Palazzo Orsini (Ghedi)
Palazzo Orsini è stato un palazzo storico situato a Ghedi, in provincia di Brescia. Edificato nei primi anni del XVI secolo da Niccolò Orsini, allora Capitano Generale di Terraferma della Serenissima, aveva la funzione di dimora e di base logistica per le sue truppe, di stanza nel paese bresciano.
Palazzo Orsini | |
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Faustino Joli, Veduta dell'interno del cortile di una casa colonica, prima metà XIX secolo | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Lombardia |
Località | Ghedi |
Indirizzo | via Palazzo |
Coordinate | 45°24′05.98″N 10°16′19.49″E |
Informazioni generali | |
Condizioni | Demolito |
Costruzione | inizi XVI secolo |
Distruzione | parziale |
Demolizione | parziale nella seconda metà XIX secolo |
Stile | rinascimentale |
Uso | asilo |
Piani | due |
Realizzazione | |
Proprietario | Niccolò Orsini |
Committente | Niccolò Orsini |
L'edificio, tuttavia, fu abitato per pochi anni dal suo originale committente, dato che fu abbandonato quasi subito dai suoi eredi, per poi passare nelle mani di diverse famiglie aristocratiche bresciane. L'ultimo proprietario dell'immobile fu la famiglia Mondella che, prima che la fabbrica rinascimentale venisse demolito a fine Ottocento, commissionò un dipinto al vedutista Faustino Joli.
Storia
modificaLa commissione e l'inizio dei lavori
modificaLa dimora signorile venne commissionata agli inizi del Cinquecento dal capitano di ventura Niccolò Orsini, conte di Pitigliano, di Nola e capitano generale dell'esercito della Serenissima.[1] Quest'ultimo aveva infatti ricevuto in dono, nel 1495, i feudi di Asola, Malpaga, Leno ed appunto Ghedi.[2] Testimonia una perduta cronaca locale come, nel 1505, «fu dato principio in Ghedi alla fabbrica del Palazzo del signore Conte di Pitigliano».[3] L'Orsini vi abitò stabilmente, anche in virtù della sua passione per la caccia che trovava nelle brughiere ghedesi (dovuto alle zone paludose e boschive) una selvaggina ben diversificata.
Nel palazzo riceveva inoltre la visita di funzionari ed emissari della Repubblica di Venezia.[4] Il condottiero diede incarico al pittore Romanino, tra il 1506 e il 1509, di decorare le sale del palazzo, mentre per la loggia venne incaricato Marcello Fogolino.[5] Eretto a mezzo miglio al di fuori delle mura del castello di Ghedi, fu costruito frettolosamente, ma doveva apparire maestoso ed esteticamente pregevole.
La permanenza dell'Orsini e delle sue truppe nel paese, peraltro, ebbe ripercussioni sull'economia del borgo, soprattutto in virtù delle numerose visite ed ambascerie inviategli da parte delle autorità veneziane durante il suo soggiorno, in virtù anche delle numerose giostre, banchetti e mostre che tenne in città;[6][1] in occasione delle mostre annuali dell'esercito, inoltre, il borgo dovette sostenere in eguale misura ingenti spese.[7]
A seguito della disastrosa battaglia di Agnadello, comunque, il capitano di ventura perse tutti i propri possedimenti territoriali nel bresciano, tanto è vero che il palazzo stesso, assieme ai feudi di Ghedi, Leno e Malpaga, fu ceduto da Luigi XII di Francia al cardinale d'Amboise. In seguito, nel 1516, il palazzo fu gravemente danneggiato e dato alle fiamme da gruppi di soldati tedeschi.[1] Solo nel 1517 la dimora signorile fu ceduta alla famiglia Montini, quindi agli Avogadro, poi ai Martinengo-Colleoni ed infine ai nobili Villagana.
Furono questi ultimi a cederlo al nobile Ottavio Mondella nella prima metà del XIX secolo[8], che in un'ottica di maggiore interesse nel ghedese fece costruire villa Mondella ed acquistò diverse proprietà nel suddetto territorio.
