Physeter macrocephalus

specie di cetaceo
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Il capodoglio (Physeter macrocephalus o P. catodon Linnaeus, 1758) è un cetaceo odontoceto appartenente alla famiglia dei Fiseteridi (Physeteridae). Unico rappresentante del suo genere e della sua famiglia, è una delle tre specie ancora esistenti della superfamiglia Physeteroidea, insieme al cogia di de Blainville (Kogia breviceps) e al cogia di Owen (K. sima). Ha una distribuzione cosmopolita ed è presente in tutti gli oceani e in quasi tutti i mari del mondo. Tuttavia, solo i maschi si avventurano nelle acque artiche e antartiche, mentre le femmine rimangono con i piccoli in acque più calde.

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Capodoglio
Stato di conservazione
Vulnerabile[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseMammalia
OrdineArtiodactyla
InfraordineCetacea
FamigliaPhyseteridae
Gray, 1821
GenerePhyseter
Linnaeus, 1758
SpecieP. macrocephalus
Nomenclatura binomiale
Physeter macrocephalus
Linnaeus, 1758
Sinonimi

P. catodon Linnaeus, 1758
P. microps Linnaeus, 1758
P. tursio Linnaeus, 1758
P. australasianus Desmoulins, 1822
P. australis Gray, 1846

Con una lunghezza che, nei maschi, può superare i 20 metri, il capodoglio è il più grande predatore del mondo. La sua testa rappresenta un terzo della lunghezza totale dell'animale. Si nutre principalmente di calamari e pesci, in proporzioni variabili a seconda dell'area geografica. È noto per i suoi record di apnea, potendo raggiungere profondità fino a 2250 metri,[2][3] una prestazione che nessun altro mammifero, a parte lo zifio[N 1] e l'elefante marino del sud, può eguagliare. Le sue vocalizzazioni, costituite da serie di click, sono i suoni più potenti prodotti da un animale e vengono utilizzate per comunicare, identificarsi e localizzarsi a vicenda.[4]

I capodogli vivono in gruppi chiamati pod. Femmine e maschi formano gruppi separati: le femmine rimangono vicine ai loro piccoli e si aiutano reciprocamente per proteggerli e allattarli. Partoriscono ogni tre-sette anni e si prendono cura della prole per oltre dieci anni.

Non esistono predatori naturali in grado di sopraffare un capodoglio adulto sano; solo le orche talvolta si avventurano ad attaccare un pod per cercare di uccidere un piccolo. Tuttavia, dal XVIII secolo fino alla fine del XX, la caccia a questa specie – per ottenere spermaceti, olio, ambra grigia e avorio – divenne un'attività industriale di grande rilevanza. Grazie alle sue dimensioni, però, il capodoglio a volte riusciva a difendersi efficacemente dai balenieri, come dimostra il celebre caso di un esemplare di 25 metri[5] che attaccò e affondò la baleniera americana Essex nel 1820 (un episodio che si ritiene abbia ispirato il famoso romanzo Moby Dick). Le popolazioni di capodoglio furono gravemente colpite dalla caccia intensiva, subendo una riduzione del 67%. Nel 1985, la Commissione Internazionale per la Caccia alle Balene ha garantito piena protezione alla specie, che da allora è classificata come vulnerabile.

Descrizione

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Dimensioni

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Misure medie[6]
Lunghezza Peso
Maschio 15-18 m 41000 kg
Femmina 10-13 m 14000 kg
Neonato 4 m 1000 kg
 
Confronto delle dimensioni tra capodogli a diversi stadi di crescita e sviluppo e un subacqueo.

Con dimensioni che, nei maschi adulti, possono raggiungere i 20,5 metri di lunghezza e le 57 tonnellate di peso, il capodoglio è il più grande rappresentante degli odontoceti.[7][8] Per confronto, i secondi odontoceti più grandi, i berardi, raggiungono una lunghezza massima di 12,8 metri e un peso di «appena» 15 tonnellate.[9] Al Nantucket Whaling Museum è conservata una mandibola lunga 5,5 metri, appartenente a un individuo che si stima misurasse 24 metri. L'esemplare che si ritiene abbia affondato la Essex – uno degli episodi che hanno contribuito alla leggenda di Moby Dick – è stato descritto come un gigante di 26 metri.[10] Tuttavia, individui «eccezionali» di queste dimensioni sono oggi estremamente rari: la caccia sistematica, infatti, ha portato a una riduzione delle dimensioni medie. I maschi più grandi erano particolarmente ricercati, soprattutto nel periodo successivo alla Seconda guerra mondiale. Oggi, generalmente, i maschi adulti non superano i 18,3 metri di lunghezza e le 51 tonnellate di peso.[6]

La specie presenta un marcato dimorfismo sessuale. Alla nascita, maschi e femmine hanno dimensioni simili, ma negli adulti i maschi risultano in media dal 30% al 50% più lunghi e fino a tre volte più pesanti.[7] Le femmine, infatti, raggiungono una lunghezza media di 11 metri e un peso di 14 tonnellate, mentre i maschi misurano mediamente 16 metri e pesano 41 tonnellate.[6]

Morfologia generale

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Un capodoglio e il suo scheletro.
 
La coda sollevata di un esemplare che si immerge al largo di Kaikoura (Nuova Zelanda).

La forma del capodoglio è inconfondibile. Il capo enorme, che costituisce da un quarto a un terzo della lunghezza complessiva dell'animale, ha una sagoma tipicamente squadrata, tronca anteriormente, fortemente compressa lateralmente, con un solco longitudinale su ciascun lato che ne restringe la sezione centrale. Lo sfiatatoio, con un unico orifizio (come in tutti gli odontoceti), è di forma sigmoide e si trova all'estremità del rostro sulla sinistra, posizionato su una leggera protuberanza.[7] Questo conferisce al soffio dell'animale un aspetto caratteristico: proiettato in avanti e leggermente a sinistra, un caso unico tra i cetacei.

La coda è molto larga, triangolare, con un marcato seno interlobare e un margine posteriore tipicamente rettilineo. Può raggiungere una lunghezza di 4 metri e viene sollevata fuori dall'acqua quando il cetaceo si immerge.[7] Il capodoglio non possiede una vera pinna dorsale, ma presenta una serie di creste sul terzo posteriore del dorso. La più grande di queste, una gobba triangolare, può essere confusa con una pinna dorsale a causa della sua forma.[6] Le pinne pettorali sono corte e allargate. Il pene è retrattile e, a riposo, rimane all'interno del corpo, mentre i testicoli sono interni per migliorare l'idrodinamicità. Le mammelle si trovano nei solchi laterali, su entrambi i lati della vulva.[11][12]

La superficie del corpo, a partire dal capo verso la parte posteriore, non è liscia come quella della maggior parte delle balene più grandi. Presenta, invece, lievi corrugamenti ondulati e irregolari, che possono essere paragonati alla superficie di una prugna secca. Inoltre, il corpo mostra spesso segni rettilinei e numerose cicatrici, causate da combattimenti tra maschi o da scontri con calamari giganti.[13] La colorazione è uniformemente grigio scuro, spesso con tonalità brunastre. Nella regione della bocca, lungo l'esterno della mascella superiore e della mandibola, la pelle è spesso bianca. Possono inoltre comparire chiazze biancastre più sfumate su altre parti del corpo. Sono noti rari casi di esemplari albini.[14][15] Nelle acque calde, i capodogli effettuano una muta costante, perdendo ampi lembi di pelle che spesso vengono mangiati dai pesci circostanti. Questo processo aiuta i cetacei a liberarsi di alcuni parassiti. La muta è meno frequente nelle acque più fredde.[16] Talvolta, gli individui si strofinano tra loro per rimuovere più efficacemente frammenti di epidermide.[17]

Cranio e denti

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L'anatomia interna del capo smisurato del capodoglio è particolarmente interessante, poiché la forma del cranio è notevolmente diversa da quella del capo nel suo complesso. La scatola cranica, relativamente piccola, è situata piuttosto indietro, mentre dalla sua parte anteriore si protende una sorta di piastra ossea, che si affina arrotondandosi verso l'apice del muso. Le ossa che formano questa struttura sono i mascellari e le mascelle, con la partecipazione del lungo vomere, situato al di sotto della linea mediana. Nella parte posteriore, i mascellari si espandono incurvandosi lateralmente e ripiegandosi verso l'interno fino a raggiungere il grande osso sopraoccipitale, che costituisce la volta della scatola cranica. Tra queste due ossa si forma una fossa, al cui fondo si aprono le cavità nasali: quella sinistra è grande, mentre quella destra è più piccola. Le ossa omologhe dei due lati del cranio hanno dimensioni diverse, contribuendo in modo asimmetrico alla struttura della scatola cranica. Questo rende l'architettura del capo del capodoglio intrinsecamente asimmetrica. Le parti molli del capo si appoggiano alla fossa descritta, che i balenieri di un tempo chiamavano «cocchio di Nettuno». All'estremità del capo, queste parti molli si innalzano ampiamente al di sopra della mascella che le sostiene.[18]

La mandibola è lunga e sottile, situata sotto il capo, con l'apice arretrato rispetto all'estremità anteriore del rostro. Quando chiusa, si incastra perfettamente in un recesso sotto il capo, diventando praticamente invisibile. I denti sono ben sviluppati solo nella mandibola: nei maschi più grandi possono raggiungere i 25 centimetri di lunghezza e un peso di 500 grammi.[11][19] Ogni emimascella contiene 20-26 denti.[7] Tuttavia, la loro funzione rimane incerta, poiché non sembrano necessari per catturare e mangiare i calamari. Sono stati segnalati individui privi di denti in perfette condizioni di salute. Si ipotizza che i denti vengano utilizzati principalmente negli scontri tra maschi,[20] dato che questi ultimi presentano spesso cicatrici che sembrano essere causate dai denti. Nella mascella superiore, i denti sono vestigiali e raramente erompono dalle gengive.[21] I denti d'avorio, grandi e conici, venivano spesso incisi dai marinai durante le lunghe attese in mare, raffigurando scene di caccia o immagini della vita a terra. Questi oggetti artigianali, noti come scrimshaw, sono oggi considerati preziosi cimeli. Nella regione golare del capodoglio si trovano da due a dieci solchi, corti e profondi.

