Franz-Peter Tebartz-van Elst: differenze tra le versioni
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== Opinioni ==
=== Matrimonio e famiglia ===
Nell'agosto del [[2008]] padre Peter Kollas ha benedetto con un pastore protestante una coppia dello stesso sesso nella [[cattedrale di Wetzlar]]. Monsignor Tebartz-van Elst ha quindi rimosso padre Kollas dall'ufficio di decano locale perché aveva violato la dottrina cattolica romana che considera l'[[omosessualità]] "una condotta disordinata".<ref>Thomas Jansen: [http://www.faz.net/aktuell/rhein-main/hessen/wetzlar-absetzung-des-bezirksdekans-fuer-eine-diskrete-ruege-vom-bischof-war-es-wohl-zu-spaet-1683246.html ''Für eine diskrete Rüge vom Bischof war es wohl zu spät''] In: ''[[Frankfurter Allgemeine Zeitung]]'', 22 agosto 2008.</ref> Il rapporto di fiducia con padre Kollas si era secondo lui eroso. Il motivo principale della rimozione di padre Kollas era di aver dato la falsa impressione che per la Chiesa cattolica le unioni omosessuali equivalgano al matrimonio. Una dichiarazione della [[Santa Sede]] del maggio [[2010]]<ref>[http://www.sueddeutsche.de/politik/dokumentation-die-vatikan-erklaerung-zur-homosexuellen-ehe-1.645991 ''Die Vatikan-Erklärung zur Homosexuellen-Ehe.''] In: ''[[Süddeutsche Zeitung]]'', 11 maggio 2010.</ref> aveva già ribadito che: "Non vi è alcuna base per un'analogia tra i rapporti omosessuali e il piano di Dio sul matrimonio e sulla famiglia", in modo che tutti i cattolici debbano resistere all'uguaglianza di entrambe le forme di vita e cercare "forme adeguate di assistenza pastorale" per le coppie omosessuali. Padre Kollas è rimasto e rimane un prete, ma la sua rimozione dall'ufficio di decano ha sollevato molte critiche.<ref>[http://www.spiegel.de/panorama/gesellschaft/homosexuellen-segnung-limburger-bischof-beruft-dekan-ab-a-573282.html ''Limburger Bischof beruft Dekan ab.''] In: ''[[Spiegel Online]]'', 20 agosto 2008.</ref> Kollas era in disaccordo con questo fondamento logico: "Non si trattava del sacramento del matrimonio, ma del fatto che un prete non può rifiutare a due persone una parola di amore e misericordia di Dio per la loro vita comune quando richiesta".<ref>Gießener Allgemeine,
Il 19 agosto [[2010]] monsignor Tebartz-van Elst ha ribadito il divieto per i vescovi cattolici tedeschi, in vigore dal [[2006]], di cooperare con l'associazione di consulenza per le gravidanze "Donum vitae".<ref>Kirchensite, 27. Juli 2006: [http://kirchensite.de/index.php?myELEMENT=116258 ''Erklärung zu Donum Vitae: Bischöfliche Klarstellung'']</ref> I suoi certificati di consulenza avrebbero infatti contribuito a garantire che "l'uccisione della vita non nata fosse legalmente coperta". Ciò contraddice il "sì incondizionato alla vita" della dottrina cattolica.<ref>Echo, 20 agosto 2010: {{cita news | url=http://www.echo-online.de/nachrichten/landespolitik/Scharfe-Attacke-gegen-Donum-Vitae;art175,1087786 |titolo=''Scharfe Attacke gegen „Donum Vitae“ Schwangerenberatung: Bischof von Limburg macht Verein für Abtreibungen mitverantwortlich'' | pubblicazione=| accesso=24 novembre 2017 | urlarchivio=https://web.archive.org/web/20150410090129/http://www.echo-online.de/nachrichten/landespolitik/Scharfe-Attacke-gegen-Donum-Vitae;art175,1087786 | dataarchivio=10 aprile 2015 | urlmorto=sì }}</ref> Il suo predecessore, monsignor [[Franz Kamphaus]], nel [[1999]] aveva respinto le direttive di [[papa Giovanni Paolo II]] sulla presenza cattolica nei consultori pubblici anche se le ha adottate successivamente, nel [[2002]].<ref>[http://user130.srv1069.dsinet.de/schwan9.htm ''Erklärung von Bischof Franz Kamphaus zur Entscheidung von Papst Johannes Paul II. bezüglich der Schwangerschaftskonfliktberatung im Bistum Limburg''] {{webarchive|url=https://web.archive.org/web/20160304072247/http://user130.srv1069.dsinet.de/schwan9.htm |data=4 marzo 2016 }}</ref> Nel [[1995]] infatti, da quando in [[Germania]] era passata una legge in materia di aborto che cercava di contemperare il permissivismo estremo dell'ex [[Germania Est]] con le maglie più strette dell'ex [[Germania Ovest]]. L'aborto rimase in linea di principio illegale, ma depenalizzato se compiuto nelle prime dodici settimane di gravidanza e se la donna incinta avesse presentato un "certificato di consulenza" rilasciato da un consultorio familiare autorizzato dallo Stato. La pietra dello scandalo, per il papa, era proprio qui. Perché tra i consultori autorizzati a dare il via libera all'aborto c'erano anche quelli della Chiesa: 265 su un totale di 1685. Quasi tutti i vescovi tedeschi però difesero sempre la loro presenza nei consultori pubblici. Fecero notare che dai consultori della Chiesa passavano anche molte donne non cattoliche e non praticanti. Una su quattro, in media, veniva persuasa a portare a termine la gravidanza. "E le altre ? Quelle che poi vanno ad abortire ? Dare loro il certificato è come dare loro la licenza d'uccidere", obiettarono gli avversari. Di questi, il capofila più autorevole fu proprio monsignor Johannes Dyba. Fin dal [[1995]] tirò fuori dalle strutture pubbliche i consultori della sua diocesi. E subito si capì che il papa era con lui. In quello stesso [[1995]], [[papa Giovanni Paolo II]] scrisse infatti nell'[[enciclica]] ''[[Evangelium Vitae]]'' che la Chiesa non deve farsi coinvolgere in alcun modo, nemmeno indiretto, in procedure che convalidino aborti. Dopo diversi mesi di discussione all'interno della Conferenza episcopale e con la [[Santa Sede]], il papa concesse che i consultori della Chiesa potessero continuare a operare dentro le strutture pubbliche. Ma, quanto al certificato, esigette perentorio che da allora vi fosse aggiunta in calce la seguente frase: "Questo certificato non può essere utilizzato per l'esecuzione depenalizzata di aborti".<ref>[http://www.berliner-zeitung.de/archiv/reaktionen-auf-herzogs-appell---prominente-teilnehmer-fordern-mehr-einmischung-der-kirche-dyba-lehnt-rueckkehr-zur-schwangerenberatung-ab,10810590,9442146.html ''Dyba lehnt Rückkehr zur Schwangerenberatung ab''.] In: ''[[Berliner Zeitung]]'', 13. Juni 1998 (abgerufen 8. Februar 2010)</ref><ref>{{Cita news|autore=Sandro Magister|url=http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/7161.html|titolo=E tu obbedirai con dolore|pubblicazione=L'Espresso|data=15 luglio 1999|accesso=15 luglio 1999}}</ref>
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