La definitiva decadenza
modificaDiversi elementi del palazzo rinascimentale, quali capitelli, camini o decorazioni in cotto, sono stati man mano asportati e riutilizzati nelle case dei Mondella stessi. Nella seconda metà dell'Ottocento il palazzo venne progressivamente abbattuto e parte degli affreschi e delle opere scultoree vennero ceduti a musei bresciani ed europei.[9] I tre cicli di affreschi realizzati dal Romanino, dedicati alla vita e gesta del condottiero, sono considerati peraltro le prime opere realizzate dal pittore: nel 1843 essi furono asportati dalla villa da Gian Battista Speri, padre del patriota bresciano Tito Speri[1][10]
Lo stesso Tito Speri infatti testimonia l'opera del padre Gian Battista con un documento scritto su di un foglietto, che reca la seguente affermazione: "auctor mirificae artis tollendae picturae ex muris". In seguito essa sarebbe stata incollata dietro uno dei due pannelli raffiguranti le teste di Napoleone Orsini e di Niccolò stesso:[11] proprio questi ultimi sono collocati nella pinacoteca Tosio Martinengo.[12][13] Altri due pannelli, recanti frammenti del perduto ciclo di affreschi e con soggetti altri due membri della famiglia Orsini, si trovano a Lonato del Garda presso la Fondazione Ugo Da Como.[14]
I lacerti di affresco raffiguranti i capitani di ventura e conservati presso la fondazione Ugo da Como, sono stati restaurati nel corso del 2021 e ufficialmente attribuiti alla mano del Romanino. La datazione degli stessi affreschi oscilla tra il 1508 e il 1509, comunque nella fase giovanile della produzione artistica del Romanino, mentre in precedenza si credeva fossero opere dell'artista Floriano Ferramola[15][16]
I due frammenti minori facevano presumibilmente parte di un salone dell'edificio, mentre i cicli dedicati alle gesta del condottiero si trovavano appunto nella zona della loggia principale.[17][18] Proprio questi ultimi si trovano nel museo di belle arti di Budapest.[19][20][21] Inoltre, il portale d'accesso al palazzo, abbellito ulteriormente nel corso del XIX secolo e recante decorazioni di natura militare, fu acquistato dal Victoria and Albert Museum di Londra, dove attualmente non è esposto al pubblico.[22] Rimane traccia delle fattezze del palazzo, dimezzato rispetto alle sua grandezza originaria[3], in un quadro intitolato: Veduta dell'interno di una casa colonica del pittore bresciano Faustino Joli, e conservato anch'esso nei musei civici di Arte e Storia di Brescia.[23] Il palazzo è definitivamente crollato, con ogni probabilità, circa nella metà del XIX secolo a causa di un incendio e delle incurie alle quali era sottoposto da secoli.
Il parziale recupero
modificaUna piccola parte sopravvissuta al crollo, presumibilmente l'ala del palazzo riservata agli alloggi della servitù e che ospitava le stalle, è stata recuperata e riqualificata dopo un contenzioso tra l'amministrazione comunale ed il Gruppo Archeologico di Ghedi. Poiché questa parte di edificio versava da molti anni in uno stato di abbandono e degrado, le autorità comunali erano intenzionate a demolire il restante della struttura rinascimentale, mentre i membri del Gruppo Archeologico proponevano una sua valorizzazione e riadattamento a Museo per la cittadinanza: l'edificio cinquecentesco è stato quindi ristrutturato ed adibito ad asilo nido nel corso del 2014.[24]
Descrizione
modificaPlanimetria e struttura
modificaVista la scarsità di fonti iconografiche o raffigurazioni del palazzo cinquentesco, risulta assai complicato ricostruire la planimetria e l'aspetto originario della dimora rinascimentale: con ogni probabilità, come si evince anche dai vari catasti consultabili e dal quadro di Faustino Joli, esso era costituito da un doppio loggiato, sia al piano terra sia al primo piano; il catasto del 1807, in particolare, consente di individuare nove campate che costituiscono il loggiato interno dell'edificio, così come sui due rispettivi lati minori due ali di minore grandezza ed importanza, probabilmente destinata ad alloggi di servizio.
Nell'interno del cortile, comunque, sotto il porticato affrescato a suo tempo dal Romanino con scene della vita dell'Orsini, si leggevano queste altre iscrizioni e motti:[1]
«quid facturus es ne praedices: deficiens enim irrideberis / consule non dulciora sed optima / timor de infamia e gran desio de honore»
Altra testimonianza è fornita da Pandolfo Nassino, vicario della quadra di Ghedi nel 1540, il quale riporta questa iscrizione che, a suo dire, sarebbe stata affissa sulla porta d'accesso dell'edificio: «NICOLAUS - URSINUS - III - PITILIANI - ET - NOLE - COMES - SERENISSIMI - DU - DO - VE - AR CAPIT - GNILS». Sempre secondo perdute cronache coeve, nell'angolo settentrionale del palazzo così come sul camino monumentale, poi andato perduto, si leggeva la data MDVI, che indicava forse l'inizio della fabbrica dello stesso palazzo.[1] Per quanto riguarda i cicli di affreschi presenti nel loggiato esterno e già citati, la posizione originaria di queste opere nel palazzo può essere dedotta da un memoriale del capitano Pietro Contarini, risalente al mese di aprile del 1623:
«La mattina del Lunedì de 24 udita la Messa s'inviammo à vedere l'ismisurata Machina d'un labente Palazzo, con stalloni superbissimi del già generoso et magnanimo Generale Sforza, nel borgo di Gedi verso ponente la cui principale loggia è tutta adorna di pitture che rappresentano si può dir, dal vivo la cerimonia del porgergli lo Stendardo per mano di diversi Potentati»
Note
modifica- ^ a b c d e f Antonio Fappani (a cura di), ORSINI Nicolò, Enciclopedia bresciana
- ^ Roberto Damiani, NICCOLO ORSINI Di Pitigliano, su Condottieri di ventura, 27 novembre 2012. URL consultato il 25 gennaio 2020.