Respirazione e immersioni

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Come gli altri odontoceti, il capodoglio è in grado di ritrarre gli occhi.

Il capodoglio è, insieme agli zifidi e agli elefanti marini, uno dei mammiferi marini che si immerge più in profondità. Il record di immersione è detenuto da uno zifio che, nel 2018, ha raggiunto i 2992 metri durante un'immersione della durata di 138 minuti. Il capodoglio, invece, è in grado di immergersi per oltre due ore e raggiungere profondità superiori ai 2000 metri.[22] L'analisi dei contenuti stomacali ha suggerito che questi cetacei possano raggiungere profondità abissali.[23][24] Tuttavia, le immersioni abituali durano meno di mezz'ora[7] e si limitano a profondità inferiori ai 500 metri.[25] A tali profondità, alcuni esemplari sono morti annegati dopo essersi impigliati in cavi telefonici transoceanici.[26] In superficie, il capodoglio nuota a una velocità media di circa 8 chilometri all'ora. Quando il mare è calmo, non è raro osservare grossi individui immobili sulla superficie. Se spaventati, questi cetacei possono fuggire raggiungendo velocità di 30 chilometri orari.[27]

 
Capodoglio in procinto di immergersi al largo della Dominica.

Il capodoglio ha sviluppato numerosi adattamenti per affrontare le enormi variazioni di pressione durante le immersioni. La gabbia toracica flessibile impedisce il collasso dei polmoni, mentre il metabolismo può rallentare (bradicardia) per risparmiare ossigeno.[24][28][29] Le vene, grandi ed elastiche, e le retia mirabilia possono trattenere ampie quantità di sangue, compensando i vuoti creati dalla compressione dell'aria.[30] La mioglobina, proteina che immagazzina ossigeno nei tessuti muscolari, è presente in quantità molto elevate:[31][N 2] 5,7 grammi per 100 grammi di muscolo, rispetto agli 0,5 grammi dell'uomo.[32] Il sangue del capodoglio contiene un alto livello di globuli rossi ricchi di emoglobina, che permettono di trasportare più ossigeno. Durante le immersioni, il sangue ossigenato viene prioritariamente reindirizzato al cervello e ad altri organi vitali.[33][34][35] Inoltre, l'organo dello spermaceti può contribuire a regolare la galleggiabilità,[36] come descritto nella sezione dedicata.

Nonostante questi adattamenti, le immersioni ripetute a grandi profondità possono avere effetti negativi. Molti capodogli anziani presentano lesioni ossee dovute alla presenza di bolle di azoto, simili a quelle riscontrate nei subacquei affetti da malattia da decompressione. Questa necrosi è più comune negli esemplari più vecchi, mentre gli individui giovani mostrano scheletri generalmente intatti. Queste osservazioni indicano che anche i capodogli possono essere vulnerabili a una risalita troppo rapida, che potrebbe rivelarsi fatale.[37]

Tra un'immersione e l'altra, il capodoglio riemerge per respirare per circa otto minuti.[7] Durante questo periodo, respira a un ritmo di 3-5 volte al minuto a riposo, che sale a 6-7 volte al minuto dopo un'immersione. Il soffio, caratteristico e rumoroso, consiste in un getto unico che può raggiungere i 15 metri d'altezza e punta in avanti e verso sinistra con un angolo di 45°. Prima di immergersi, le femmine e i giovani respirano ogni 12,5 secondi in media, mentre i maschi di grandi dimensioni hanno un intervallo più lungo, pari a 17,5 secondi.[38] La velocità media di discesa è di 120 metri al minuto, ma può raggiungere i 600 metri al minuto per brevi tratti. La velocità di emersione è leggermente superiore: in meno di un quarto d'ora, un capodoglio può scendere fino a un chilometro di profondità e risalire.[32]

Cervello e sensi

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Vista della faccia superiore (a sinistra, Fig.1) e della faccia ventrale (a destra, Fig.2) dell'encefalo di un adulto.
  Lo stesso argomento in dettaglio: Ecolocalizzazione.

Il cervello del capodoglio può pesare fino a 8 chilogrammi, risultando il più grande del regno animale.[39][40] Tuttavia, questo dato non deve essere interpretato come un indicatore diretto di intelligenza, poiché le dimensioni del cervello non sono proporzionali alla capacità cognitiva. Inoltre, il rapporto tra il peso del cervello e l'enorme massa corporea del capodoglio è inferiore rispetto a quello di molti altri cetacei più piccoli e delle scimmie antropoidi, inclusi gli esseri umani .[40][41] Nonostante ciò, numerosi studi etologici hanno dimostrato che l'intelligenza del capodoglio è paragonabile a quella di altri mammiferi marini intelligenti, soprattutto in relazione alla complessa organizzazione sociale.[11][42]

 
Ecolocalizzazione negli odontoceti.

In proporzione alle dimensioni del corpo, gli occhi del capodoglio sono più piccoli rispetto a quelli di altri cetacei. Inoltre, non hanno la struttura tipica dei mammiferi: la camera anteriore dell'occhio è quasi inesistente, ridotta a una sottile fenditura tra la pupilla e la cornea. L'impossibilità di ruotare il bulbo oculare, bloccato nell'orbita, crea aree cieche sia nella parte frontale sia in quella posteriore del campo visivo. Di conseguenza, per i capodogli l'ecolocalizzazione è probabilmente un senso più rilevante della vista.[43] Come gli altri odontoceti, i capodogli utilizzano il principio del sonar per individuare le prede. Il suono in uscita viene generato dalla vibrazione dell'aria spinta attraverso le narici ossee e le labbra foniche, una struttura nota anche come «muso di scimmia», situata all'estremità della testa.[44] La propagazione e il modellamento del suono sono resi possibili dalla particolare anatomia del cranio, del melone e delle diverse sacche d'aria presenti nella testa, che contribuiscono a focalizzare i segnali acustici. La mandibola, invece, svolge un ruolo chiave nella ricezione dell'eco di ritorno: l'eco viene captato attraverso la mandibola e trasmesso, tramite un canale interamente riempito di grasso, all'orecchio interno.[45][46]

Organo dello spermaceti e melone

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Spermaceti.
 
Anatomia della testa del capodoglio. Gli organi sopra la mascella sono deputati alla produzione di suoni.

Il nome «capodoglio» deriva dal fatto che gran parte della testa di questo animale è occupata dall'enorme «organo dello spermaceti»: una massa spugnosa impregnata di una sostanza nota anche come «olio di balena», lo spermaceti, caratterizzata da proprietà simili alla cera.[47]

L'organo dello spermaceti è una sorta di grande serbatoio contenente questa sostanza. Chiamato case («cassa» o «serbatoio») dai balenieri del XIX secolo, è delimitato da pareti estremamente dure e fibrose e può contenere fino a 1900 litri di spermaceti.[48] Questo organo è proporzionalmente più grande nei maschi.[49] Lo spermaceti è una miscela di trigliceridi e cere, con una proporzione di cere che aumenta con l'età del capodoglio: 38-51% nei piccoli, 58-87% nelle femmine adulte e 71-94% nei maschi adulti.[50] Inoltre, lo spermaceti al centro dell'organo contiene una maggiore quantità di cere rispetto alle zone periferiche.[51] La velocità di propagazione del suono nello spermaceti è di 2684 m/s (a 40 kHz e 36 °C), quasi il doppio rispetto a quella dell'olio contenuto nel melone di un delfino.[52]

Sotto l'organo dello spermaceti si trova il junk, una struttura analoga al melone degli altri odontoceti. Chiamato così perché diviso in segmenti da membrane di cartilagine (to junk significava «tagliare in pezzi»), l'organo potrebbe essere coinvolto nella dispersione dell'energia generata durante i combattimenti tra maschi.[53][53][54][55]

La funzione dell'organo dello spermaceti è stata a lungo oggetto di studio. Una teoria diffusa lo collega alle immersioni profonde: secondo questa ipotesi, i condotti nasali e i seni dell'organo potrebbero controllare il raffreddamento e il riscaldamento della sostanza cerosa, che solidificherebbe a 29 °C, aumentando la densità del capo e favorendo la discesa.[56][57] Durante la risalita, un aumento del flusso sanguigno riscalderebbe lo spermaceti, incrementando la spinta di galleggiamento.[58] Tuttavia, studi recenti hanno messo in dubbio questa teoria, evidenziando l'assenza di strutture anatomiche per lo scambio di calore.[59][60] Inoltre, un raffreddamento dello spermaceti potrebbe compromettere l'ecolocalizzazione del capodoglio, cruciale per la caccia nelle profondità.

Altri studiosi ipotizzano che l'organo svolga un ruolo nei combattimenti tra maschi, fungendo da ariete.[61] Questa ipotesi, avanzata anche da Hermann Melville in Moby Dick, è supportata da documenti storici, come gli incidenti della Essex e della Ann Alexander, navi affondate da capodogli.[53]

Più recentemente, è stato suggerito che l'organo dello spermaceti possa agire come una cassa di risonanza per l'emissione e l'orientamento dei suoni.[47]

La testa del capodoglio contiene due condotti nasali, attraverso cui passa l'aria. Il condotto sinistro, parallelo all'organo dello spermaceti, termina direttamente nello sfiatatoio. Il condotto destro, invece, passa sotto l'organo dello spermaceti e conduce l'aria alle labbra foniche, situate davanti al muso. Queste labbra producono suoni che vengono trasmessi attraverso lo spermaceti e riflessi dalla sacca frontale.[62] La sacca frontale, situata all'estremità posteriore dell'organo dello spermaceti, ha una parete posteriore irregolare, ricoperta di protuberanze piene di liquido e separate da scanalature. Queste scanalature intrappolano una pellicola d'aria, formando un eccellente specchio sonoro, indipendentemente dall'orientamento o dalla profondità del cetaceo.[52]

Biologia

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Organizzazione e comportamento sociale

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Diagramma della formazione a «margherita».

