellioni contro il partito dominante Dashnak poiché il paese soffriva di profonde crisi economiche e demografiche; durante la sua biennale esistenza fu ad un certo punto in guerra con tre dei quattro paesi confinanti (Turchia, Azerbaigian, Georgia). La situazione cambiò dopo l'avanzata delle forze bolsceviche nel Caucaso meridionale all'inizio del 1920.[7] Il Partito Comunista Armeno, che operava in segreto, fu fondato nel gennaio 1920 per combattere "la denigrazione delle potenze alleate e dei loro 'collaboratori' Dashnakisti".[8] La rivolta fu condotta principalmente dai bolscevichi nati nell'Armenia russa, poiché la maggior parte dei profughi armeni dall'Impero ottomano erano "distaccati" o "ostili" al bolscevismo.[9] Al contrario, parte dell'esercito armeno fu solidale con la rivolta, seguendo la direzione del capitano ammutinato Sargis Musayelyan che fu al comando del treno corazzato chiamato Vardan Zoravar (in armeno Վարդան Զորավար? lett 'Generale Vardan') ad Alessandropoli dal febbraio 1919.[10]

    Rivolta

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    Incoraggiati dall'invasione dell'Azerbaigian da parte dell'Armata Rossa alla fine dell'aprile 1920, i bolscevichi armeni guidati da Avis Nurijanyan[11] organizzarono una rivolta nel mese di maggio.[8][12] Gli eventi che precedettero la rivolta iniziarono il 1º maggio 1920, Giornata internazionale dei lavoratori, con i bolscevichi che manifestarono contro il governo armeno nella capitale Yerevan e in altre città.[7]

    La rivolta si intensificò dopo che il treno corazzato Vardan Zoravar e il suo equipaggio sotto il comando di Musayelyan si unirono ai ribelli bolscevichi che avevano formato un comitato rivoluzionario (Armkom) e proclamato l'Armenia uno stato sovietico il 10 maggio.[13][14][7] I ribelli bolscevichi conquistarono con successo Alessandropoli, Kars e Sarıkamış.[15] Il 5 maggio 1920, il governo (il gabinetto) di Alexander Khatisian si dimise e ne fu formato uno nuovo sotto la guida di Hamo Ohanjanyan. Esso era interamente composto da membri del partito Dashnak. Il parlamento rinunciò ai suoi diritti di subentrare al governo poiché l'Armenia era in stato di emergenza. Sebouh Nersesian fu nominato comandante per sopprimere la rivolta. Il 13 maggio la sua unità raggiunse Alessandropoli e il giorno successivo i ribelli lasciarono la città e le forze governative entrarono ristabilendo l'ordine.[7]

    Conseguenze

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    I leader della rivolta, tra cui Sargis Musayelyan e Ghukas Ghukasyan,[14] furono inizialmente imprigionati mentre il governo sovietico il 4 giugno avvertì che le relazioni diplomatiche sarebbero state "danneggiate" se la "persecuzione dei comunisti fosse continuata"; inoltre diversi importanti figure del Dashnak erano all'epoca imprigionati nella Russia sovietica e in Azerbaigian.[16] Dopo l'invasione sovietica del Zangezur e la cattura e la tortura dei Dashnak il Partito Comunista d'Armenia fu bandito nel paese.[7] La situazione interna dell'Armenia peggiorò quando il governo perse il prestigio tra il popolo e la speranza tra i funzionari alleati.[17] Dopo tre mesi, il 3 dicembre fu firmato il Trattato di Alessandropoli, che divideva di fatto l'Armenia tra il dominio turco e quello sovietico. Un nuovo governo nel resto dell'Armenia indipendente aprì quindi la strada a un nuovo esecutivo che raggiunse lo scopo perseguito nella rivolta. Fu dichiarata la Repubblica Socialista Sovietica Armena che divenne parte costitutiva dell'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche nel 1922, riconquistando infine la sua indipendenza dopo lo dissoluzione dell'URSS nel 1991.[18][7]

    Eredità storica

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    Periodo sovietico

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    La rivolta fu ampiamente criticata[19] e lodata nell'Armenia sovietica e nella storiografia sovietica e venne rappresentata come una "lotta eroica".[20] Furono scritti diversi libri sull'evento. Numerosi insediamenti nell'Armenia sovietica presero il nome dai partecipanti bolscevichi più importanti della rivolta, tra cui Gandzak (precedentemente chiamata Batikian da Batik Batikian),[21] Sarukhan (da Hovhannes Sarukhanian),[21] Nahapetavan (da Nahapet Kurghinian),[22] Gharibjanyan (da Bagrat Gharibjanyan),[14] Musayelyan (da Sargis Musayelian),[14] Mayisyan (dalla stessa "rivolta di maggio"),[23] Ashotsk (precedentemente chiamata Ghukasyan da Ghukas Ghukasyan).[24]

    Una statua di Ghukas Ghukasyan fu eretta nel 1935 nel parco nei pressi dell'Università Agraria nel centro di Erevan. La statua fu fatta saltare in aria nel 1990, durante il culmine della lotta antisovietica in Armenia.[25] Nel 2009, al suo posto fu collocata la statua del celebre astrofisico armeno Viktor Hambardzumyan.[26] La piazza centrale della seconda città più grande dell'Armenia, Gyumri, (chiamata Leninakan durante il periodo sovietico) fu intitolata in onore della rivolta. Oggi si chiama Piazza Vardanants.[27]

    Repubblica di Armenia (1991-oggi)

