Chiosi di Porta d'Adda
I Chiosi di Porta d'Adda erano uno dei tre comuni, detti chiosi, in cui era diviso il suburbio della città di Lodi.
![](http://up.wiki.x.io/wikipedia/commons/thumb/8/8c/Chiosi_di_Lodi_%28pre_1840%29.png/220px-Chiosi_di_Lodi_%28pre_1840%29.png)
Si estendevano in massima parte sulla riva sinistra dell'Adda, comprendendo però anche gran parte delle bassure in riva destra (loc. Selvagreca e Barbina a valle della città, loc. Franchina a monte).
Il termine Chiosi, di origine dialettale, indicava in passato le terre agricole circostanti la città di Lodi, analogamente ai più noti "Corpi Santi" intorno a Milano. Gli altri due Chiosi erano quelli di Porta Cremonese e Porta Regale.
Nel 1870 i Chiosi di Porta d'Adda furono uniti al comune di Vigadore, formando il nuovo comune di Chiosi d'Adda Vigadore.[1] Il nuovo comune esistette per meno di sette anni, venendo aggregato alla città di Lodi nel 1877.[2]
I tre chiosi (Cremonese, Regale, d'Adda) rimasero tuttavia come suddivisioni amministrative informali della città di Lodi fino agli anni settanta del XX secolo.
Galleria d'immagini
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Il santuario di Fontana
Note
modifica- ^ Regio decreto 9 giugno 1870, n. 5722, in materia di "Sono soppressi alcuni Comuni nella Provincia di Milano, ed aggregati ad altri Comuni della Provincia stessa."
- ^ Regio decreto 18 gennaio 1877, n. 3644, in materia di "Decreto che sopprime i comuni di Chiosi Uniti con Bottedo e Chiosi d'Adda con Vigadore (Milano) e li unisce al territorio esterno del comune murato di Lodi."
Bibliografia
modifica- Cesare Vignati, Storia di Lodi e il suo territorio, Bornato in Franciacorta, Fausto Sardini, 1974 (rist. del 1860), p. 668.
Voci correlate
modificaCollegamenti esterni
modifica- Chiosi di Porta d'Adda (sec. XVI - 1757), su lombardiabeniculturali.it.
- Chiosi di Porta d'Adda (1757 - 1797), su lombardiabeniculturali.it.
- Chiosi di Porta d'Adda (1798 - 1809), su lombardiabeniculturali.it.
- Chiosi di Porta d'Adda (1816 - 1859), su lombardiabeniculturali.it.
- Chiosi di Porta d'Adda (1859 - 1870), su lombardiabeniculturali.it.