La struttura sociale del capodoglio si basa su due unità funzionali: i gruppi familiari e i gruppi di maschi scapoli. I gruppi familiari sono composti da femmine adulte e dai loro piccoli di entrambi i sessi. Questi gruppi, generalmente formati da una ventina di individui, sono caratterizzati da relazioni relativamente stabili. Le femmine sembrano rimanere nel gruppo di nascita per tutta la vita,[63] mentre i maschi, una volta raggiunta la maturità sessuale (tra i 15 e i 21 anni), abbandonano il gruppo familiare per unirsi a un gruppo di scapoli. Nei gruppi familiari, la prolungata dipendenza della prole dagli adulti favorisce l'apprendimento e la cooperazione, come l'allevamento collettivo dei piccoli e l'allattamento condiviso.[7] I gruppi di scapoli sono formati esclusivamente da maschi di dimensioni ed età simili. Il numero di individui varia in base alla taglia: i giovani possono formare gruppi di fino a 50 esemplari,[64] mentre i maschi adulti di grandi dimensioni tendono a essere solitari o a formare gruppi di 2-5 individui. Durante la stagione riproduttiva, i maschi adulti si uniscono temporaneamente ai gruppi familiari per accoppiarsi, rimanendo con le femmine solo per alcune ore prima di cercare nuovi gruppi. In alcune circostanze, più gruppi familiari possono unirsi a formare super-gruppi che possono contare diverse centinaia di individui.[65]

Oltre all'uomo, il capodoglio ha pochi predatori naturali. Le orche (Orcinus orca), e in rari casi i globicefali (Globicephala sp.) e le pseudorche (Pseudorca crassidens), possono aggredire giovani e femmine, che sono più vulnerabili.[66][67] Questi predatori tendono a isolare un giovane dal gruppo, ma in caso di attacco le femmine adulte adottano una formazione difensiva chiamata «a margherita». Questa può avvenire in due modi: con le teste rivolte al centro e le code verso l'esterno, in modo da infliggere potenti colpi con le code; o con le teste rivolte all'esterno, pronte a mordere gli aggressori. In entrambe le disposizioni, i cuccioli e i giovani sono protetti al centro.[7] Questo comportamento era noto ai balenieri, che lo sfruttavano per attirare un intero gruppo e abbattere più esemplari.[68] Le orche, se numerose, possono talvolta uccidere una femmina adulta, ma i maschi adulti sono generalmente immuni agli attacchi grazie alla loro imponente corporatura e forza.[69]

Durante la caccia, i gruppi di femmine e giovani possono disperdersi, allontanandosi di alcune centinaia di metri ma mantenendo una disposizione a «fronte d'assalto». Gli individui si immergono per catturare calamari in profondità, cacciando in modo indipendente, pur rimanendo in un gruppo sparso. Dopo le battute di caccia, generalmente nelle ore pomeridiane, i gruppi si riuniscono per riposare. In questo momento, i capodogli si dispongono vicini e immobili, a pochi metri di profondità o al pelo dell'acqua. Durante il sonno, anche se parziale (come in altri cetacei), la loro soglia di attenzione si riduce, rendendo il riposo in gruppo una strategia efficace per proteggere i più giovani da eventuali predatori. I grandi maschi, invece, riposano solitari, dato che le loro dimensioni li tengono al sicuro dalle orche. In alcuni casi, i capodogli dormono in una posizione caratteristica: verticali, con la testa rivolta verso la superficie. Questo comportamento crea uno spettacolo suggestivo, facendo sembrare i capodogli enormi «palloncini» ancorati al fondo da corde invisibili.[64]

Vocalizzazioni

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Una serie di click normali.
Una serie di click rapidi.

Il repertorio vocale del capodoglio è relativamente semplice e consiste principalmente in serie di suoni a impulsi, detti click, che ricordano il suono di un martello che batte su un pezzo di legno. All'inizio dell'era dell'esplorazione acustica subacquea, tra le due guerre mondiali, queste vocalizzazioni vennero attribuite a un ipotetico «pesce falegname». I click vengono emessi soprattutto durante le immersioni, mentre gli esemplari in superficie o quelli solitari sono generalmente silenziosi. Ogni battito, percepibile in buone condizioni fino a oltre 10 chilometri di distanza, è composto da una serie di 1-9 impulsi, con una durata complessiva che varia tra 2 e 30 millisecondi. La banda di frequenza dei click è molto ampia, spaziando da 200 Hz a 32 kHz. Questi suoni vengono prodotti in sequenze regolari, con intervalli che variano tra 0,01 e 10 secondi, e le sequenze possono durare oltre 20 minuti. La struttura degli impulsi che compongono ciascun click, secondo alcuni studiosi, potrebbe permettere di determinare le dimensioni dell'animale che li ha prodotti. Spesso, le sequenze terminano con una breve serie di impulsi emessi in modo irregolare ma ripetitivo, detta coda, che potrebbe trasmettere informazioni sull'individuo, sul gruppo sociale o sulla popolazione di appartenenza.[11][70]

I click del capodoglio, che possono raggiungere intensità di circa 230 decibel a un metro di distanza,[71] svolgono diverse funzioni. I capodogli utilizzano i click per trasmettere informazioni ai conspecifici, favorendo l'interazione sociale e la coesione del gruppo. Durante la caccia, i click diventano più ravvicinati, formando suoni simili a ronzii (detti buzz), utili per localizzare le prede. Alcuni ricercatori ipotizzano che l'elevata intensità dei click possa essere utilizzata per stordire le prede (vedi la sezione «Ricerca del cibo»).

Nel 2002, i cetologi Luke Rendell e Hal Whitehead, dell'Università Dalhousie, hanno identificato i cosiddetti «clan vocali» (vocal clans): gruppi sociali accomunati da una «lingua» condivisa o, più cautamente, da vocalizzazioni che presentano schemi e strutture distintive, specifiche di un determinato gruppo sociale.[72] Questi clan vocali rappresentano un'importante componente della complessa struttura sociale del capodoglio, suggerendo che i click non siano solo segnali acustici per la caccia o la navigazione, ma anche un elemento chiave per il mantenimento delle relazioni sociali e culturali.

Ciclo vitale e riproduzione

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Veduta aerea di un capodoglio.

I capodogli rappresentano un esempio eccellente di specie che adotta la strategia K.[6][14][73] Questa strategia riproduttiva si caratterizza per un ambiente stabile, un basso tasso di natalità, un significativo livello di cure parentali, uno sviluppo lento e un'elevata longevità.[7]

La modalità di scelta del partner nei capodogli non è ancora del tutto compresa. Alcune evidenze suggeriscono l'esistenza di relazioni gerarchiche tra i maschi, mentre altre indicano che la selezione del partner possa dipendere dalla scelta delle femmine.[74] A differenza dei misticeti, che seguono cicli riproduttivi stagionali rigidi, gli odontoceti – e in particolare i capodogli – mostrano schemi più flessibili. La stagione riproduttiva del capodoglio è infatti prolungata, estendendosi da metà inverno a metà estate.[11] La gestazione dura 14-15 mesi, e i piccoli nascono in primavera o estate. Alla nascita, misurano circa 4 metri e pesano tra 500 e 800 chilogrammi.[6] Il loro colore è più chiaro rispetto agli adulti.[11] Durante il parto, gli altri membri del branco rimangono vicini alla partoriente, offrendo assistenza.

Il piccolo viene allattato per almeno due anni, nonostante inizi a consumare cibo solido prima del primo anno di vita. Anche dopo lo svezzamento, può continuare a ricevere latte: le femmine fino a 7 anni e mezzo, i maschi fino a 13 anni. L'allattamento dei capodogli è un processo unico: il piccolo non ha labbra per succhiare e i capezzoli della madre sono invertiti. Grazie a riprese video moderne, si è scoperto che il piccolo inserisce la mascella inferiore nella cavità del capezzolo e il latte, denso come yogurt e dieci volte più grasso del latte umano, gli viene iniettato direttamente in bocca.[11]

Le femmine raggiungono la maturità sessuale tra i 7 e i 13 anni, quando misurano 8-9 metri, mentre i maschi maturano più tardi, tra i 18 e i 21 anni, raggiungendo una lunghezza di 11-12 metri. Le femmine adulte entrano in estro una volta ogni 3-5 anni.[6] Dopo aver raggiunto la maturità sessuale, i maschi si spostano verso latitudini più elevate, dove trovano acque fredde e abbondanti risorse alimentari.[6] Le femmine, invece, sono più sedentarie e rimangono in regioni a latitudini più basse. I maschi tornano in queste aree solo per accoppiarsi, tra la fine dell'inverno e l'inizio dell'estate, favorendo così una maggiore mescolanza genetica.[75][76]

La durata massima della vita di un capodoglio sembra superare i 70 anni.[7]

Alimentazione

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Scontro tra un capodoglio e un calamaro gigante in un diorama dell'American Museum of Natural History.
Località Composizione
Australia meridionale[77] Onychoteuthidae (36,5%)
Architeuthidae (13,6%)
Pholidoteuthidae (11,4%)
Perù e Cile[78] Histioteuthis (56%) (Histioteuthidae)
Dosidicus gigas (32%) (Ommastrephidae)
Vampyroteuthis infernalis (3%) (Vampyroteuthidae)
Brasile[79] Ommastrephidae (33,1%)
Onychoteuthidae (18,5%)
Azzorre[80] Octopoteuthidae (39,8%)
Histioteuthidae (32,7%)
Architeuthidae (12,1%)
Canada occidentale[81] Moroteuthis robusta (61,9%) (Onychoteuthidae)
Berryteuthis magister (17,6%) (Gonatidae)
Atlantico nord-orientale[82] Taningia (79%) (Octopoteuthidae)
Gonatus (13,9%) (Gonatidae)
Teuthowenia (3,4%) (Cranchiidae)
Islanda e Groenlandia[83] Histioteuthidae (38%)
Cranchiidae (25%)
Mediterraneo[84] Histioteuthis bonnellii (95%) (Histioteuthidae)
Octopoteuthis sicula (2,3%) (Octopoteuthidae)
Histioteuthis reversa (1,3%) (Histioteuthidae)