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    La rivolta rimane un argomento alquanto controverso anche nell'Armenia post-sovietica. Secondo uno studio sui manuali scolastici armeni "il tono del resoconto rimane abbastanza sobrio e neutro, agli studenti non viene imposta una certa interpretazione degli eventi". L'uso del termine "insurrezione" in questi libri di testo, tuttavia — in contrasto con "ribellione", come nei casi contestuali dei disordini musulmani — tradisce una leggera simpatia nei confronti dei bolscevichi.[20] Durante una manifestazione antigovernativa del 2010, il primo presidente e leader dell'opposizione dell'Armenia Levon Ter-Petrosyan dichiarò:[28]

    «Alcuni dei leader del Dashnak confessarono retrospettivamente che se avessero ceduto il potere ai bolscevichi nel maggio 1920, l'Armenia non avrebbe perso le regioni di Kars, Ardahan, Surmalu e Nakhichevan, e in tal caso anche la soluzione della questione del Karabagh sarebbe potuta essere diversa. Tuttavia, invece di farlo, massacrarono spietatamente i leader della Rivolta di maggio e gettarono centinaia di partecipanti nelle prigioni, innescando incautamente l'ira e l'ostilità della Russia, per usare un eufemismo, e imponendo un prezzo amaro alla nostra patria.»

    1. ^ (EN) Rouben Paul Adalian, Historical dictionary of Armenia, 2nd ed, Scarecrow Press, 2010, p. 241, ISBN 978-0-8108-7450-3, OCLC 647927779.
    2. ^ a b (EN) King, Charles, The Ghost of Freedom: A History of the Caucasus, Oxford, New York, Oxford University Press, 2008, p. 172, ISBN 978-0-19-517775-6.
    3. ^ (EN) Šaginjan, Marietta, Journey Through Soviet Armenia, Foreign Languages Publishing House., 1954, p. 61.
      «Underground Bolshevik organizations worked actively in all parts of the country, preparing the people for a general uprising. In May 1920 the uprising broke out and it has gone down in the history of Armenia as the "May Uprising.»
    4. ^ (EN) Payaslian, Simon, The history of Armenia: from the origins to the present, New York: Palgrave Macmillan, 2007, p. 170, ISBN 978-0-230-60064-5.
    5. ^ (EN) Razmik Panossian, The Armenians : from kings and priests to merchants and commissars, Columbia University Press, 2006, p. 258, ISBN 0-231-51133-7, OCLC 637197421.
    6. ^ (FR) Gérard Chaliand, Resistance and revenge : the Armenian assassination of Turkish leaders responsible for the 1915 massacres and deportations, 2016, p. 106, ISBN 1-4128-6438-0, OCLC 952370221.
    7. ^ a b c d e f (HY) Università Pedagogica statale dell'Armenia; Poghsosyan, Samvel; Asryan, Armen; Stepanyan, Khachatur; Hovhannisyan, Edgar, Հայոց Պատմություն [Storia armena], su books.nt.am, VMV-Print, pp. 198-200 (archiviato dall'url originale il 14 luglio 2014).
    8. ^ a b (EN) Scanlan, Chris, Save Me From Hope That I'll Be Saved: The Birth and Death of The Democratic Republic of Armenia, su Scribd. URL consultato il 9 febbraio 2023 (archiviato il 5 marzo 2016).
    9. ^ Hovannisian, 1996, p. 209.
    10. ^ Hovannisian, 1996, p. 218.
    11. ^ Hovannisian, 1996, p. 211.
    12. ^ (HY) Մայիսյան ապստամբությունը [L'insurrezione di Maggio], su Republic.Mediamax.am. URL consultato il 9 febbraio 2023.
    13. ^ (EN) National Republic, vol. 21-22, National Republic, 1933, p. 84.
      «A republic had been declared in 1918, and on May 10, 1920, a "Soviet Republic" acclaimed.»
    14. ^ a b c d Kiesling, 1999, p. 49.
    15. ^ (RU) A.B. Kadishev, Interventsia I Grazhdanskaja Vojna v Zakavkazje (Mosca, 1961), pp. 280-289.
    16. ^ Hovannisian, 1996, p. 252-253.
    17. ^ Hovannisian, 1996, pp. 247-249.
    18. ^ (EN) Charlotte Mathilde Louise Hille, State Building and Conflict Resolution in the Caucasus, BRILL, 2010, pp. 152-157, ISBN 978-90-04-17901-1.
    19. ^ Hovannisian, 1996, pp. 249.
    20. ^ a b (EN) Zolyan, Mikayel e Zakaryan, Tigran, 'We are a small nation, but': The image of the self, the image of the other, and the image of the enemy in school text books about Armenia (PDF), su edumeres.net, Eckert.Beiträge, p. 8 (archiviato dall'url originale il 3 marzo 2016).
    21. ^ a b Kiesling, 1999, p. 28.
    22. ^ Kiesling, 1999, p. 48.
    23. ^ Kiesling, 1999, p. 50.
    24. ^ Kiesling, 1999, p. 51.
    25. ^ (HY) Հին Երևանի լուսանկարներ / Old Yerevan Photos / Фотографии старого Еревана, su / Hin Yerevan / Հին Երևանի լուսանկարներ / Old Yerevan Photos / Фотографии старого Еревана.
    26. ^ Վիկտոր Համբարձումյանի արձանը՝ Ղուկաս Ղուկասյանի արձանի տեղում, su azg.am. URL consultato il 9 febbraio 2023 (archiviato l'11 marzo 2016).
    27. ^ (EN) Tsypylma Darieva, Wolfgang Kaschuba e Melanie Krebs, Urban Spaces After Socialism: Ethnographies of Public Places in Eurasian Cities, Campus Verlag, 2011-11, p. 70, ISBN 978-3-593-39384-1.
    28. ^ Speech by Levon Ter-Petrosyan at the meeting in September 17, 2010, su anc.am (archiviato dall'url originale il 9 agosto 2013).

    Bibliografia

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    Voci correlate

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    Altri progetti

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