Antonio Gasbarrone
Antonio Gasbarrone, (noto anche come Gasperone o Gasparone) (Sonnino, 12 dicembre 1793 – Abbiategrasso, 1º aprile 1882), è stato un brigante italiano.
Biografia
modificaA 10 anni perse il padre Rocco, a 15 anni la madre Faustina, rimanendo con i fratelli Gennaro e Giuseppe e con le sorelle Settimia e Giustina.[1] Passò il tempo con le mandrie al pascolo, vedendo spesso passare le bande dei briganti. Si diede al brigantaggio dopo aver ucciso il fratello della donna chiesta in sposa, Michelina Rinaldi, in seguito al rifiuto della famiglia di lei poiché, in occasione del perdono di Pio VII, fu riconosciuto come fratello di un brigante. Inizialmente fece parte della banda di Domenico il Calabrese,[2] e successivamente riuscì ad organizzare una banda tutta sua, nel giugno 1814, insieme a Alessandro Massaroni e Bartolomeo Varrone, ambedue di Vallecorsa, e Luigi Masocco, di Giuliano.
«Di statura alta, corporatura snella, viso ovale, bocca, mento e naso regolari, poco vaiolato, barba nascente color castagno, capelli simili legati a codino avente alle orecchie gli oreccihni d'oro a navieclla, vestito di pezze e ciocie, calzoni corti, corpetto e giacca di velluto blu, cappello di feltro negro tondo a cupolone[3]»
Nel febbraio del 1818, fu persuaso dal cardinale Ercole Consalvi, a Terracina, ad abbandonare il brigantaggio, si consegnò allo Stato Pontificio insieme ad altri 12 compagni e venne alloggiato a Castel Sant'Angelo. Il 2 maggio 1818 sposa Demira, incinta[4], nella chiesa di Santa Maria in Transpontina,[5] sorella del compagno brigante Angelo De Paolis. Nel marzo del 1819 venne convinto a trasferirsi a Cento con la moglie, mentre il cognato venne spedito a Comacchio e Pietro Rinaldi a Ferrara, tutti con pensione mensile ed alloggio gratuito. Qui nacque il suo primo figlio. Dopo poco tempo i tre tentarono la fuga e Gasbarrone arrivò dopo 16 giorni a Carpineto, dove fu ospitato da un pastore suo amico. Qui seppe tutto quello che successe in sua assenza e decise di riunirsi alla banda di Massaroni. Il De Paolis ed il Rinaldi invece furono giustiziati a Bologna per l'omicidio della contessina Mariscotti. Nel 1820 fu amnistiato suo fratello Gennaro e un anno dopo, nel giugno del 1821, a Monticelli morì Massaroni.
Gasbarrone formò una nuova banda di 15 persone, con all'interno il sacerdote Nicola Tolfa di Patrica e 4 suoi vecchi compagni: Antonio Vittori, Michele Feudi, Pasquale Di Girolamo e Luigi Minocci. Rientrato nello Stato Pontificio si vendicò di un pastore, si diresse poi verso Frascati per assalire la Certosa e dove sequestrò 4 religiosi: gli eventi non andarono come programmato, ci fu una prima consegna di riscatto con meno denaro della somma richiesta, alla seconda consegna ci fu uno scontro a fuoco dove persero la vita un religioso ed un brigante. Gasbarrone e la sua banda fuggirono in Abruzzo rilasciando i restanti religiosi.[1]
L'inverno rigido lo riportò a rientrare verso zone più miti ed in questo periodo venne a conoscenza delle misure inasprite nei confronti dei briganti: fu previsto l'arresto dei familiari e la demolizione delle case. Seppe inoltre di una notifica ufficiale di Monsignor Zacchia, delegato di Frosinone, che così lo definì:
«riconosciuto come il flagello ed il nemico del genere umano ed anche Tigre capace di divorare sia la mano che lo nutre, sia la mano che lo colpisce.»
Dopo la morte di Massaroni, molti briganti si unirono a lui nella banda, e fu con questi che, nel 1822, rapì il colonnello austriaco Francesco Gutnohfen a Terracina, dove diede prova della sua furbizia: la vallata dove si rifugiarono, fu accerchiata dalle truppe pontificie, dai soldati austriaci e dalla guardia civica, questi ultimi avevano un fazzoletto bianco annodato sul cappello come segno di riconoscimento, per confondere i soldati Gasbarrone usò lo stesso segno riuscendo a passare in mezzo ai soldati senza che fosse sparato un solo colpo e liberando il colonnello.