Il capodoglio è il più grande predatore attualmente esistente sulla Terra. La sua dieta è principalmente composta da calamari mesopelagici, motivo per cui è definito una specie teutofaga. Le femmine e i giovani si nutrono prevalentemente di calamari di diverse specie, con un peso che varia da 100 grammi a 10 chilogrammi, e in misura minore di pesci. I maschi adulti, invece, preferiscono calamari di dimensioni maggiori e possono catturare enormi esemplari di calamaro gigante antartico (Mesonychoteuthis hamiltoni), che può superare i 14 metri di lunghezza, o di calamaro gigante del genere Architeuthis. Questi cefalopodi, catturati a profondità superiori ai 1000 metri, lasciano spesso cicatrici sulla pelle dei capodogli, causate dai becchi taglienti e dalle ventose dentate dei loro tentacoli. Nei maschi più anziani, la pelle è frequentemente cosparsa di centinaia di queste cicatrici circolari.[85] I pesci costituiscono una componente secondaria della dieta e includono specie nectoniche e bentoniche di grandi dimensioni, come tonni, barracuda e squali.[27] Un esempio estremo è rappresentato da uno squalo elefante (Cetorhinus maximus) di 2,5 metri trovato nello stomaco di un capodoglio catturato alle Azzorre.[27] Inoltre, si ipotizza che il capodoglio possa predare lo squalo dalla bocca grande (Megachasma pelagios), una specie rara e di grandi dimensioni, poiché sono stati osservati tre capodogli interagire con un esemplare di questa specie.[86][87][88]

 
Un capodoglio percepisce un calamaro gigante grazie al suo sonar.

Gli studi sulla dieta del capodoglio hanno mostrato differenze significative in base alla località. Analizzando i contenuti stomacali, in particolare i becchi di calamaro, è possibile stimare il peso delle prede e quantificare il consumo di cefalopodi. Ad esempio, alle Galápagos una ricerca ha evidenziato che i calamari dei generi Histioteuthis (62%), Ancistrocheirus (16%) e Octopoteuthis (7%) erano le prede principali, con un peso compreso tra 12 e 650 grammi.[89] Nell'Australia meridionale, gli stomaci degli esemplari spiaggiati contenevano calamari, crostacei, frammenti di plastica e nematodi. Le variazioni nella dieta sembravano dipendere dalla posizione geografica e dal sesso, piuttosto che dall'età.[77] In Nuova Zelanda, uno studio sugli esemplari catturati nello stretto di Cook ha rilevato un rapporto di massa tra calamari e pesci di 1,69:1.[90]

La dieta a base di calamari è all'origine della produzione di ambra grigia, una sostanza formata nell'apparato digerente del capodoglio per reazione ai becchi indigeribili dei cefalopodi. Sebbene di norma i capodogli rigurgitino queste parti, una piccola quantità si accumula nello stomaco, dove viene inglobata in una secrezione grassa come risposta difensiva. Con il tempo, questa secrezione si indurisce, formando l'ambra grigia, un processo simile alla formazione delle perle nei molluschi o dei bezoar nei ruminanti. Dopo la morte del capodoglio, l'ambra grigia si libera dalla carcassa, galleggia per anni e, infine, approda sulle spiagge dove viene raccolta.[91][92]

Ogni giorno, un capodoglio consuma una quantità di cibo pari al 3% del suo peso corporeo. Si stima che, durante i circa 120 giorni trascorsi nelle acque antartiche, 85000 capodogli consumino 12 milioni di tonnellate di cefalopodi, che rappresentano il 95% della loro dieta.[27] Su scala globale, il consumo annuale di prede da parte dei capodogli è stimato in circa 100 milioni di tonnellate, una quantità superiore al consumo totale annuo di animali marini da parte dell'uomo.[93]

Ricerca del cibo

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Un frammento di pelle di capodoglio con i segni delle ventose di un calamaro gigante.

I capodogli si alimentano esclusivamente in acque profonde, effettuando immersioni che vanno da 400 a oltre 1000 metri, con punte che possono raggiungere quasi 3000 metri. Queste immersioni durano solitamente tra 45 minuti e oltre 2 ore, intervallate da una pausa di circa 10 minuti in superficie per respirare. Durante il tuffo iniziale, il capodoglio solleva caratteristicamente la pinna caudale fuori dall'acqua prima di inabissarsi, mentre le discese e le risalite avvengono quasi in verticale.[94] Nonostante numerosi studi, le modalità con cui i capodogli cacciano rimangono per lo più sconosciute, poiché nessuno è mai riuscito a osservare un esemplare durante la caccia in profondità. Diverse ipotesi sono state avanzate: i capodogli potrebbero localizzare le prede tramite le emissioni acustiche;[95] molti calamari predati dal capodoglio sono bioluminescenti, il che potrebbe venderli visibili anche nelle profondità buie; alcuni ipotizzano che il capodoglio si posizioni a bocca aperta, attendendo che i calamari vi entrino spontaneamente;[11] la colorazione bianca della bocca del capodoglio potrebbe attirare le prede.[27] Le tecniche di cattura rimangono avvolte nel mistero. I denti, ad esempio, sembrano svolgere un ruolo marginale, dato che i giovani capodogli iniziano a cacciare già dal primo anno di vita, mentre i denti spuntano solo intorno all'ottavo anno. Inoltre, esemplari con mandibole deformate o danneggiate sono stati trovati in perfetto stato di nutrizione, suggerendo che la capacità di ingerire per suzione sia cruciale nella cattura delle prede. Alcuni studiosi ipotizzano che il capodoglio possa tramortire le prede con intense emissioni acustiche, anche se questa teoria non è ancora stata confermata da osservazioni dirette.[96]

 
Una rara scena di caccia in superficie: il capodoglio tiene un grosso pesce in bocca. Fotografia scattata a Kaikoura, Nuova Zelanda.

Uno studio pubblicato nel 2010 ha suggerito che le femmine di capodoglio possano cooperare nella caccia ai calamari di Humboldt (Dosidicus gigas).[97] Questa cooperazione potrebbe migliorare l'efficienza predatoria e favorire il successo alimentare. In alcune aree, i capodogli mostrano un comportamento opportunistico, rubando pesci dai palangari dei pescatori. Nei mari del golfo dell'Alaska, ad esempio, i capodogli si nutrono di merluzzi carbonari e merluzzi antartici direttamente dalle lenze, risparmiandosi la fatica di cacciare.[98] Sebbene questo comportamento infastidisca i pescatori, la quantità di pesce prelevata non è sufficiente a soddisfare il fabbisogno giornaliero di questi cetacei.

Importanza ecologica

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Posto al vertice della piramide alimentare marina, il capodoglio è un superpredatore essenziale per l'equilibrio degli ecosistemi oceanici. Grazie alla sua capacità di cacciare a grandi profondità, contribuisce alla regolazione delle popolazioni di polpi e grossi calamari, sfruttando l'importante fonte di proteine fornita da questi cefalopodi. Nella sua nicchia ecologica, il capodoglio non ha praticamente concorrenti. La drastica riduzione del numero di esemplari causata dalla caccia ha alterato la distribuzione e l'equilibrio di alcune popolazioni ittiche.

Un aspetto sorprendente del ruolo ecologico del capodoglio è il suo effetto indiretto sulla composizione dei gas atmosferici. Nel 2010, un gruppo di scienziati della Flinders University di Adelaide ha dimostrato che l'attività del capodoglio esercita un'influenza significativa e quantificabile sul clima globale. Il meccanismo è il seguente: i capodogli si alimentano in profondità e rilasciano pennacchi fecali ricchi di ferro e altri nutrienti a livelli più superficiali, nelle acque fotiche. In aree come i mari freddi, dove il ferro scarseggia, questi nutrienti fertilizzano il plancton vegetale, base della catena alimentare marina. La crescita del plancton accelera i processi di fotosintesi, favorendo l'assorbimento dell'anidride carbonica e l'emissione di ossigeno su scala planetaria. I capodogli creano una turbolenza verticale, nota come miscelazione diapicnale, che spinge il plancton verso la superficie, dove riceve luce più intensa, aumentando i tassi di crescita e produzione primaria. Il plancton morto si deposita sul fondale marino, trascinando con sé il carbonio atmosferico che viene così intrappolato nel limo marino per secoli. Questo processo contribuisce a ridurre la quantità di anidride carbonica nell'atmosfera. Si stima che la circolazione del plancton rimuova circa la metà dell'anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili, superando il contributo delle foreste pluviali e di tutta la vegetazione terrestre. Tuttavia, il sequestro del carbonio sarebbe potuto essere fino a dieci volte maggiore se il capodoglio non fosse stato cacciato intensamente per oltre due secoli.[99] Grazie al loro ruolo nel «riciclo del ferro», i capodogli della regione australe contribuiscono anche al mantenimento di catene alimentari vitali per l'ecosistema oceanico.

A differenza di altri cetacei, la carcassa di un capodoglio tende a galleggiare in superficie dopo la morte, poiché la densità del suo corpo è inferiore a quella dell'acqua. Per questo motivo, i capodogli partecipano poco o nulla alla creazione degli ecosistemi effimeri delle «cadute di balena», che si formano quando le carcasse di balene si depositano sul fondale oceanico e alimentano una vasta comunità di organismi.[100]

Parassiti

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I parassiti esterni come i ciamidi o «pidocchi delle balene» (qui Cyamus ovalis) si ancorano molto saldamente alla pelle del capodoglio grazie ai loro potenti uncini.

Come tutte le balene, il capodoglio ospita numerosi parassiti, sia interni che esterni, che possono avere un impatto significativo sulla sua salute e sul suo comportamento.

