Pieve di San Martino (Barisano)

edificio religioso di Barisano

La pieve di San Martino in Barisano è un'antica pieve che sorge a Barisano, piccola frazione a 8 km dalla città di Forlì.

Pieve di San Martino
La pieve di San Martino in Barisano
StatoItalia (bandiera) Italia
RegioneEmilia-Romagna
LocalitàForlì
Coordinate44°17′06.6″N 12°04′36.71″E
Religionecattolica di rito romano
Titolaresan Martino
Diocesi Forlì-Bertinoro

Le più antiche attestazioni della pieve provengo da due documenti anteriori all'anno Mille, uno del 20 settembre 947 e l'altro dell'anno 992, sebbene sia ipotizzabile che la pieve sia stata fondata in epoca ben anteriore a questa data e probabilmente durante il VI-VII, periodo durante il quale la bassa forlivese fu fatta oggetto di distrettuazione ecclesiastica.

Non sono ben note le motivazioni che hanno portato l'edificazione, in questa zona, di una chiesa plebana. A breve distanza dalla pieve di Barisano, infatti, sorge la ben più importante Pieve di San Pietro in Trento. Entrambe le pievi sono sempre appartenute, e ancora oggi appartengono, alla diocesi di Forlì. Non risulta perciò necessaria l'istituzione di due pievi a poca distanza l'una dall'altra, anche in considerazione dell'importanza della Pieve di San Pietro in Trento. Le teorie che spiegano la necessità, nel passato, dell'edificazione della pieve di san Martino, sono due.

La prima: questi territori durante il Medioevo furono a lungo contesi tra Forlì e Ravenna. Entrambe le città avrebbero così fondato una propria pieve in modo da rendere omogeneo e far coincidere le circoscrizioni civili con quelle ecclesiastiche. La pieve di San Pietro in Trento poi, avrebbe cominciato a gravitare attorno all'orbita di Forlì, entrando a farne parte della propria diocesi.

Seconda ipotesi: è assai plausibili che nei primi secoli del medioevo in queste zone passasse un fiume, probabilmente il Rabbi, che rendeva impossibile i rapporti della popolazione locale con la pieve di San Pietro in Trento; si decise pertanto l'edificazione della pieve di Barisano. Poi col passare dei secoli i letti dei fiumi forlivesi furono più volte deviati, facendo perdere il confine che demarcava il territorio delle due pievi.

La pieve

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Interno

La pieve di Barisano presenta caratteristiche peculiari: è a navata unica, e ciò la rende estremamente rara anche in considerazione del fatto che le altre pievi ravennati del territorio e vicine a quella di Barisano, quali la Pieve di San Pancrazio, la Pieve di San Pietro in Vincoli, la Pieve di San Pietro in Trento e la Pieve di Santa Maria in Acquedotto, sono tutte a tre navate.

La chiesa attuale, di piccole dimensioni e dalle linee semplici, in origine era in realtà più imponente: dai rilievi archeologici si dimostra una lunghezza di 16,60 metri per una larghezza di 9,50 metri, e in particolare l'altezza era di 2,8 metri superiore a quella attuale. Il pavimento originario infatti si trova a quasi 3 metri di profondità dal piano di calpestio attuale.

Gli studi archeologici hanno portato alla luce, nello spazio antistante la cripta, a 2,08 metri di profondità, frammenti di mosaici pavimentali a figure geometriche con fiori, costruiti con tessere policrome. Altri resti musivi, rinvenuti nel perimetro della chiesa, riproducono bordi a treccia e disegni fitomorfi con fiori, sempre a tessere policrome. L'esatta datazione rimane incerta, ma si sono sviluppate due ipotesi. La prima, mettendo in evidenza le similitudini tra i mosaici della pieve di Barisano con il sacello di San Severo a Classe, consentirebbe di datarla al VII secolo. La seconda ipotesi, invece, vedrebbe nei mosaici rinvenuti il pavimento di una villa romana del V-VI secolo, trasformata in chiesa nel VII-VIII secolo. Ciò spiegherebbe la presenza di un decoro musivo così importante per una pieve di marginale valore. La struttura a una sola navata confermerebbe come la chiesa sia stata costruita su un edificio preesistente, semplicemente ricalcandone il perimetro.

 
L'aspetto della pieve prima dei restauri avviati negli anni '80

La pieve è stata oggetto, a partire dagli anni ottanta, di profondi lavori di restauro che ne hanno modificato la facciata, riportandola alle linee che doveva avere originariamente e permettendo al contempo di scoprire antichi affreschi e la cripta nascosta. La cripta è posta sotto l'altare maggiore e si ritiene sia stata costruita nell'XI secolo. La datazione degli affreschi risulta più ardua a causa delle condizioni in cui versano, ma possono verosimilmente risalire all'anno Mille, allorché la chiesa fu radicalmente modificata: con la costruzione della cripta si provvide anche alla preparazione degli affreschi che probabilmente ricoprivano tutto l'interno della chiesa. Oggi rimangono solo poche distinte tracce di questi: nel più ampio, dell'XI secolo, si scorgono quattro figure umane, delle quali una è un santo e le altre sembrano figure di sante. Un altro affresco, coevo ma più frammentario, rappresenta Cristo e un santo[1]. Oltre a tali affreschi, durante i lavori di restauro sono emerse sulla parete destra tracce di pittura raffigurante un Bambino Gesù, riconducibile all'arte locale del '400. Sulla parete di sinistra compare, sebbene molto lacunosa, la figura di San Martino a cavallo.

Tutti gli affreschi giacciono in rovinose condizioni; sulla loro superficie si notano infatti i segni provocati dal martello nell'intento di far aderire meglio l'intonaco apposto nel '500. Il Concilio di Trento aveva stabilito che la residenza dei sacerdoti fosse presso la chiesa da essi officiata; il curato della pieve di San Martino di allora, dovendo costruire la canonica, pensò di adibire ad abitazione la parte orientale dell'edificio. L'abside fu perciò abbattuta e l'arco trionfale fu murato. Il curato ne ricavò quattro stanze, diminuendo drasticamente le dimensioni effettive della chiesa, che ospiterà un solo altare, mentre gli antichi affreschi saranno intonacati.

Il campanile

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La pieve non possiede più torre campanaria, ma solo una sorta di piccola appendice nella quale sono collocate le campane. Nel passato però è testimoniata la presenza di un campanile da parte di un cronista faentino. nel 1234, nel pieno delle lotte tra ghibellini e guelfi, il campanile andò distrutto. L'11 giugno di quell'anno i faentini assediarono la città di Forlì. Nello scontro i forlivesi ebbero la peggio e si misero in fuga, ma furono inseguiti fino a Barisano. I faentini, al loro inseguimento, distrussero Roncadello, Malmissole, Poggio e Barisano, senza risparmiare la sua torre. Solo prima poco prima del '500 il campanile sarà ricostruito, in data e forme non conosciute per essere poi tramandato nelle forme attuali.

  1. ^ Giordano Viroli, Pittura dal Duecento al Quattrocento a Forlì, Nuova Alfa Editoriale, 1998, p. 16.

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