Il 23 agosto 1823 muore Papa Pio VII e diviene Papa Leone XII. In questo periodo, fu di nuovo arrestato il fratello Gennaro e portato a Civitavecchia, insieme agli altri compagni già amnistiati. Nel 1825, Papa Leone XII, venuto a conoscenza dell'opera di san Gaspare del Bufalo, inviò don Pietro Pellegrini, vicario generale di Sezze, a trattare la resa con Gasbarrone portando in cambio la promessa del perdono pontificio.[7] Il luogo deputato fu la Chiesa della Madonna della Pietà di Sonnino.[1] La trattativa del vicario fu possibile grazie alla partecipazione di due donne di Sonnino, Rosana Jannettoni e Maria Grazia Monacelli, rispettivamente cugina di Alessandro Leoni e cognata di Gennaro Gasbarrone, fratello di Antonio.[8]
In cambio della loro resa veniva promesso:
«que tout brigand, ayant encore des moyens d'existence dans ses foyers, pourrait y retourner librement; et que les autres, depourvus de cette ressource, seraient employes par le Gouvernement comme geoliers ou gardiens de la Chambre apostolique.»
«che ogni brigante, che avesse i mezzi di sussistenza nella propria abitazione, avrebbe potuto tornarvi liberamente; mentre per gli altri, privati di questa risorsa, sarebbero stati impiegati dal governo come carcerieri o custodi della Camera Apostolica.»
Il 19 settembre 1825, dopo nove giorni passati nella Chiesa a mangiare, bere, cantare e ballare,[10] memore del precedente tra il Card. Consalvi e il brigante Masocco, Gasbarrone decise di arrendersi insieme ad alcuni suoi compagni, tra cui Pietro Masi e Alessandro Leoni. Il 23 settembre[11] entrarono in catene a Roma da Porta San Giovanni[12] e fu inoltre costretto a sposare Gertrude De Marchis. Quattro giorni dopo rimise piede a Castel Sant'Angelo, qui fu separato dalla moglie. Dopo 8 mesi fu trasferito nel carcere di Civitavecchia, dove per 7 anni rimase isolato dagli altri.
«C'est un homme remarquable par une singulière énergie de constitution et surtout de regard. Des taches de poudre dont il a le visage couvert ne contribuent pas peu à lui donner un aspect martial.»
«È un uomo notevole per la singolare energia della costituzione e soprattutto per lo sguardo. Le macchie di polvere da sparo di cui ha il viso coperto contribuiscono non poco a dargli un aspetto marziale.»
Nel 1848 fu trasferito a Spoleto e poi a Civitacastellana nel 1851. Rimase in carcere fino al 1871 quando fu graziato all'età di 78 anni dal neonato Governo Nazionale in seguito all'Unità d'Italia[14], dopo aver passato 47 anni in prigione, interrogato più volte ma senza aver mai subito formale accusa né sentenza di condanna.
«[...] 40 Il Governo italiano, avendo infine
Preso, possesso della Capitale,
Visto che quelle genti malandrine
Non eran più capaci a far del male,
Per esser della vita sul confine,
Li tolse di prigione; allo Spedale
Molti ne pose a mitigare i danni
Delle catene, e simili malanni.
41 Eran decorsi quarantasett’anni
Dal giorno che venivano arrestati,
Gli odj per grassazioni ed altri danni,
S’erano spenti o molto mitigati.
Però ciascuno del desio sui vanni
Correva ad osservare i liberati,
E tra gli altri il famoso Gasparone,
Rinomato e terribile vecchione. [...][15]»
Degli iniziali 36 componenti della banda, ad agosto 1871[15] ne uscirono liberi in 7, e precisamente: Antonio Gasparoni (Gasbarrone) di 79 anni, Pietro Masi di 70 anni, Domenico Falova di 75 anni, Pietro Cipolla di 69 anni, Filippo Ciccone di 72 anni, Francesco Nardoni di 67 anni, Alessandro Leoni di 72 anni.[12]
In occasione della liberazione fu pubblicato il seguente sonetto:
«Scultore, un monumento! ecco il modello:
nuovo eroe dèi ritrarre in un vegliardo;
merta l'onor di nobile scalpello,
ma se già fosse sembrerebbe tardo.
Abbia lunga la barba, ed il cappello
acuminato, della tigre il guardo,
gli penda dalla cintola il coltello,
stringa la destra l'italo stendardo.