  • i parassiti interni del capodoglio includono piccoli invertebrati come vermi piatti (trematodi e cestodi), nematodi e acantocefali. In alcuni casi, questi parassiti possono risultare pericolosi per l'animale. Ad esempio, la loro moltiplicazione nei condotti uditivi può interferire con il funzionamento del sonar, compromettendo l'orientamento del capodoglio. Questo malfunzionamento può causare arenamenti, incapacità di cacciare o difficoltà a evitare ostacoli;
  • i parassiti esterni si sviluppano sull'epidermide del capodoglio, nutrendosi della pelle o ripulendo ferite purulente. I principali parassiti esterni includono copepodi e anfipodi, che si ancorano alla pelle grazie a potenti uncini, lasciando grosse cicatrici.[11] Attaccano principalmente le aree in cui la pelle è più morbida, come la regione genitale, lo sfiatatoio e le palpebre, e si nutrono del sangue del cetaceo.[101] Tra questi, il ciamide Neocyamus physeteris è specifico del capodoglio ed è il parassita esterno più comune. È presente esclusivamente su femmine e giovani[102] ed è stato riscontrato in tutte le popolazioni. Può essere a sua volta portatore di altri parassiti.[103][104] Un altro ciamide, Cyamus catodontis, infesta principalmente i maschi adulti.[102] I cirripedi (lepadi e balani) si ancorano al corpo del capodoglio come substrato, senza nutrirsi direttamente dell'animale. Tuttavia, una proliferazione eccessiva, soprattutto nelle acque fredde, può rappresentare un problema.[101] Tra i vertebrati, lo squalo tagliatore (Isistius brasiliensis) si nutre staccando piccoli bocconi di carne dal corpo del capodoglio con i suoi morsi caratteristici.[105]

I parassiti esterni possono causare danni significativi alla pelle del capodoglio, mentre quelli interni possono compromettere funzioni vitali, come il sonar, con conseguenze potenzialmente fatali. Sebbene la maggior parte di questi parassiti non metta in pericolo la sopravvivenza dell’animale, l’interazione con altre problematiche ambientali, come la scarsità di cibo o l’inquinamento, potrebbe amplificare i loro effetti negativi.

Distribuzione e habitat

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Areale del capodoglio.

Il capodoglio è una delle specie più cosmopolite, presente con un numero significativo di esemplari in tutti gli oceani e in quasi tutti i mari, incluso il Mar Mediterraneo. Predilige le acque profonde con profondità superiori a 1000 metri[1] e si incontra più frequentemente in acque equatoriali o tropicali.[14] Nell'emisfero australe, i capodogli si spingono fino quasi alle acque quasi antartiche. Sebbene siano rari intorno alla Georgia del Sud, confinati alle profondità lontane dalla costa,[106] sono più comuni nel canale di Drake, al largo del Capo Horn, e in molte baie della Terra del Fuoco, inclusi il canale di Beagle, la penisola Mitre e lo stretto di Magellano.[107] Nell'emisfero boreale, i capodogli sono presenti in tutte le acque fino al 75º parallelo nord. Tuttavia, è raro che un esemplare si sposti da un emisfero all'altro: i maschi, in particolare, tendono a rimanere sempre dallo stesso lato dell'equatore.[27] Nel Mar Mediterraneo, i capodogli sono ben rappresentati, ma sono assenti nel Mar Nero,[6] e la loro presenza nel Mar Rosso è incerta.[1] L'assenza di capodogli in queste aree potrebbe essere legata alle acque poco profonde dei punti di accesso al Mar Nero e al Mar Rosso.[108] Inoltre, il Mar Nero presenta acque profonde anossiche e ricche di composti dello zolfo, come l'acido solfidrico.[109]

Le popolazioni di capodogli si concentrano soprattutto in prossimità delle piattaforme continentali e dei canyon sottomarini.[14] Sebbene siano tipicamente presenti in acque profonde al largo, possono essere osservati anche vicino alla riva in aree dove la piattaforma continentale si inabissa rapidamente, raggiungendo profondità comprese tra 310 e 920 metri.[6] Alcuni dei luoghi più noti per l'avvistamento di capodogli includono le Azzorre e l'isola caraibica della Dominica.[110]

I capodogli seguono un calendario migratorio simile a quello delle balenottere. Durante l'inverno, i maschi si avvicinano all'equatore per unirsi ai gruppi di femmine e partecipare alla riproduzione. Una volta terminato l'accoppiamento, si spostano verso i poli, dove le risorse alimentari sono più abbondanti.[27]

Etimologia

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Incisione del 1577 raffigurante dei capodogli arenati. Il disegno è piuttosto approssimativo. Si può notare che l'autore ha rappresentato (erroneamente) due narici (o sfiatatoi) all'estremità del muso di ogni animale, occhi posti in alto e pinne dorsali più sporgenti di quanto non siano in realtà.

Il termine «capodoglio», o l'ormai desueto «capidoglio», deriva dalla grande quantità di olio che si ricavava dalla testa di questo animale. Un altro nome oggi in disuso è «cascialotto»[111] o «cascialoto»,[112] una forma italianizzata del francese cachalot, a sua volta di origine iberica. In testi francesi, il termine cachalut è documentato già nel 1628, utilizzato a Saint-Jean-de-Luz per indicare il capodoglio, considerato il «maschio della balena». L'attuale forma cachalot, attestata per iscritto nel 1694, è stata presa in prestito dal portoghese del XVII secolo cachalote o cacholote, che designa lo stesso animale,. L'origine del termine portoghese non è chiara, ma potrebbe derivare da cachola, che significa «grossa testa».[113] Altre ipotesi collegano il termine al guascone cachau o a caichal, usati nella regione di Carcassonne con il significato di «grandi denti».[114][115] Nel suo dizionario etimologico, Joan Coromines suggerisce che i termini iberici potrebbero derivare dal latino volgare cappula, plurale di cappulum, che indicava l'impugnatura di una spada.[116]

 
Le Physale Cylindrique, tratto dalla Histoire naturelle des cétacés di Lacépède (1804).

Nei paesi anglosassoni, il capodoglio è chiamato sperm whale, abbreviazione di spermaceti whale. Questo nome si riferisce alla sostanza cerosa e biancastra, lo spermaceti, contenuta nell'organo che occupa gran parte della testa del capodoglio e che si pensava inizialmente fosse liquido seminale (vedi la sezione «Spermaceti»). Spermaceti significa, in latino, «sperma di balena». Un altro nome arcaico italiano è «fisetere»,[117] una semplice italianizzazione del nome scientifico Physeter. Questo termine, di origine greca, deriva da φυσώ (physo), che significa «soffiare», e si riferisce al soffio caratteristico dell'animale.[118] Il termine appare, ad esempio, nelle opere di François Rabelais, che lo utilizza come Physetère nei capitoli 33 e 34 del Libro quarto di Gargantua e Pantagruel (1552).[119]

Il nome scientifico completo del capodoglio, Physeter macrocephalos, ha radici greche: Physeter, derivato da φυσώ (physo), significa «soffiatore»; macrocephalus, composto da μακρός (makrós), «grande», e κεφαλή (képhalế), «testa», significa letteralmente «grossa testa». Il nome alternativo catodon, anch'esso di origine greca, significa «denti sulla mandibola», da κατά (katá), «in basso», e ὀδούς (odoús), «dente».[11]

Sistematica

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Tassonomia

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Il capodoglio è classificato nel genere Physeter, unico genere della famiglia dei Fiseteridi (Physeteridae). Questa famiglia appartiene alla superfamiglia Physeteroidea, che comprende il capodoglio e le due specie di cogia: il cogia di Owen (Kogia sima) e il cogia di de Blainville (K. breviceps).[120] In passato, anche i cogia erano collocati tra i Fiseteridi, ma oggi sono assegnati a una famiglia distinta, i Kogiidi (Kogiidae).[121] Sebbene ci siano ancora discussioni sulla monotipicità della famiglia Physeteridae, è ben accettato che il genere Physeter sia monotipico, comprendendo un'unica specie.

La classificazione del capodoglio ha subito variazioni nel tempo. Linneo, nella sua opera Systema Naturae (1758), descrisse quattro specie del genere Physeter:[122] P. catodon, P. macrocephalus, P. microps e P. tursio. Nel 1836, lo studio di Frédéric Cuvier consolidò queste specie in un'unica, riducendo le precedenti denominazioni a sinonimi. Tuttavia, rimase una certa ambiguità su quale fosse il nome corretto della specie tra P. macrocephalus e P. catodon, entrambi coniati da Linneo e usati da lui in modo intercambiabile.

Inizialmente, fu data priorità al nome P. catodon, ma nel 1974 Husson e Holthuis proposero come nome valido P. macrocephalus.[123] Poiché entrambi i nomi erano sinonimi pubblicati contemporaneamente, il caso fu risolto applicando il «principio del primo revisore» del Codice internazionale di nomenclatura zoologica (ICZN), come confermato da Holthuis nel 1987.[124] Nonostante ciò, Schevill, nel 1986 e 1987, contestò la validità di P. macrocephalus, sostenendo che la descrizione originale fosse imprecisa e che solo P. catodon dovesse essere considerato valido, rendendo inapplicabile il principio del primo revisore.[125][126] Tuttavia, la maggior parte degli studiosi moderni accetta P. macrocephalus come nome valido, considerando P. catodon un sinonimo secondario.

Nel tempo, sono stati proposti numerosi sinonimi per il capodoglio, insieme a varie sottospecie. Tuttavia, oggi la specie è considerata monotipica, senza sottospecie riconosciute.

Taxa sinonimi o incerti[127]
Specie Sottospecie
  • Physeter catodon Linnaeus, 1758
  • Physeter microps Linnaeus, 1758
  • Physeter tursio Linnaeus, 1758
  • Physeter andersonii Borowski, 1780
  • Physeter novaeangliae Borowski, 1780
  • Phiseter cylindricus Bonnaterre, 1789
  • Phiseter mular Bonnaterre, 1789
  • Phiseter trumpo Bonnaterre, 1789
  • Physeter microps rectidentatus Kerr, 1792
  • Physeter maximus Cuvier, 1798
  • Catodon macrocephalus Lacépède, 1804
  • Physalus cylindricus Lacépède, 1804
  • Physeter orthodon Lacépède, 1804
  • Physeterus sulcatus Lacépède, 1818
  • Physeter australasiensis Desmoulins, 1822
  • Tursio vulgaris Fleming, 1822
  • Delphinus bayeri Risso, 1826
  • Cetus cylindricus Billberg, 1828
  • Physeter australis Gray, 1846
  • Catodon colneti Gray, 1850
  • Catodon australis Wall, 1851
  • Catodon (Meganeuron) krefftii Gray, 1865
  • Physeter macrocephalus albicans Kerr, 1792, sinonimo di Delphinapterus leucas (Pallas, 1776)
  • Physeter macrocephalus cinereus Kerr, 1792, nomen dubium
  • Physeter macrocephalus niger Kerr, 1792, nomen dubium

Storia evolutiva

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Evoluzione dei cetacei.

