Spada di Orione
La Spada di Orione è un asterismo ben riconoscibile a sud della famosissima Cintura di Orione.
Osservazione
modificaL'asterismo, grazie alla sua posizione vicina all'equatore celeste, è ben visibile da tutti i luoghi abitati della Terra; si mostra come una "colonna" di piccole stelle e nebulose disposte in senso nord-sud.
Come la Cintura di Orione, anche la Spada ha una lunga storia osservativa; sia Cicerone che Germanico la citano riferendosi ad essa come ensis, ossia la "spada" del gigante Orione.[1][2] Il nome Ensis è rimasto come nome proprio della stella η Orionis, sebbene questa si trovi in posizione diversa dall'asterismo, il quale è formato dalle stelle 42 Orionis, θ Orionis (l'ammasso del Trapezio), e ι Orionis.
Anche gli Arabi la consideravano come una spada, chiamandola Saif al Jabbār, ossia "La spada del gigante". Presso i Cinesi era 伐 (punizione), mentre nella tradizione giapponese aveva il significato di Ko-mitsu-boshi (小三星), le "Tre Piccole Stelle".
Caratteristiche
modificaTra le sue componenti ha una posizione fondamentale la Nebulosa di Orione (M42): creduta in antichità una semplice stella, magari un po' sfocata, si rivela essere una delle più grandi nebulose conosciute, nonché la più luminosa osservabile dalla Terra e la più studiata. Grazie all'osservazione di questa nebulosa, gli scienziati hanno potuto osservare e studiare gli stadi fondamentali della formazione stellare.[3]
Fra le tre stelle della Spada sono presenti, oltre alla Nebulosa di Orione, altri due sistemi nebulosi importanti: uno è costituito dalla Nebulosa De Mairan (M43), in realtà direttamente connesso con la Nebulosa di Orione, e a nord, NGC 1977, una nebulosa a riflessione illuminata dalla stella 42 Orionis.[3]
Note
modifica- ^ Allen, R. H. (1899) Star Names: Their Lore and Meaning, G. E. Stechert, New York, p.316.
- ^ Grotius, H. (1600) Syntagma Arateorum, Leyden.
- ^ a b Bally, J., Overview of the Orion Complex, in Handbook of Star Forming Regions, Volume I: The Northern Sky ASP Monograph Publications, vol. 4, dicembre 2008, p. 1. URL consultato il 24 giugno 2009.