Cogitabondo la sinistra mano
riposi sul terribile trombone,
spavento un di dei monti e insiem del piano.
Nel piedistallo poi questa iscrizione:
"Nel secol del moral progresso umano
riconoscente Italia a Gasparone".[15]»
Visse un periodo a Trastevere in Via del Moro,[14] tentò di ritornare a Sonnino ma non fu accolto molto bene e fu trasferito nella Pia Casa degli Incurabili di Abbiategrasso, amministrata dalla Congregazione di Carità di Milano, insieme ad un altro superstite della sua banda, Pietro Cipolla.[17]
Morì il 1º aprile del 1882, all'età di 89 anni. Il suo teschio, il suo fucile e i suoi abiti sono conservati nel Museo di antropologia criminale "Cesare Lombroso" di Torino.[18]
Il mito
modificaLa fama del mitico brigante divenne nota anche oltralpe; a Parigi fu pubblicato "Vita di Antonio Gasperoni, terribile capo di briganti", di Pietro Masi (1867). Gasbarrone è colui che vide prostrati ai suoi piedi principi e signori, ricchi sfondati che sfruttarono i poveri Cristi; è colui che realizzò una «rivincita» contro le umiliazioni dei potenti: «Ha umiliato i ricchi - dicono ancora i più anziani- e ha difeso i poveri. Se ha ucciso qualche poveraccio, questi era reo di delazione, colpa che non era ammissibile agli occhi del brigante sonninese. Chi fa la spia campa poco. Ha tolto poi ai ricchi e ha dato ai poveri».[1]
Così lo descrive Pietro Masi:
«Antoine Gasbaroni était d'une taille élevée, assez forte et bien proportionnée. Il avait les cheveux , les sourcils, les yeux et la barbe châtains, mais le nez relativement petit. [...] Il n'avait pas d'avarice pour l’argent; et, au lieu de s‘en faire une fortune après ses nombreux butins, il se plaisait a le distribuer à tous les gens qu'il rencontrait, particulièrement aux vieillards et aux enfants pauvres. Il avait des instincts sanguinaires; et je dois dire , par amour de la vérité , qu’il tuait un homme avec moins de répugnance qu'un boucher ne tue un agneau. Mais il est juste de reconnaître en même temps, qu’il ne tuait jamais sans motifs et sans preuves, et non par pur plaisir, comme quelquesuns veulent le faire croire. Les hommes que Gasbaroni immolait sans pitié, étaient les espions, les mouchards, les gendarmes et les archers. Son courage était surprenant. J'eus plusieurs fois l'occasion de le voir à l'épreuve dans des rencontres avec la force-armée; particulièrement à San-Salvatore dans la Sabine, où cette force était redoutable par son nombre. Je vis alors Gasbaroni, avec un visage aussi rouge et animé qu'au milieu d’un festin, donner ses ordres énergiquement, encourager les uns, menacer les autres plus timides, et toujours sans trahir la moindre émotion ou la moindre faiblesse. Il était d’un tempérament très libidineux; et cette passion lui avait fait commettre tant d’excès à Gaëte, qu’il en était sorti presque sans argent.»
«Antonio Gasbarrone era un uomo alto, abbastanza forte e ben proporzionato. I suoi capelli, le sopracciglia, gli occhi e la barba castani, con il naso relativamente piccolo. [...] Non era avido di denaro; e, invece di fare una fortuna dai suoi numerosi bottini, gli piaceva distribuirli a tutte le persone che incontrava, in particolare ad anziani e bambini poveri. Ha istinti sanguinari; e devo dire, per amore della verità, ha ucciso un uomo con meno riluttanza di un macellaio che uccide un agnello. Ma è giusto dire, allo stesso tempo, non ha mai ucciso senza ragione e senza prove, non solo per puro divertimento, come alcuni vogliono farci credere. Gli uomini sacrificati da Gasbarrone senza pietà erano spie, informatori, poliziotti e arcieri. Il suo coraggio era incredibile. Ho avuto diverse occasioni di vederlo all'opera in scontri con le forze armate; in particolare a San Salvatore in Sabina, dove queste forze erano in numero superiore. Allora ho visto Gasbarrone, con volto così rosso e animato come nel bel mezzo di una festa, dare ordini energicamente, incoraggiando alcuni, minacciare gli altri più timidi, e sempre senza tradire alcuna emozione o la minima debolezza. Era di temperamento molto libidinoso; e per questa passione commise tali eccessi a Gaeta, tanto da rimanere quasi senza un soldo.»
