Vito Artale

generale italiano

Vito Artale (Palermo, 3 marzo 1882Roma, 24 marzo 1944) è stato un generale italiano, vittima dell'eccidio delle Fosse Ardeatine, medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

Vito Artale
NascitaPalermo, 3 marzo 1882
MorteRoma, 24 marzo 1944
Cause della morteesecuzione mediante colpo di pistola alla nuca
Luogo di sepolturaRoma
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataEsercito Italiano
ArmaArtiglieria
Anni di servizio1905 – 1944
GradoTenente Generale
GuerreGuerra italo-turca
Prima guerra mondiale
Seconda guerra mondiale
Guerra di liberazione
BattaglieDifesa di Roma
DecorazioniVedi onorificenze
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Biografia

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Fu ammesso all'Accademia Reale di Torino nel 1902 e, tre anni dopo, fu nominato sottotenente di artiglieria. Nel settembre del 1908, con il grado di tenente, fu destinato al 3º reggimento da fortezza. Partecipò alla guerra italo-turca (1911-1913) e, successivamente, fu addetto militare all'Ambasciata d'Italia a Berlino[1].

Nel 1915, Artale partecipò alla prima guerra mondiale con il grado di capitano. Promosso al grado di maggiore (1917), fu addetto al Comando della difesa Garda-Mincio e successivamente comandò il 122º e il 167º gruppo d'assedio, il Corpo Volontari gruppo d'assedio e il II gruppo del 35º reggimento artiglieria da campagna; fu poi membro della commissione di controllo dell'8ª Armata per l'esecuzione dell'armistizio[1].

Nel settembre del 1926, Artale fu promosso tenente colonnello e comandò prima l'11° centro contraerei; poi, passato nel servizio tecnico di artiglieria, fu nominato vicedirettore della Fabbrica d'armi di Terni (1929), dello spolettificio di Roma, ed infine vicedirettore e poi direttore del Laboratorio di precisione dell'Esercito[1].

Nel 1937, col grado di colonnello, Artale fu messo a capo della Vetreria d'ottica, restandovi anche con il grado di Maggior generale (1938) e di tenente generale (1939). Passato nel ruolo della riserva, nel marzo del 1940, fu trattenuto alle armi perché riconosciuto indispensabile allo speciale servizio cui era addetto[1].

Dopo l'occupazione tedesca di Roma, Artale entrò nella Resistenza, nel Fronte militare clandestino[2]. Arrestato nel dicembre 1943 per aver sabotato gli impianti dell'azienda per non far cadere i macchinari in mano ai tedeschi, fu trucidato alle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944.[3]

Ad Artale sono state dedicate anche delle Caserme; una caserma ad Alessandria; una caserma a Pisa, sede del Battaglione Logistico Paracadutisti, una caserma a Piacenza, ex sede di Reparto Allievi Operai di Artiglieria; una caserma della città militare della Cecchignola, sede della Scuola militare di sanità e veterinaria e del Corpo militare dell'ACISMOM[4], una via a Roma e una via a Palermo.

Onorificenze

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«Dirigente delle Vetrerie d’ottica del R.E. che con appassionata, intelligente abnegazione aveva portato ad alto grado di perfezione produttiva, svolse subito, dopo l’occupazione di Roma, in collaborazione con i suoi fidi, intensa attività allo scopo di mettere in salvo e sottrarre alla furia distruttrice e spogliatrice nazifascista, documenti e materiali di cospicuo valore militare e civile e di rendere inutilizzabili apparecchiature e macchine. Tale azione di sabotaggio, compiuta con temerità sdegnosa di ogni prudenza, sotto gli occhi dei tedeschi e negli stessi locali da essi presidiati, sospettata prima, scoperta poi, condusse al suo arresto. Dopo tre mesi e mezzo di carcere serenamente sopportato, il 24 marzo 1944, fu trucidato alle Fosse Ardeatine. Esempio luminoso di attaccamento al dovere, di senso di responsabilità e di fortezza d’animo spinta fino al sacrificio della vita coscientemente immolata nell’esaltazione fervida dell’ideale supremo della Patria.[5]»
— Roma, 8 settembre 1943-24 marzo 1944.
«Per avere con intelligenza diretto i tiri della propria batteria nei combattimenti.»
— Conquista di Sidi Said, 26-27 e specialmente 28 luglio 1912
«Maggiore 35º artiglieria da campagna, tenne contegno energico e risoluto durante un critico momento dell'azione, contribuendo a ristabilire l'ordine e la calma in taluni reparti.»
— Cavriè-Valdrigo, 19 giugno 1918.

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