Utente:L'inesprimibile nulla/Sandbox 9
Mt, 27, 15-26
modificaTesto
modificaA1 |
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B1 |
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C |
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B2 |
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A2 |
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Analisi
modifica- La pluralità di studi e interpretazioni su questi versetti contemporaneamente mette in evidenza l'estrema complessità degli stessi e la possibilità di letture alternative, che cerchino di penetrarne più in profondità e/o in differente modo il loro significato.
- La struttura si basa sul dialogo tra prefetto e popolo; al centro della discussione c'è Gesù, circondato dai temi della violenza e del sangue, che contribuiscono alla contestualizzazione del copione e gli conferiscono accenti drammatici.
- La struttura presenta un modo crescente e decrescente, sempre concentrato sulla lettura parallela delle dinamiche della folla e dell'animo di Pilato: presentazione dei personaggi (sostanziale introduzione); il dramma psicologico di Pilato; l'ardua scelta tra Gesù e Barabba (dove l'opposizione tra le due componenti giudicanti diventa massima); parallelo dramma personale e collettivo (dove ci si avvia alla risoluzione col retrocedere di una delle due autorità, o meglio, poteri); deliberazione della soluzione (sostanziale explicit).
- Il nesso A1 - A2 si manifesta nella presenza del verbo rilasciare, il quale viene presentato come un quesito ancora aperto nella prima sezione, quesito che trova una risposta, per quanto fatale, nella seconda.
- Cinicamente e ironicamente, l'aggettivo giusto usato nel B1 viene ripreso quale innocente nel B2, quasi come se Pilato diventasse vittima del sopruso tanto quanto colui che è sotto giudizio. Alla reale innocenza si oppone la pretesa di innocenza, secondo una struttura a chiasmo. Il riferimento al sangue innocente, in ogni caso, sembra un chiaro riferimento all'episodio di Guida. Se il B1 propone dei dati che razionalmente dovrebbero influenzare il giudizio (riflessione interiore e intercessione della moglie) il B2, dopo l'accesso nella scena della folla, mostra come essa disponga del potere di mutare il giudizio senza disporre di validi argomenti, fomentata com'era. Durante queste sequenze, l'autore raffigura i sentimenti dell'individuo che sembra detenere maggiormente il potere, che è effettivo nel caso della folla e solo formale nel caso di Pilato, il quale si limita a formalizzare una decisione già presa dall'esterno. Tuttavia, Pilato viene inchiodato alle sue colpe perché ogni condanna contro Cristo viene presentata come se scaturita da una propria deliberazione. Ma oltre allo scontro sull'innocenza dei due individui (Cristo e Pilato, dove Pilato, al contrario di quanto sostenuto in passato, è evidentemente colpevole perché il giudizio, cui avrebbe potuto opporsi anche in virtù della recente visione, pesa sul suo capo) si apre uno scenario di riflessione sulla colpevolezza del popolo.
- Il corpo centrale offre più spunti di riflessione. 1) Se in Marco Gesù è presentato come Re dei Giudei (il celebre INRI), qui viene identificato senza dubbio come il Messia, come il Cristo. 2) Questo appellativo è ripetuto con insistenza, forse ad evidenziare l'ironia che Pilato usa nell'esporlo. Bisogna a tal proposito anche evidenziare come esso sia sempre preceduto dal participio detto, quasi ad evidenziare, con accento ironico, come quel giudizio popolare non fosse nemmeno potenzialmente sostenibile dalla razionalità. 3) La duplicità della scelta è messa in estremo rilievo, a differenza di quanto avviene nel Vangelo di Marco. 4) Nel considerare, ora seriamente, ora ironicamente, Gesù come giusto e come Messia, operazione svolta da Pilato e dalla consorte, che erano pagani, si ha un'allusione ai Magi dell'Epifania, quasi a indicare come la verità, talvolta presa alla leggera, sia sotto gli occhi di tutti.
I crocifissi
modificaFinalità
modifica- Sintetizzare i tratti salienti dell'uomo della sindone.
- Raccogliere le informazioni presenti nei Vangeli circa l'aspetto del cadavere di Cristo.
- Esaminare varie tipologie di crocifissi e confrontarle con le suddette sintesi.
- Identificare una crocifissione ad alta compatibilità con le attestazioni.