Stendhal, console francese a Roma, il 29 gennaio 1840 scrisse all'amico Di Fiore:«Su cento stranieri che passano di qui (e nel 1839 cinquemila erano diretti a Roma), cinquanta vogliono vedere il celebre brigante Gasparone, e quattro o cinque M. de Stendhal».[20] Stendhal cita il brigante nella sua opera Pages d'Italie nel capitolo "Les brigands en Italie",[21] così lo descrive, in modo eccessivo e non corrispondente alla biografia:
«Il brigante Gasperoni, attualmente in prigione a Roma, ha guidato una banda che è arrivata a comprendere fino a duecento uomini; egli è accusato di centoquarantatré omicidi. Compì il suo primo delitto all’età di sedici anni, uccidendo il curato della sua parrocchia che, cosa strana, gli aveva rifiutato l’assoluzione per un furto da lui commesso. A diciott’anni Gasperoni si distinse in un combattimento contro l’esercito, ove ferì o uccise venti persone, e questa clamorosa azione gli valse il comando della banda di cui faceva parte. Fra le imprese memorabili di quella banda, si cita il rapimento da un convento di monache di Monte Commodo: trentaquattro ragazze che si trovavano nel convento ne furono portate via a viva forza e in pieno giorno. I briganti avevano scelto quelle i cui genitori potevano pagare il riscatto più alto; le tennero nascoste per dieci giorni sulla montagna; ma, per una felice eccezione agli usi dei banditi, le fanciulle furono trattate con tutti i riguardi possibili in quella triste situazione. Il riscatto richiesto per ciascuna di esse variava dai duecento ai mille scudi romani (cinquemilaquattrocento franchi). Gasperoni, inoltre, osservava strettamente tutte le forme esteriori della religione: lui e la sua banda non avrebbero mai commesso un furto o un delitto di venerdì; in tal giorno della settimana, e in tutti gli altri periodi fissati dalla Chiesa, osservavano strettamente il digiuno; tutti i mesi chiamavano a confessarli un prete che, per paura o per qualsiasi altro motivo, non mancava mai di dar loro l’assoluzione. Una donna con cui Gasperoni aveva una relazione diventò lo strumento di cui le autorità si servirono per distruggere la sua banda e impadronirsi della sua persona, nonché di alcuni dei suoi. La polizia romana allettò la donna, che non seppe resistere all’attrattiva di una ricompensa di seimila scudi romani (trentaduemilaquattrocento franchi); il brigante si lasciò prendere nella trappola tesagli da lei; si recò fiducioso in un bosco fissato per l’appuntamento; ma, indovinando subito di essere stato tradito dalla sua amante, Gasperoni riuscì ancora a strangolarla prima di cadere nelle mani degli sbirri. Così quella disgraziata non poté godere dei frutti della sua perfidia.»
Nella cultura di massa
modificaViene citato ne Il conte di Montecristo di Alexandre Dumas, che gli fece visita nel 1835 durante la detenzione nel carcere di Civitavecchia.[22]
Joseph Méry nella sua opera Les nuits italiennes, contes nocturnes (1853), dedica un capitolo all'incontro con la banda Gasparoni.[23]
È protagonista di una operetta di Karl Millöcker intitolata proprio Gasparone.[24]
Appare la prima volta nel 1951, sia negli USA che in Italia, in "Topolino e lo spettro fallito" (The Ghost of Black Brian) di Walt Disney con il nome di Gaspare Gasparone (in inglese: Black Brian) sotto le vesti di un fantasma, una storia a strisce sceneggiata da Bill Walsh, disegnata e inchiostrata da Floyd Gottfredson.[25][26][27]
Viene citato nella Grammatica della fantasia di Gianni Rodari nel capitolo "Le fiabe a rovescio".[28]
Note
modifica- ^ a b c d Bono
- ^ Palazzo, p. 155.
- ^ Vincenzo De Caprio, Renato Mammucari (a cura di), Briganti Laziali - testimonianze incise di un'immagine, Città di Castello, LuoghInteriori, p. 50, ISBN 978-88-6864-046-0.
- ^ Michele Colagiovanni, Antonio Gasbarrone, più mito che realtà, in Quaderni del CEPIG, n. 6-7, Latina, Tipolitografia Scuderi, marzo - maggio 1986, p. 59.