Fossili

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Zygophyseter varolai a caccia.

Sebbene le testimonianze fossili dei capodogli siano scarse,[128] diversi generi estinti sono stati assegnati alla superfamiglia monofiletica Physeteroidea, che include l'ultimo antenato comune dei moderni capodoglio, cogia di de Blainville e cogia di Owen, oltre a tutti i loro discendenti. Tra questi, il fossile più primitivo scoperto finora è Ferecetotherium, rinvenuto in Azerbaigian e risalente all'Oligocene (circa 28-23 milioni di anni fa). Questo esemplare presenta caratteristiche specifiche dei capodogli, come un rostro asimmetrico, e segna un importante punto di riferimento per lo studio dell'evoluzione di questa superfamiglia.[129]

La maggior parte dei fossili di capodogli risale al Miocene, un periodo compreso tra 23 e 5 milioni di anni fa. Nel Miocene inferiore troviamo Diaphorocetus, scoperto in Argentina, mentre al Miocene medio appartengono generi come Aulophyseter, Idiorophus e Orycterocetus, rinvenuti sulla costa occidentale degli Stati Uniti, Leviathan melvillei, scoperto nel 2010 in Perù, e Scaldicetus, trovato in Europa e Giappone.[129][130] Fossili di Orycterocetus sono stati individuati anche nell'Oceano Atlantico settentrionale e nel Mar Mediterraneo.[131] Al Miocene superiore risalgono invece Placoziphius, rinvenuto in Europa, e Acrophyseter, scoperto in Perù. Questi fossili testimoniano la vasta distribuzione geografica e la diversificazione della superfamiglia nel corso di milioni di anni.[129][132]

I capodogli fossili si distinguono dagli esemplari moderni per diverse caratteristiche anatomiche. Una delle differenze principali riguarda il numero di denti:[129] molti generi fossili, come Acrophyseter, possedevano denti su entrambe le mascelle, mentre il capodoglio moderno li ha solo sulla mandibola.[132] Anche la forma del rostro e della mascella varia significativamente: Scaldicetus aveva un rostro sottile,[130] mentre Acrophyseter mostrava un rostro corto e una mandibola curvata verso l'alto.[132] Queste differenze suggeriscono che le specie fossili non fossero specializzate nella caccia in acque profonde come il capodoglio moderno. Alcuni generi, infatti, si nutrivano principalmente di pesci, mostrando una dieta più varia.[129] Un caso particolare è rappresentato da Zygophyseter, vissuto tra il Miocene medio e superiore, che si era adattato a cacciare grandi prede in modo simile all'orca.[95]

L'evoluzione dei capodogli mostra dunque una transizione significativa dalle caratteristiche ancestrali, come denti presenti su entrambe le mascelle e una maggiore varietà alimentare, verso le specializzazioni del moderno Physeter macrocephalus, che si è adattato a una dieta prevalentemente teutofaga e a uno stile di vita in acque profonde. Questi fossili offrono una preziosa finestra sulla storia evolutiva di uno dei più grandi predatori marini, contribuendo a comprendere meglio il ruolo ecologico della superfamiglia Physeteroidea nel passato.

Cetacea
Odontoceti
Physeteroidea

Altri Physeteroidea †

Kogiidae

Cogia di de Blainville

Cogia di Owen

Physeteridae

Altri Physeteridae †

Capodoglio

Plataniste

Altri delfini di fiume

Delfini e orche

Focene

Beluga e narvalo

Zifidi

Misticeti

Albero filogenetico del capodoglio,[133] compresi i rami dei gruppi estinti (†).[95]

Filogenesi

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La teoria più accettata sull'evoluzione dei cetacei sostiene che i misticeti e gli odontoceti derivino da balene primitive vissute all'inizio dell'Oligocene, circa 33-23 milioni di anni fa. La superfamiglia Physeteroidea si sarebbe separata dagli altri odontoceti poco dopo, oltre 23 milioni di anni fa.[128][129] Tra il 1993 e il 1996, analisi molecolari filogenetiche sollevarono una teoria alternativa, suggerendo che i capodogli fossero più strettamente imparentati con i misticeti che con gli altri odontoceti. Questa ipotesi avrebbe implicato che il sottordine degli odontoceti non fosse monofiletico.[133][134] Tuttavia, studi successivi basati sull'anatomia comparata e su filogenesi molecolare, che utilizzarono una gamma più ampia di caratteristiche morfologiche e marcatori genetici, contestarono questa conclusione. Questi studi confermarono la monofilia degli odontoceti, riconoscendo un'origine comune per tutti i membri di questo sottordine.[133][135][136][137]

Le analisi filogenetiche confermano inoltre che durante il Miocene, la superfamiglia Physeteroidea attraversò una fase di rapida diversificazione.[95] In questo periodo, la famiglia dei Kogiidi si separò da quella dei Fiseteridi, evento che si stima sia avvenuto almeno 8 milioni di anni fa.[135]

Nelle cronache

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Nel luglio del 2003, un massa di carne bianca indistinta venne trovata su una spiaggia delle coste del Cile meridionale. La lunga massa di circa 12 metri, di consistenza gelatinosa, fece inizialmente credere di trovarsi di fronte ai resti di un polpo gigante sconosciuto. Tuttavia, i ricercatori del Museo di Storia Naturale di Santiago determinarono che si trattava dell'interno di un capodoglio. Questa conclusione fu dedotta dall'osservazione delle ghiandole dermiche. Quando un capodoglio muore, i suoi organi interni si decompongono gradualmente, trasformando l'animale in una massa semiliquida intrappolata sotto la pelle. In seguito, la pelle può strapparsi, provocando la fuoriuscita della massa interna e il possibile spiaggiamento.

I capodogli morti galleggiano spesso verso la costa, attirando preoccupazione non solo per i tessuti decomposti, ma anche per la possibilità che squali, come il grande squalo bianco, vengano attratti dalla carne in putrefazione, rappresentando un potenziale pericolo per i bagnanti. Per questa ragione, è pratica comune rimorchiare i capodogli morti al largo prima che raggiungano le spiagge. Questo avvenne, ad esempio, due volte nel maggio del 2004. In uno di questi episodi, al largo di Oahu, alle Hawaii, un capodoglio morto venne rimorchiato in mare per 35 miglia. Tuttavia, l'animale ritornò sulla costa due giorni dopo, nonostante gli sforzi per allontanarlo.

Balene esplosive

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Gli eventi legati ai capodogli morti, per la loro spettacolarità e imprevedibilità, hanno attirato l'attenzione del pubblico e dei media in diverse occasioni.

Uno degli episodi più celebri risale al 1970 in Oregon, quando una carcassa di capodoglio in decomposizione, dal peso di 7,25 e lunga 13,7 m, si arenò su una spiaggia. La curiosità dei residenti locali portò l'evento al centro dell'interesse, ma essendo la spiaggia un'area di pubblico transito, il compito di rimuovere l'animale ricadde sul Dipartimento dei Trasporti dell'Oregon. La soluzione scelta fu controversa: l'animale venne riempito con mezza tonnellata di dinamite per distruggerlo e disperderlo verso il mare. Tuttavia, l'esplosione, avvenuta venerdì 12 novembre, non si comportò come previsto. Anziché dirigersi verso il Pacifico, i detriti vennero scagliati verso la riva. Sebbene nessuno rimase ferito, una pioggia di grasso colpì il pubblico presente, e una delle auto parcheggiate nelle vicinanze venne distrutta. Gli spettatori furono ricoperti di pezzetti di carne putrida, trasformando l'evento in un aneddoto memorabile che continua a essere raccontato.

Un altro evento, forse ancor più impressionante, si verificò nel gennaio del 2004 a Tainan City, Taiwan. Un capodoglio morto, lungo 17 metri e pesante 50 tonnellate, si arenò sulla spiaggia e venne successivamente trasportato all'università locale per essere studiato. Durante il trasporto, l'accumulo di gas provocato dalla decomposizione interna causò una violenta esplosione. Sebbene nessuno riportò ferite, le viscere dell'animale furono sparate in ogni direzione, ricoprendo auto e pedoni nelle vicinanze. Questo incidente divenne rapidamente virale, attirando l’attenzione dei media internazionali e lasciando un'impressione duratura per la sua bizzarria e spettacolarità.

Incidenti

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Nel marzo 2007, un tragico incidente si verificò nelle acque di una baia a Shikoku, in Giappone, quando un pescatore giapponese perse la vita nel tentativo di soccorrere un capodoglio in difficoltà. L'animale, che si trovava a vagare in acque relativamente basse, probabilmente a causa di uno stato di stress o disorientamento, reagì spaventato durante il tentativo di aiuto. Nel caos che seguì, il capodoglio capovolse l’imbarcazione del pescatore, causando il suo annegamento.

Rapporti con l'uomo

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La caccia al capodoglio

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  Lo stesso argomento in dettaglio: Caccia alla balena.

Gli inizi della caccia commerciale

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Campione di cera di spermaceti, candela di spermaceti e bottiglia di olio di capodoglio.
 
Estrazione dello spermaceti sul ponte di una baleniera.