Descrizione della sindone
modificaLa sindone di Torino è un lenzuolo di lino[N 1] dalle caratteristiche fisico-chimiche sostanzialmente impossibili[N 2] da imitare al giorno d'oggi che ospita l'immagine frontale e dorsale del cadavere di un uomo flagellato e crocifisso. Le teorie sulla sua datazione[N 3] sono numerose e discordi. Anche a causa del divieto di agire sull'oggetto, analizzato per l'ultima volta nel 1978,[N 4] è difficile comprendere che processo abbia portato alla formazione di questa immagine. Per esempio, la teoria radiativa è riuscita a produrre degli interessanti risultati, ma ci si è resi conto che la strumentazione a nostra disposizione, pur operando nella direzione corretta, presenta dei limiti tenici.[N 5] Vanno sicuramente escluse le ipotesi secondo cui sarebbe stata ottenuta per riscaldamento, stampa o pittura.[N 6] Un'ipotesi attualmente molto condivisa è che ossidazione, disidratazione e coniugazione della tela abbiano portato a un invecchiamento accelerato del lino. Si è poi recentemente scoperto che il processo di invecchiamento e disidratazione può causare una colorazione tardiva rispetto all'irraggiamento. In base agli esperimenti svolti, non si può escludere affatto che l'immagine si sia resa visibile a distanza di anni da quando era stata impressa.
Le tracce di sangue umano sono autentiche e regolari, e dove presenti non si vede la figura;[N 7] la sfumatura denota le parti tridimensionali del corpo; le parti tinte sono più deboli delle altre. Il cadavere potrebbe essere stato avvolto con o senza completo contatto col cadavere (a seconda dei casi, sarebbe stato legato attorno al corpo con corde o solo appoggiato sopra e sotto). La seconda ipotesi è più probabile per il cambiamento di intensità dell'immagine secondo la distanza dal corpo del telo. Il fatto che siano presenti nell'immagine pure mani e naso dimostra che l'immagine non si è però necessariamente formata per contatto. Si può ipotizzare, per l'assenza di putrefazione in corrispondenza degli orifizi, che il cadavere sia stato asportato dal lenzuolo entro quaranta/cinquanta ore.
Tipologie di crocifissione
modificaA partire dal V secolo, quando compare nella scultura (con la porta lignea della basilica di Santa Sabina a Roma), il tema della crocifissione di Cristo ha avuto una grande risonanza a livello artistico. Precedentemente, abbiamo solo croci greche (III secolo), cristogrammi (IV secolo) e croci gemmate[N 8] (seconda metà del IV secolo): questo perché nel primo periodo si provava una certa difficoltà a raffigurare con sembianze umane Gesù, difficoltà poi superata durante le persecuzioni, che portarono a una sostituzione degli antichi simboli (l'agnello, l'ancora, il pesce). Si pensa anche che la difficoltà iniziale a rappresentare un soggetto crocifisso potesse risiedere nel fatto che questa scena ricordasse le condanne a morte degli schiavi nell'appena crollato impero romano. Da allora in poi, a seconda delle diverse epoche e delle differenti sensibilità, sono state effettuate rappresentazioni differenti di questa scena, in particolare secondo due modelli.
- Il Christus Triumphans, di ispirazione bizantina, incentrato sul trionfo sulla morte. Gli occhi aperti, il capo eretto e talvolta cinto da una corona regale o da un'aureola, Cristo appare maestoso e non presenta segni di sofferenza. Mani e piedi sono trafitti ciascuno da un chiodo. Questo particolare si perderà col XIII secolo, quando in Occidente subentrerà una nuova tecnica di rappresentazione.
- Il Christus Patiens inizia a essere raffigurato dal X secolo, ma raggiunse una maggiore popolarità solo nel XIII. Tale avanguardia venne portata avanti dal Cimabue, da Coppo di Marcovaldo e da Giunta Pisano. Uno dei primi crocifissi di tal genere è comunque il cristo di Gero, nel duomo di Colonia. Gesù, morto o morente, è ritratto in agonia, con l'espressione contratta dal dolore, gli occhi socchiusi, il viso rigato dal sangue e il capo, piegato su una spalla, cinto da una corona di spine. I piedi sono sovrapposti e trafitti da un solo chiodo, il diaframma è irrigidito e le gambe sono piegate. Viene quindi evidenziata l'importanza della sofferenza di Cristo.