- ^ Roma, Archivio Storico Diocesano Parrocchia Santa Maria in Traspontina, Matrimoni, 1769-1820, f. 116v
- ^ Masi, p. 209.
- ^ Mauro Bocci, Storia dei papi, Gherardo Casini Editore, 5 luglio 2012, ISBN 978-88-6410-046-3. URL consultato il 16 maggio 2024.
- ^ Cardosi, p. 117.
- ^ Masi, p. 336.
- ^ Masi, p. 333.
- ^ Masi, p. 339.
- ^ a b (EN) VETERAN BRIGANDS.; Release of Italian Banditi After Forty-Seven Years' Imprisonment., in The New York Times, 24 agosto 1871.
- ^ Feuillet de Conches, p. 392.
- ^ a b Cardosi, p. 120.
- ^ a b c Storia del brigante Antonio Gasparone, e i suoi sei compagni, stati graziati in Roma dopo 47 anni di prigionia, su webcache.googleusercontent.com, 5 settembre 2021. URL consultato il 5 settembre 2021 (archiviato dall'url originale il 5 settembre 2021).
- ^ Francesco Petrucci, Un raro ritratto del brigante Gasbarrone di Bartolomeo Pinelli a Palazzo Chigi in Ariccia, su aboutartonline.com, 29 agosto 2021.
- ^ Le peripezie del brigante Gasparone, su officinadellostorico.it (archiviato dall'url originale il 25 febbraio 2015).
- ^ Museo di Antropologia criminale - Visita virtuale, su museounito.it. URL consultato il 14 febbraio 2013 (archiviato dall'url originale l'11 maggio 2006).
- ^ Masi, p. 79-80.
- ^ Lattanzi, Padiglione, p. 145.
- ^ Pages d'Italie, su fr.wikisource.org, 1932.
- ^ Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo, Milano, RCS Libri, 1998, ISBN 978-88-58-63152-2.«Ebbene, è un bandito, vicino al quale De Cesaris e Gasparone non sono che dei chierichetti.»
- ^ Joseph Méry, Les nuits italiennes, Parigi, 1858, p. 217.
- ^ NOSTALGIA DI OPERETTA: IN TRE ATTI IL GASPARONE DI CARL MILLÖCKER CI RACCONTA UN'AVVENTUROSA STORIA SICILIANA D'AMORE E BRIGANTAGGIO, su NOSTALGIA DI OPERETTA. URL consultato il 14 dicembre 2023.
- ^ Topolino e lo spettro fallito, su disney-comics.fandom.com.
- ^ Topolino e Gasparone, su associazionemoly.wixsite.com.
- ^ Gasparone, su inducks.org.
- ^ Le favole a rovescio di Gianni Rodari, su wikitesti.com. URL consultato l'11 ottobre 2021.
Bibliografia
modifica- (FR) Pietro Masi, Mémoires de Gasbaroni célèbre chef de bande de la province de Frosinone rédigés par Pierre Masi, son compagnon, dans la montagne et dans la prison, 1867.
- Aldo Cardosi, Sonnino d'altri tempi - I giorni della storia (PDF), a cura di Comune di Sonnino, presentazione del Prof. Giacomo di Micco, Priverno, Artegraf, 1993.
- Marino Bono, Antonio Gasbarrone realtà storica e sociale del suo tempo, Bianconi, 1988.
- Vito Lattanzi e Vincenzo Padiglione, Storie estreme e storie future, a cura di Federica De Rossi, Artemide, 2012, ISBN 978-88-75-75155-5.
- Paolo Palazzo, Mo' v(e) Cont(e) Nu Cunt(e), Area Stampa Editore, 2013, p. 155, ISBN 978-889510135-4.
- (FR) Feuillet de Conches, Le brigandage en Italie, in Leopold Robert, sa vie, ses oeuvres et sa correspondance, Parigi, Michel Levy, 1854, pp. 392-393.
Voci correlate
modificaAltri progetti
modifica- Wikiquote contiene citazioni di o su Antonio Gasbarrone
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Antonio Gasbarrone
Collegamenti esterni
modifica- Antonio Gasbarrone, su sonnino.info (archiviato dall'url originale il 13 marzo 2016).
- Associazione Brigante Antonio Gasbarrone, su brigantegasbarrone.info.
- Gasbarrone, su digilander.libero.it.
- Associazione Culturale "Le Colonne", L'ultimo brigante, su YouTube.
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