Prima dell'inizio del XVIII secolo, la caccia al capodoglio veniva effettuata con metodi tradizionali ed era praticata principalmente da comunità indigene, come quella degli indonesiani del villaggio baleniero di Lamalera, sull'isola di Lembata. Qui, la caccia al capodoglio faceva parte di una tradizione secolare, condotta con tecniche artigianali e rispettosa degli equilibri naturali.[138]

I primi occidentali a dedicarsi alla caccia al capodoglio furono i balenieri americani di Nantucket e New Bedford, nel Massachusetts. Le cronache marinare riportano che nel 1712 il capitano Christopher Hussey, partito alla ricerca di balene franche, venne sospinto lontano dalla riva dai venti e si ritrovò in un gruppo di capodogli, riuscendo a catturarne uno.[139] Successivamente, il giudice Paul Dudley, nel suo Essay upon the Natural History of Whales del 1725, menzionò un certo Atkins, che intorno al 1720 fu tra i primi a catturare capodogli al largo delle coste del New England e che era attivo nel settore da almeno dieci o dodici anni.[140]

Questi episodi segnano l'inizio della caccia commerciale al capodoglio. Tra il XVIII e il XX secolo, lo spermaceti e l'olio di capodoglio divennero beni estremamente ricercati. I balenieri, specializzandosi nella cattura di questo cetaceo, soddisfacevano la crescente domanda di prodotti utili in numerosi settori. Lo spermaceti, una sostanza cerosa estratta dall'organo omonimo, e l'olio di capodoglio trovavano applicazione nella produzione di candele, sapone, cosmetici, lubrificanti speciali per macchinari industriali, olio per lampade, prodotti impermeabilizzanti per cuoio, antiruggine, e persino in composti farmaceutici. Durante la rivoluzione industriale, questi materiali divennero indispensabili a causa della mancanza di alternative adeguate.[141][142][143][144]

Anche l'ambra grigia, una sostanza cerosa e infiammabile prodotta nell'intenstino dei capodogli, acquisì grande valore come fissativo nella produzione di profumi. La versatilità e la richiesta di questi prodotti portarono a un aumento significativo delle baleniere dedicate alla caccia ai capodogli. I metodi di cattura e di estrazione dei prodotti vennero progressivamente perfezionati, fino a raggiungere un livello quasi industriale, alimentando una caccia intensiva che avrebbe avuto un impatto devastante sulle popolazioni di capodogli.

Ascesa, declino e rinascita

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Incisione degli anni '50 del XIX secolo raffigurante una scena di caccia al capodoglio.

Durante i primi decenni della caccia al capodoglio in mare aperto, dal 1709 agli anni '30 del XVIII secolo, le catture furono sporadiche. Gli sloop, navi a vela con un solo albero, si concentravano principalmente sui Nantucket Shoals per cacciare balene franche, o nello acque dello stretto di Davis, dove erano presenti le balene della Groenlandia. Solo con l'avvento delle candele di spermaceti negli anni '40 del XVIII secolo le navi americane iniziarono a interessarsi ai capodogli. La zona di caccia si estese rapidamente dalla costa orientale delle colonie americane alla corrente del Golfo, ai Grandi Banchi, fino all'Africa occidentale (1763), alle Azzorre (1765) e all'Atlantico meridionale (1770). Tra il 1770 e il 1775, i porti di Massachusetts, New York, Connecticut e Rhode Island producevano circa 45000 barili di olio di capodoglio all'anno, contro gli 8500 barili di olio di balena.[145] Nello stesso periodo, anche gli inglesi e i francesi iniziarono a dedicarsi alla caccia ai capodogli, affidandosi all'esperienza di navi e personale americano.[146]

Con il progredire del XVIII secolo, la caccia al capodoglio acquisì sempre maggiore importanza. Vennero introdotti arpioni più robusti e costruite baleniere più grandi, adatte a lunghi viaggi oceanici e a trasportare grandi quantità di viveri e materiali. Le baleniere vennero dotate di attrezzature per lavorare direttamente le carcasse a bordo, trasformandosi in vere e proprie industrie mobili. Alla fine del XVIII e all'inizio del XIX secolo, la caccia si estese ai mari del Pacifico, dell'Oceano Indiano, del Giappone, della costa arabica, dell'Australia e della Nuova Zelanda.[146][147]

 
I balenieri staccano l'enorme della testa del capodoglio per ricavarne lo spermaceti in una stampa del 1916.

Quando un capodoglio veniva avvistato, si calavano in mare due o tre lance con sei uomini ciascuna: cinque ai remi e uno al timone, incaricato di lanciare l'arpione. Questo veniva conficcato in un'arteria vicino alla pinna pettorale, provocando una grande fuoriuscita di sangue ma non una morte immediata. Il capodoglio, spaventato e furioso, trascinava la lancia in quello che i marinai chiamavano la «slitta di Nantucket», uno spettacolo mozzafiato che poteva durare da venti minuti a 24 ore, a seconda della resistenza dell'animale. Esausto, il capodoglio veniva infine colpito con un arpione più lungo che perforava i polmoni, facendolo affogare. La carcassa veniva lavorata in mare, tagliata in tranci e fusa in enormi pentole di ferro per produrre olio.[145]

 
Il capodoglio che attacca la Essex, tratto dai taccuini di Thomas Nickerson.

La caccia al capodoglio era estremamente rischiosa. Incidenti come arti mutilati, scialuppe distrutte e persino navi danneggiate erano all'ordine del giorno. Uno degli incidenti più famosi fu l'affondamento della baleniera Essex nel novembre 1820, attaccata da un enorme maschio di capodoglio, probabilmente perché aveva scambiato la nave per un rivale. Solo otto dei venti marinai sopravvissero, alcuni costretti al cannibalismo per sopravvivere. Questo evento ispirò Herman Melville nella stesura del celebre romanzo Moby Dick.[53]

 
I capodogli «festeggiano» l'avvento dell'industria petrolifera in una vignetta satirica del 1861.
Scena di caccia al capodoglio.

Con l'avvento dell'industria petrolifera, la caccia al capodoglio iniziò a declinare. Il cherosene, un derivato dal petrolio, sostituì rapidamente l'olio di balena come combustibile per lampade, segnando la fine dell'epoca d'oro della caccia allo spermaceti.[148][149] Anche la diminuzione delle popolazioni di capodogli, resa evidente dalla difficoltà crescente nel trovarli, contribuì al declino.[145] Studi sui diari di bordo dei balenieri rivelarono che i capodogli iniziarono a modificare i loro comportamenti per sfuggire ai cacciatori: alcuni branchi abbandonavano l’abitudine di radunarsi attorno ai piccoli in caso di pericolo, altri nuotavano controcorrente per sfuggire alle barche a vela, e alcuni esemplari attaccavano più frequentemente le imbarcazioni.[150][151]

Nel XX secolo, con il Giappone e la Russia tra i principali attori, la caccia si spostò verso fini alimentari, prediligendo anche altre specie di balene come megattere e balenottere. Le tecnologie di caccia si evolsero ulteriormente con l'introduzione di arpioni esplosivi montati su cannoni, rendendo la caccia più rapida e letale.[152] Durante le due guerre mondiali, la caccia ai cetacei aumentò drasticamente per sopperire alla carenza di cibo, con oltre 50000 balene uccise all'anno.[152] Solo negli anni '70 e '80, grazie alle campagne di sensibilizzazione, vennero firmati trattati internazionali per regolamentare il commercio di prodotti derivati e creare aree di protezione. Nel 1985, la Commissione internazionale per la caccia alle balene dichiarò il capodoglio una specie protetta.

Nonostante ciò, la caccia tradizionale proseguì alle Azzorre fino al 1984[153] e in Giappone, nell'Oceano Pacifico settentrionale, fino al 1988. Questi ultimi episodi segnano la fine di un'epoca segnata da una delle più grandi e sanguinose attività di sfruttamento marino mai praticate dall'uomo.[149]

Popolazioni e conservazione

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La caccia al capodoglio raggiunse il suo apice negli anni '30 del XIX secolo e negli anni '60.

Si stima che prima della caccia commerciale la popolazione globale di capodogli ammontasse a circa 1100000 individui, ma nel 1880 questa cifra era diminuita di quasi il 29%.[1] Da allora fino al 1946, sembra che la popolazione si fosse parzialmente ripresa, grazie alla minore pressione venatoria, ma dopo la seconda guerra mondiale la popolazione diminuì ulteriormente fino a raggiungere solo il 33% di quanto fosse prima dell'era della caccia.[1] È stato stimato che, durante il XIX secolo, tra 184000 e 236000 capodogli furono uccisi da balenieri di ogni nazionalità,[154] mentre la moderna ondata di caccia alla balena portò all'uccisione di almeno 770000 individui, soprattutto tra il 1946 e il 1980.[N 3] Ancora oggi è possibile notare l'impatto che ha avuto la caccia su questa specie: dal momento che venivano cacciati prevalentemente i maschi di grandi dimensioni, che in alcuni casi sono addirittura scomparsi da intere aree, la lunghezza media dei capodogli è diminuita, almeno in certe aree.[158]

Le popolazioni di capodogli sopravvissute sono abbastanza consistenti da far sì che la specie venga considerata «vulnerabile» (Vulnerable).[1] Tuttavia, la ripresa dopo secoli di caccia commerciale è un processo lento, in particolare nel Pacifico meridionale, dove il prelievo di maschi in età riproduttiva fu particolarmente intenso.[159] Il numero di capodogli esistenti oggi è sconosciuto, ma gli scienziati presumono che potrebbero aggirarsi sulle 360000 unità, una stima risalente agli anni '90 che potrebbe anche essere cambiata da allora. Questa cifra indica una diminuzione del 67% della popolazione originaria. Le prospettive di conservazione sono più rosee di quelle di molte altre balene, ma non vi sono prove che la popolazione sia aumentata dopo il divieto di caccia alla balena, né che sia diminuita, salvo eccezioni regionali.[1]

La specie è protetta quasi ovunque nel mondo e le attività di caccia sono cessate quasi ovunque, con rarissime eccezioni, peraltro poco influenti dal punto di vista della conservazione della specie.[152] I pescatori non prendono di mira le specie di cui si nutrono i capodogli, pertanto la pesca non ha alcun impatto sulle loro risorse alimentari. Attualmente, le principali minacce per la specie sono gli intrappolamenti nelle reti da pesca e le collisioni con le navi,[14] senza dimenticare l'ingestione di rifiuti galleggianti, l'inquinamento acustico sottomarino e l'inquinamento chimico.[160] A Kaikōura, in Nuova Zelanda, è stato studiato il possibile impatto del whale-watching sulla popolazione qui presente. Sembra infatti che questa attività modifichi il comportamento dell'animale, ma in maniera così esigua che probabilmente non sono da temere conseguenze biologiche.[161]

Impiego alimentare

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Lo squartamento seguiva uno schema preciso.