I crocifissi più maestosi[N 9] erano realizzati in legno intagliato (e lavorato con particolare cura, perché col passare del tempo non si formassero crepe nel disegno) o in lamina d'argento, ma non mancavano quelli destinati alle chiese più modeste o all'uso privato. Fatta eccezione per le croci da viaggio, esse venivano collocate sugli altari o lasciate pendere dal soffitto; via via vengono però affiancate e poi sostituite dalla rappresentazione della scena delle crocifissione su tela: in esse, la spinta drammatica proposta col Christus Patiens si intensifica sempre più, tanto che nel XV e nel XVI secolo (principalmente con Andrea Mantegna, con Giovanni Bellini, col Tintoretto e coi Fiamminghi), in linea con una partecipazione sempre più corale al dramma, vediamo intorno alla croce prima la vergine Maria e l'apostolo Giovanni, quindi Maria Maddalena, i santi, i soldati romani, gli scribi, i sacerdoti, i membri del Sinedrio, e infine personaggi appartenenti a tutte le classi sociali, come per sottolineare la dimensione universale dell'evento salvifico di Cristo.
Conseguenze sempre più estreme di questa tendenza si rilevano, per esempio, nelle opere posteriori del Caravaggio e dell'espressionista Rouault. Spesso i crocifissi delle varie regioni del mondo presentano dei tratti caratteristici della cultura d'origine: per esempio, a causa della violenza adoperata nella diffusione del cattolicesimo nelle Americhe, sovente i crocifissi dell'America latina presentano tratti particolarmente drammatici, poiché, citando Octavio Paz, quei popoli "vedono in ciò l'immagine trasfigurata del proprio destino", come la vedono in tanti semi-leggendari eroi aztechi.
Condizioni del cadavere di Cristo
modifica- Il corpo di Cristo era stato maltrattato prima della morte con percosse, flagellamenti, torture.
- Il cadavere di Gesù, asportato dalla croce, fu trafitto con una lancia, avvolto in un telo pulito e riposto assieme ad aromi.
Possiamo quindi dire che l'immagine del Christus Patiens rispecchi abbastanza fedelmente la realtà, attestata nei racconti evangelici e dalla sindone.
Note
modifica- ^ Misura 441 cm in lunghezza e 113 cm in larghezza; è stato dimostrato che le sue proprietà chimiche non sono differenti da quelle di un qualsiasi altro frammento di lino.
- ^ Sono stati vari i tentativi di copia della Sindone, ma nessuno di questi è riuscito a replicarne contemporaneamente tutti gli aspetti microscopici e macroscopici.
- ^ Basate sull'analisi della struttura del reperto e sulle attestazioni bibliografiche.
- ^ Gli ultimi interventi sono stati effettuati con spettroscopia (infrarossa, visibile e ultravioletta), raggi X, termografia, pirolisi, spettrometria di massa, analisi micro-Raman, fotografia in trasmissione, microscopia, prelievo di fibrille e test microchimici.
- ^ Quando si è tentato di riprodurre la sindone usando delle radiazioni (questo metodo garantisce la superficialità della colorazione, la sfumatura del colore e l’assenza di pigmenti sul telo, che non possono essere ottenute con metodi chimici) i laser a emissione di infrarossi (con lunghezza d'onda λ = 10.6 μm) hanno prodotto una immagine troppo profonda e la carbonizzazione del lino. Anche riducendo la lunghezza d'onda è stato impossibile evitare questi due effetti collaterali (che via via si sono comunque ridotti, poiché minore è la lunghezza d’onda della radiazione, più sottile è lo spessore del materiale che assorbe la stessa radiazione).
- ^ Non sono stati rinvenute sul telo tracce che potrebbero attestare un'origine artificiale (pigmenti in gran quantità o abbozzi preparatori); la tinta dell'immagine è eccessivamente sottile (200 nm) perché possa essere stata posizionata artisticamente.
- ^ Donde si deduce che si siano formate prima dell'immagine e che il corpo non sia stato estratto brutalmente dal lenzuolo.
- ^ Croce con i bracci decorati da gemme: per i cristiani, lo strumento di morte diventa con la morte manifestazione del trionfo di Cristo.
- ^ Le croci su tavole di legno dopo l'intaglio della sagoma sono sottoposte ai seguenti processi: stesura di tre mani di colla, impannatura (posizionamento della tela sulla tavola), ingessatura con materiale via via più fine, lisciatura del supporto, disegno della bozza, imprimitura (distinzione delle parti da dorare e da colorare), stesura del bolo su cui veniva realizzata la doratura. Tale processo avveniva nell'arco di più giorni e con varie pause. La stesura del disegno definitivo e del colore avveniva in posizione verticale (così da poter prevedere meglio la resa). Il colore si otteneva per compressione di pigmenti naturali tra due pietre e si mischia con albume o latte di fico o fiele di bue o cerume o bava di lumaca. Alla fine la superficie veniva lucidata con una sorta di smalto.