Virginio Gayda

giornalista e saggista italiano

Virginio Gayda (Roma, 12 agosto 1885Roma, 14 marzo 1944) è stato un giornalista e saggista italiano, direttore dei quotidiani Il Messaggero e Il Giornale d'Italia.

Virginio Gayda

Biografia

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Un numero del Giornale d'Italia diretto da Gayda dal 1926 al 1943

Laureatosi all'Università di Torino in scienze economiche, fu giornalista de La Stampa di Torino dal 1908 e corrispondente da Costantinopoli e varie capitali europee. Nel 1919 fu assunto, come responsabile del settore politica estera, dal quotidiano romano Il Messaggero[1], del quale divenne direttore, per decisione dei fratelli Perrone, proprietari del giornale, dal 1921 al 1926. Gayda fu scelto in quanto disposto a sostenere, alle elezioni del 1921, lo schieramento facente capo a Giovani Giolitti[2].

Nel 1926 assunse la direzione de Il Giornale d'Italia che mantenne per tutto il Ventennio. Negli anni della sua direzione, Il Giornale d'Italia, acquistò una particolare autorevolezza fino ad essere considerato, per gli articoli di Gayda, una sorta di portavoce ufficioso della politica del regime.[3] Mussolini, infatti, si servì spesso del Giornale d'Italia per far conoscere le sue opinioni, soprattutto in politica estera.

Il 15 luglio 1938, il quotidiano pubblicò in prima pagina, senza firma, un articolo dal titolo Il Fascismo e i problemi della razza che anticipò la promulgazione, iniziata nello stesso anno, delle leggi razziali. L'articolo fu poi largamente ripreso dalla stampa italiana divenendo noto come "Manifesto della razza" o "Manifesto degli scienziati razzisti". Gayda appoggiò pubblicamente la politica razziale del regime in articoli ed opuscoli[4] e aggiornò in tal senso la voce "Razza: La politica fascista della razza" nella prima Appendice, pubblicata nel 1938, dell'Enciclopedia Italiana.[5][6]

Di orientamento nazionalista, Gayda pubblicò diversi saggi prevalentemente su argomenti economici e di politica estera. A fine luglio del 1943, con l'arresto di Mussolini e la caduta del fascismo a seguito dell'approvazione dell'ordine del giorno Grandi da parte del Gran Consiglio, si rifugiò, insieme con Mario Appelius, nell'ambasciata del Giappone,[7] e fu sostituito da Umberto Guglielmotti.[8]

Morì nel 1944, a cinquantotto anni, durante un bombardamento della capitale,[9] mentre prendeva lezioni d'inglese da un'anziana signora nello studio della propria abitazione, ossia un villino in via Guattani, nel quartiere Nomentano.[10]

  • La crisi di un impero : Pagine sull'Austria contemporanea, Torino, Fratelli Bocca, 1913.
  • L'Italia d'oltre confine : Le Province italiane d'Austria, Torino, Fratelli Bocca, 1914.
  • Gli slavi della Venezia Giulia, Milano : Ravà & c., 1915.
  • La piccola proprietà rurale negli Stati Uniti ed in Russia, Torino, Soc. Tip. Ed. Nazionale, 1915.
  • Il crollo russo : dallo zarismo al bolscevismo, Torino, Fratelli Bocca, 1920.
  • La Germania contro la Francia : Il risveglio della Germania, la Francia al bivio, l'Italia e la Francia, l'occupazione della Ruhr, Firenze, R. Bemporad e Figlio, 1922.
  • Costruzione dell'impero, Roma, Edizioni Roma, 1936.
  • Italia, Inghilterra, Etiopia, Roma, Edizioni Sud, 1936.
  • Problemi siciliani, Roma, Edizioni del Giornale d'Italia, 1937.
  • I quattro anni del Terzo Reich : l'autarchia in Germania, Roma, Edizioni Roma, 1938.
  • Che cosa vuole l'Italia?, seconda edizione, Roma, Edizioni del Giornale d'Italia, 1940.
  • Italia e Inghilterra : l'inevitabile conflitto, Roma, Edizioni del Giornale d'Italia, 1941.
  • La Jugoslavia contro l'Italia : documenti e rivelazioni, seconda edizione, Roma, Edizioni del Giornale d'Italia, 1941.
  • Roosevelt a trompé son peuple : documents du bellicisme nord-americain, Roma, Tip. Novissima, 1941.
  • Gli Stati Uniti nella guerra mondiale, Roma, Edizioni del Giornale d'Italia, 1943.
  • Perché l'Italia è in guerra, Roma, Stab. Capriotti, 1943.
  1. ^ Vedi Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in "Collegamenti esterni".
  2. ^ Erminio Fonzo, Storia dell'Associazione nazionalista italiana (1910-1923), ESI, Napoli, 2017, pp. 264, ISBN 9788849533507.
  3. ^ Paolo Monelli, Roma 1943, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1979, nota n. 6, p. 323: «Virginio Gayda [...] era ritenuto, con i suoi articoli di fondo, l'interprete più autorizzato del pensiero e delle idee di Mussolini.»
  4. ^ Vedi Dizionario Biografico degli Italiani: «G. [Gayda] fu indubbiamente una delle personalità di maggior spicco fra quante il regime riuscì a reclutare nella campagna di propaganda per imporre alla coscienza del paese la discriminazione razziale».
  5. ^ Ibidem.
  6. ^ La voce, compilata da Gayda, è consultabile on line, vedi "Collegamenti esterni".
  7. ^ Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia della disfatta, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 2005, p. 258.
  8. ^ Dopo il 25 luglio 1943, la precaria e mutevole situazione politica italiana, portò a rapidi avvicendamenti nella direzione dei quotidiani. Guglielmotti fu presto sostituito da Alberto Bergamini ma assunse nuovamente la direzione il 14 settembre dello stesso anno.
  9. ^ La ventitreesima incursione su Roma, alle ore 11 del 14 marzo 1944, interessò, oltre al Nomentano, ove si trovava l'abitazione del giornalista, anche i quartieri Italia, Prenestino, Tiburtino e Tuscolano. Furono sganciate dagli aerei americani, in quattro successive ondate, 309 tonnellate di bombe. Fonte: Cesare De Simone, Venti angeli sopra Roma, p. 312, Milano, Mursia, 1993.
  10. ^ Cesare De Simone, Op. citata, p. 313. De Simone ipotizza, maliziosamente, che Gayda si preparasse all'imminente arrivo (4 giugno 1944) delle truppe alleate a Roma: «[...] probabilmente aveva capito che i tempi stavano rapidamente mutando e aveva deciso di imparare la lingua di Churchill e di Eisenhower». Sullo stesso episodio vedi anche Paolo Monelli, Op. cit., p. 304.

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