Quando un capodoglio si arena sulla riva, la sua carne rosso scuro diventa rapidamente nerastra se esposta all'aria aperta, il che la rende poco appetitosa. Per questo motivo, gli abitanti delle Azzorre non prelevavano la carne degli esemplari arenati, ma si accontentavano di estrarre loro i denti, usati come ornamenti.[162] Ciononostante, il capodoglio, come le altre balene, compare sul menu di alcune popolazioni, seppur sporadicamente. In effetti, le sue grandi dimensioni ne fanno una notevole riserva di cibo, sebbene solo il grasso sia veramente commestibile; la carne non ha particolare valore gastronomico: ha sapore piuttosto mediocre e veniva utilizzata principalmente per l'alimentazione degli animali. I balenieri americani tagliavano le strisce di grasso in piccoli pezzi e ne facevano delle polpette che poi immergevano nell'olio bollente, con le quali banchettavano. Ma la maggior parte di queste polpette veniva essiccata con l'aiuto di un fornello per poi essere macinata e trasformata in farina animale per il bestiame.[162]

Poiché in precedenza le balene venivano considerate dei pesci, l'Islam consente il consumo della carne di capodoglio, come indica anche la Sunna parlando della «spedizione sulla costa» condotta da Abu Ubayda ibn al-Jarrah e dai suoi trecento uomini.[163] Oggi la caccia al capodoglio è vietata e la sua carne non viene più consumata, tranne che in Giappone, dove sul menu compare la carne di una grande varietà di balene. Il consumo della carne di balena fa parte di una tradizione che risale a prima del XVII secolo.[164] Per quanto riguarda il capodoglio, i giapponesi cucinano il grasso (honkawa, 本皮) cuocendolo in un brodo chiamato koro oden (コロおでん). Oltre a questo, ancora oggi vengono consumate altre parti dell'animale, alcune delle quali considerate addirittura pregiate, dalla testa (il kabura-bone, かぶら骨, cioè la cartilagine del rostro) alla coda (l'onomi, 尾の身, la base della coda), senza trascurare il rene (mamewata, 豆腸) e perfino il pene (takeri, たけり).[152][165]

Studi recenti suggeriscono che il grasso del capodoglio contiene PCB, sostanze cancerogene che danneggiano il sistema nervoso, immunitario e riproduttivo umano.[166][167] La fonte delle concentrazioni di PCB è sconosciuta. Gli odontoceti, come il capodoglio, si trovano generalmente in cima alla catena alimentare e sono quindi soggetti a immagazzinare grandi quantità di inquinanti industriali a seguito del bioaccumulo. Tuttavia, il caso del capodoglio sembra essere più complesso, dato che va in cerca di cibo a grandi profondità.

Osservazione dei capodogli

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I capodogli non sono i cetacei più facili da osservare, soprattutto a causa delle loro lunghe apnee e della capacità di percorrere lunghe distanze sott'acqua. Tuttavia, a causa dell'aspetto particolare e delle grandi dimensioni, sono un obiettivo amato dai whale-watcher, che usano spesso degli idrofoni per ascoltarne i click e localizzarli prima che emergano. Mete popolari per l'osservazione dei capodogli sono Kaikōura, nell'Isola del Sud della Nuova Zelanda, dove la piattaforma continentale è così stretta che i cetacei possono essere visti dalla riva; Andenes e Tromsø in Norvegia; e infine le Azzorre, dove è possibile vederli tutto l'anno.[168] Si ritiene che la Dominica sia l'unica isola dei Caraibi ad ospitare un branco di femmine e piccoli residente tutto l'anno.[169]

Dal 2013, un team di subacquei effettua regolari osservazioni subacquee di una popolazione al largo delle coste di Mauritius per studiarne la struttura sociale.[170]

Il capodoglio nella cultura

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Etnologia

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Incisione raffigurante un capodoglio spiaggiato (1598).

Secondo alcuni studiosi, alcuni graffiti scoperti nell'area del golfo di Morbihan in Bretagna, risalenti al V-IV millennio a.C., raffigurerebbero dei capodogli, ma tale interpretazione non è unanimemente accettata.[171]

Il più antico riferimento a questo animale giunto fino a noi si trova nella Storia naturale di Plinio il Vecchio. Egli racconta che il mare è così grande e illimitato che «non è sorprendente trovarvi tante creature strane e mostruose». Aggiunge che nell'oceano dei Galli, «è stato scoperto un enorme pesce chiamato physeter [dal greco «soffiatore», antico nome del capodoglio] che emerge dal mare come una colonna o un pilastro, più alto persino delle vele di una barca, e da esso sprizza, in alto nell'aria, una grande quantità d'acqua, come da un tubo [...]». Fino alla fine del XVII secolo, comunque, i cetacei venivano considerati dei pesci, nonostante già nel 400 a.C. il filosofo greco Aristotele classificasse le balene tra i mammiferi. All'epoca il capodoglio non veniva distinto dalle altre balene e, assieme a queste, compariva sui bestiari tra le creature più terrificanti.[11].

 
Oggetto kanak (Nuova Caledonia), costituito da un dente di capodoglio forato in due punti e munito di un cordino di sospensione di liana intrecciata. Collezione di etnografia del Museo di Tolosa.

I denti di capodoglio rivestivano una grande importanza culturale in tutto il Pacifico. In Nuova Zelanda, i maori li chiamavano rei puta ed erano piuttosto rari, in quanto presso questa società tradizionale i capodogli non venivano cacciati[172] e i denti e le ossa venivano prelevati solo dagli esemplari spiaggiati. Nelle Figi, i denti sono conosciuti come tabua e venivano offerti come dono o come segno di espiazione (sevusevu): erano quindi importanti nelle trattative tra capi rivali.[173] Friedrich Ratzel, in Storia dell'umanità (1896), riferisce che, nelle isole Figi, i denti di capodoglio erano oggetti ornamentali di grande valore, da cui venivano ricavate delle perline per realizzare collane.[174] Oggi i tabua rimangono un elemento importante nella vita delle Figi. Inizialmente i denti erano rari su queste isole e a Tonga, ma con l'arrivo degli europei i denti inondarono il mercato e il valore di questa «moneta» crollò. L'eccesso di offerta a sua volta portò allo sviluppo dell'arte tutta europea dello scrimshaw.[175] I denti di capodoglio, comunque, erano considerati oggetti di pregio anche in altre zone del mondo, dato che sono stati rinvenuti anche in sepolture della Vandea (epoca gallica)[176] e dell'Assiria (XII secolo a.C.).[177]

 
L'arte dello scrimshaw veniva espressa sui denti di capodoglio.

Riferimenti culturali

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Mocha Dick attacca una scialuppa della baleniera Essex.

Il romanzo Moby Dick di Herman Melville è basato sulla storia vera del capodoglio che attaccò la baleniera Essex e forse su un esemplare bianco del Pacifico noto per la sua ferocia, un maschio che era stato chiamato Mocha Dick. Melville associò il capodoglio al Leviatano della Bibbia. Tuttavia, mentre l'episodio della Essex viene citato sia nel romanzo che nella corrispondenza dell'autore, Mocha Dick non vi compare mai. Potrebbe quindi trattarsi di una coincidenza, non essendo rari i casi di albinismo tra questi animali, né i nomi propri (Dick è il diminutivo di Richard) affibbiati dai cacciatori ad esemplari particolarmente combattivi, come riporta lo stesso Melville in un capitolo del suo romanzo.

Nel 1869 anche Jules Verne, in Ventimila leghe sotto i mari, parlò dei capodogli, dandone però una descrizione errata, dal momento che li descrisse come feroci assassini predatori di balene, forse confondendoli con le orche.[178]

 
La Balena di Pinocchio.

L'animale appare anche nelle sembianze feroci della Balena del film Pinocchio (1940) di Walt Disney (chiamata Monstro nell'originale), dove ingoia Geppetto insieme alla sua barca, analogamente alla storia di Giona, il profeta biblico inghiottito da una balena. Anche se la presenza di denti nella mascella di questo immenso cetaceo e la forma squadrata della testa lasciano una sola interpretazione possibile sulla sua identità, la rappresentazione dell'animale resta piuttosto approssimativa, in quanto presenta anche i solchi golari propri delle balenottere.[179] Nel 2006 al capodoglio è stato dedicato un lungo docu-drama in computer grafica prodotto dalla BBC, dal titolo Odissea negli abissi (Ocean Odissey).[180] Altre riprese di questo animale si trovano nella seconda stagione della serie Il pianeta azzurro e nel quarto episodio della serie I segreti delle balene (Secrets of the Whales) della National Geographic Society. Due sottomarini della United States Navy presero il nome dall'animale: lo USS Cachalot (SS-33) (ribattezzato USS K-2 (SS-33) nel 1911) e lo USS Cachalot (SS-170) della «classe Cachalot». Il cetaceo è, inoltre, il simbolo della prefettura di Yamanashi in Giappone e dello stato del Connecticut negli Stati Uniti.

Esplicative

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  1. ^ Una squadra di ricercatori, nel 2018, ha monitorato uno zifio sceso fino a 2992 metri di profondità.
  2. ^ Proprio per la sua quantità, la mioglobina del capodoglio è stata la prima proteina cui è stata determinata la struttura tridimensionale mediante cristallografia ai raggi X, grazie alle ricerche di John Kendrew e Max Perutz.
  3. ^ Sebbene fossero state dichiarate ufficialmente oltre 680000 catture,[155] i ricercatori hanno scoperto che i rapporti ufficiali dell'URSS erano stati sottostimati di almeno 89000 unità.[156] Oltre all'URSS, anche altri paesi, come il Giappone, hanno sottostimato il numero di catture.[157]

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Bibliografia

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