- ^ a b Matteo Ferrari, Ghedi e il palazzo "invisibile" di Niccolò Orsini, in Agrobresciano Informa, n. 1, Ghedi, Litografia Gandinelli, aprile 2009, pp. 16-17. URL consultato il 28 febbraio 2020. Ospitato su DocPlayer.it.
- ^ Antonio Fappani (a cura di), Ghedi (2), Enciclopedia bresciana.
- ^ Riccardo Maroni, Collana artisti trentini e di artisti che operarono nel Trentino: Francesco Verla ; Marcello Fogolino ; Martino Teofilo Polacco ; Fede Galizia ; Andrea Pozzo, Arti grafiche Saturnia, 1977. URL consultato il 28 febbraio 2020.
- ^ Matteo Ferrari e Marco Foppoli, Il bianco scaglione, Lo stemma del Comune di Ghedi nell'araldica civica lombarda delle origini, Ghedi, Tipolitografia Gandinelli, 2009, p. 55.
- ^ ACG (archivio comunale di Ghedi), b. 2, n. 67, 9 agosto 1502.
- ^ Antonio Fappani (a cura di), Mondella, Enciclopedia bresciana, vol. 9.
- ^ patrimonio sos: in difesa dei beni culturali e ambientali, su patrimoniosos.it. URL consultato il 1º agosto 2021.
- ^ Brescia (Italy), Mostra di Girolamo Romanino, Comitato della mostra di Girolamo Romanino, 1965. URL consultato il 17 aprile 2020.
- ^ Brescia (Italy), conte Fausto Lechi e Gaetano Panazza, La pittura bresciana del rinascimento, Istituto italiano d'arti grafiche, 1939. URL consultato il 5 maggio 2020.
- ^ Ritratto di Nicolò Orsini da Pitigliano condottiero, Girolamo di Romano detto Romanino – Opere e oggetti d'arte – Lombardia Beni Culturali, su lombardiabeniculturali.it.
- ^ FONDAZIONE ZERI | CATALOGO : Romani Girolamo, Ritratto di Napoleone Orsini, su catalogo.fondazionezeri.unibo.it. URL consultato il 23 febbraio 2020.
- ^ Fondazione Ugo Da Como, su fondazioneugodacomo.it. URL consultato il 23 febbraio 2020.
- ^ Sono di Romanino gli affreschi della Casa del Podestà a Lonato del Garda, su finestresullarte.info. URL consultato il 28 luglio 2021.
- ^ Massimo Tedeschi, La lezione di Lonato, su Corriere della Sera, 25 luglio 2021. URL consultato il 1º agosto 2021.
- ^ E. Somos, Il restauro degli affreschi rinascimentali provenienti da Ghedi, in Bullettin du Musée des Beaux-Arts, vol. 92-93, 2000, pp. 67-82.
- ^ Redazione, ll mistero dei gemelli Romanino e Altobello, su Stile Arte, 1º ottobre 2006. URL consultato il 13 dicembre 2019.
- ^ Il Doge Agostino Barbarigo mentre consegna uno stemma a Niccolò Orsini, su Museo delle Belle Arti, Budapest.
- ^ Papa Innocenzo VIII mentre consegna uno stemma a Niccolò Orsini, su Museo delle Belle Arti, Budapest.
- ^ Alfonso II Re di Napoli mentre consegna uno stemma a Niccolò Orsini, su Museo delle Belle Arti, Budapest.
- ^ (EN) Portale d'accesso | V&A Museum, su Victoria and Albert Collections.
- ^ Veduta dell'interno del cortile di una casa colonica, su LombardiaBeniCulturali, Regione Lombardia. URL consultato il 23 gennaio 2020.
- ^ Videonews - GHEDI, RINASCE PALAZZO ORSINI -, su teletutto.it (archiviato dall'url originale il 23 ottobre 2019).
Bibliografia
modifica- Antonio Fappani (a cura di), ORSINI Nicolò, in Enciclopedia bresciana, vol. 11, Brescia, La Voce del Popolo, 1994, OCLC 955711986.
- Mariano Vignoli (a cura di), Corte Castello di Casalmoro. Storia e restauro di una dimora quattrocentesca, Mantova, Publi Paolini, 2018, ISBN 978-88-85614-29-1, OCLC 1101919704.
- Antonio Fappani (a cura di), Ghedi (2), in Enciclopedia bresciana, vol. 5, Brescia, La Voce del Popolo, 1982, OCLC 163181971, SBN MIL0272993.
- Fausto Lechi, 7: Il Settecento e il primo Ottocento nel territorio, in Le dimore bresciane in cinque secoli di storia, VII, Brescia, Edizioni di Storia bresciana, 1979, pp. 276-277, SBN MIL0006831.
- Antonio Fappani (a cura di), MONDELLA, in Enciclopedia bresciana, vol. 9, Brescia, La Voce del Popolo, 1992, SBN MIL0273005.
- Camillo Boselli, Asterischi bresciani gli affreschi romaniniani del palazzo Orsini in Ghedi e la loro datazione, in Arte Veneta, vol. 23, 1970, pp. 246-247, ISSN 0392-5234 , SBN VEA1198726.
Voci correlate
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